Simone Facchinetti
Leggi i suoi articoliIl corpo d’élite dei mercanti d’arte italiani ha deciso di impossessarsi della piazza romana, notoriamente la più ambita, ma anche la più ostica.
Mancava da molti anni un appuntamento di alto profilo di questo genere nella capitale. Ci ha pensato l’Associazione Antiquari d’Italia (paragonabile alla Folgore dei corpi speciali) che fino al 2 ottobre nella cornice di Palazzo Brancaccio (via Merulana 248) ha allestito «Arte + Collezionismo».
Un’edizione sperimentale fortemente voluta da Bruno Botticelli e Alessandra Di Castro (Presidente e Vice di AAI) che hanno dichiarato: «Oggi gli antiquari, alla passione per l’arte, al talento per la scoperta, all’occhio del conoscitore, alla consapevolezza dell’effettivo valore di un’opera e della sua più corretta e possibile destinazione nelle dinamiche del collezionismo di oggi, coniugano notevoli conoscenze nel campo degli studi storico-artistici e anche competenze teoriche, un tempo non così prevalenti, come invece lo sono oggi, nel mondo dell’antiquariato».
I 46 antiquari che hanno aderito all’iniziativa espongono le cose migliori che posseggono o che sono stati in grado di rintracciare negli ultimi tempi. Antichità, arredi, cornici, dipinti e sculture di tutti i secoli, sono inseriti in spazi studiati per l’occasione, all’interno di un percorso alla portata di tutti.
In genere le mostre mercato sono insopportabilmente estese, questa è a misura d’uomo, articolata in stand contenuti che favoriscono l’incontro ravvicinato con le opere. Al momento Roma è stata presa, vedremo se riusciranno a tenerla.
Quella che leggerete è solo una parziale selezione delle opere che arricchiscono la mostra. Ci sarebbe molto altro da segnalare, come i bellissimi Medardo Rosso della Galleria Russo (che, per nostra incapacità, non siamo riusciti a fotografare); l’ottimo stand di Valerio Turchi; il Battistello Caracciolo da Enrico Frascione; il notevole Autoritratto di Antonio Mancini da Giacometti; i gessi di Miriam Mafai da Copetti; l’Autoritratto di Achille Funi da Gomiero...
Desinare su un tavolo del ’500
Un rarissimo piano di tavolo intarsiato, attribuito a Fra Damiano Zambelli (c. 1480-1549), invita i commensali, tramite dotte iscrizioni latine, a «non sparlare delle vite degli uomini» e a non sprecare tempo ad agghindare le mense con «tovaglie di fili d’oro» perché quella su cui stanno mangiando già «risplende della propria bellezza». È solo uno dei tesori che si incontrano in questo selezionatissimo stand.
Alessandra Di Castro (stand 10)
Declinazioni del rosa
Il rosa è un colore virile? Secondo Bartolomeo Passarotti (1529-1592) era lo sfondo ideale per il «Ritratto di condottiero di casa Legnani», menzionato da Cesare Malvasia (1678). Accanto appare uno «spiritoso paggiotto» che gli regge una lancia da torneo e un elmo ornato di piume verdeacqua. Colori sorprendentemente moderni, usati con estrema libertà dall’estroso pittore bolognese.
Cantore Galleria Antiquaria (stand 15)
In mezzo a un grappolo di opere di Morandi
Il notevole «Bevitore» di Arturo Martini, una terracotta del 1928, è circondato da opere del Novecento italiano. C’è l’imbarazzo della scelta: Boccioni, Severini, De Chirico, Donghi, Fontana e Boetti. Ma anche un grappolo di Morandi, tra i quali una «Natura morta» del 1929, tutta giocata sui toni dell’ocra e del marrone, solo con una civettuola punta di rosa.
ML Fine Art (stand 27)
Meglio sole che male accompagnate
Le cornici nascono per contenere qualcosa. Sono costrette a vivere di luce riflessa a meno che ci sia qualcuno disposto a liberarle da questo giogo. Qui trovate degli articoli che non hanno bisogno di imparentarsi con nessuno, sono totalmente liberi e autonomi da meritarsi l’assolo.
Enrico Ceci Antichità (stand 25)
Eternità del classico
Il notevolissimo dipinto di Vincenzo Camuccini (1771-1844) raffigurante Orazio Coclite stupisce per il perfetto controllo del disegno e le tinte fredde e glaciali. Commissionato da Manuel Godoy tra il 1813 e il 1815 è stato riscoperto solo di recente. Lì vicino c’è anche una testa espressiva di Mariano Fortuny realizzata da Vincenzo Gemito intorno al 1880.
Antonacci Lapiccirella Fine Art (stand 24)
Una casa per la vita
Una cascata di placche, placchette e micromosaici arreda una parete con materiali preziosi: lapislazzuli, diaspri, alabastri, ecc. È una parete che si poteva realizzare in tanti modi ma qui si sente la perfezione raggiunta grazie all’esperienza. Un’idea di casa per la vita.
Brun Fine Art (stand 3)
Attrazione fatale
Quadri, quadri e ancora quadri. Gli amanti del minimalismo qui si sentiranno malncare, tutti gli altri godranno come dei ricci. L’idea di arredare la parete principale con un Giovanni Baglione al centro, affiancato da due piccoli Simon Vouet e uno smagliante «Padre eterno» del Cavalier d’Arpino alla sommità è folle e geniale allo stesso tempo. Quest’ultimo dipinto è da immaginare come un cucù che si è affacciato dall’orologio.
Porcini (stand 26)
Bellezza in tre dimensioni
Una straordinaria varietà di materiali e di epoche, tenuti insieme da un livello di qualità altissimo. Si rimane a bocca aperta davanti al «Chinois» in terracotta di Carpeaux del 1868, per non parlare della «Madonna con il Bambino» in bronzo di Alessandro Algardi. E l’«Allegoria della Vittoria» di Leonardo Bistolfi del 1923? Chapeau!
Scultura Italiana di Dario Mottola (stand 31)
La coppia più bella del mondo
A mio giudizio lo stand più bello, nato dall’unione di due forze della natura. Moderno e contemporaneo si fondono magistralmente e il «San Sebastiano» di Luigi Ontani (più che vivo) dialoga con il medaglione in terracotta di Giuseppe Giorgetti (documentato dal 1668 al 1679) che ritrae l’immortale Gian Lorenzo Bernini. Solo noi che ci specchiamo nell’opera di Michelangelo Pistoletto rischiamo di essere transeunti.
Carlo Orsi (stand 28) e Gian Enzo Sperone (stand 29)
Non c’è niente da ridere
Un «Antinoo» di pezza dell’artista spagnolo Sergio Roger (nato nel 1982) sembra volerci prendere in giro, ma è solo un’impressione. In realtà c’è poco da scherzare di fronte ai due magnifici Francesco Guardi (1712-1793) che raffigurano la «Partenza» e il «Ritorno del Bucintoro», opere che non sfigurerebbero in nessun museo al mondo. E il finissimo «Autoritratto» di Giuseppe Maria Bonzanigo? E lo straordinario mobile di Pietro Piffetti?
Robilant + Voena e Burzio (stand 35)
Potenza totemica
Cosa ci fa un totem di Mirko Basaldella (1910-1969), intitolato «The palm», vicino a un marmo romano di Vespasiano (montato su un busto rinascimentale) e a un ritratto seicentesco di San Carlo Borromeo? Grazie a Basaldella si trasformano tutti e tre in totem, oggetti magici che continuano a esercitare in modo ipnotico la nostra concentrata attenzione.
Botticelli Antichità (stand 36)
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