Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Davide Landoni
Leggi i suoi articoliOttobre si presentava al calendario dell'arte come un mese cruciale per il mercato, con tre appuntamenti di prima fascia in programma: Frieze a Londra, Art Basel a Parigi e Artissima a Torino. Tre fiere, tre catalizzatori di interesse e di dollari, capaci di attrarre i migliori collezionisti e di attivare per la città una serie di eventi collaterali di alto livello. Se Frieze è scivolata via senza folgorare, con una certa prassi forse, senza deludere ma nemmeno spiccare, Parigi ha continuato a giovare dell'effetto novità (è la quarta edizione della fiera, la seconda al Grand Palais) e di un'attrattività rinnovata, alimentata da un contesto urbano che ogni anno riesce ad attivarsi in modo sempre più convincente. Nonostante la chiusura del Centre Pompidou (che comunque ha dato spettacolo con le esplosioni orchestrate sulla sua facciata da Cai Guo-Qiang) abbia privato gli appassionati del suo palinsesto (e quel certo fattaccio al Louvre abbia fiaccato l'entusiasmo generale), non sono certo mancate esposizioni candidate tra le migliori dell'anno a livello globale.
Impossibile ignorare, per esempio, il ruolo di leadership che sta acquisendo la Fondazione Louis Vuitton, capace di realizzare mostre che per qualità e quantità di opere coinvolte ha pochissimi rivali al mondo. Ora Gerhard Richter, l'anno scorso David Hockney, ancora prima Mark Rothko. Il museo punta su nomi celebri della storia dell'arte con la competenza, e potenza, di chi può trattarli in modo da offrire ricognizioni complete e complesse sul loro percorso. Panorama d'eccellenza a cui si aggiunge l'apertura della nuova sede della Fondation Cartier, letteralmente di fronte al Louvre, dove è in scena una grande mostra dedicata a Jacques-Louis David, o l'esposizione su Georges de La Tour al Musée Jacquemart-André. Passeggiando tra i quartieri del Marais e Matignon Saint Honoré tantissime le galleria che hanno allestito per l'occasione mostre dal valore museale: Rauschemberg da Thaddaeus Ropac, Richter da Zwirner, Berlinde De Bruyckere da Continua, Jeffrey Gibson da Hauser & Wirth, Enrico David da White Cube, Cristina Banban da Perrotin. Senza dimenticare l'assistente di galleria che dormiva (e ancora dorme) in vetrina da MASSIMODECARLO, scultura iperrealista di Elmgreen & Dragset che ha attirato attenzioni e preoccupazioni, tanto che la polizia pare sia dovuta intervenire tre volte a causa delle segnalazioni di passanti in apprensione. Tra le fiere collaterali sta guadagnando sempre più credito Paris Internationale, che complice la vicinanza geografica (almeno quest'anno, la fiera è nomade) con Art Basel ha giovato di un flusso significativo di curiosi e collezionisti. Non ha guastato, nell'attirare attenzioni, anche il recente annuncio dell'arrivo della fiera, ad aprile 2026, a Milano, in concomitanza con Miart.
Alex Da Corte Installation view of Alex Da Corte’s performance Kermit The Frog, Place Vendôme, Paris, 2025. Presented by Sadie Coles HQ, London. Courtesy of the artist and Sadie Coles HQ, London
Il contorno di aste - che pur ha conservato il meglio per le vendite di New York, a novembre - ha registrato miglioramenti, quantomeno nell'espressione delle sue major. Nel suo incanto di punta, Christie's ha totalizzato 59 milioni di euro, (l’anno scorso il realizzo era stato di 50,8 milioni), trainata dall’ottima performance degli artisti italiani (del resto era l'«Avant-garde(s) including Thinking Italian») e dal monumentale monocromo di Yves Klein, «California, (IKB 71)», di oltre 4 metri, il più grande dell’artista in mani private, che ha raggiunto i 18,4 milioni di euro (la stima era a richiesta), un record per Klein in Francia. Sotheby's, nella doppia vendita «Modernités» e «Surrealism and Its Legacy» ha chiuso con un totale complessivo di 89,7 milioni di euro, il miglior risultato di sempre per la casa d’aste in Francia, registrando un incremento di oltre il 50% rispetto all’edizione di ottobre 2024. Filone a cui si aggiunge la vendita di un capolavoro ritrovato di Pablo Picasso, il dipinto «Bust of a Woman with a Flowered Hat (Dora Maar)», realizzato nel luglio del 1943 e raffigurante la celebre musa e compagna dell’artista, venduto per 32 milioni di euro dalla casa d'aste Lucien. Stimata tra i 15 e i 20 milioni, il risultato finale marca la cifra più alta pagata nel 2025 per un’opera d’arte in Francia. Un ulteriore successo che conferma la centralità di Parigi come snodo del mercato europeo e la vitalità del collezionismo in un momento di cautela generale.
Un segnale che ha riecheggiato intatto anche sotto la struttura in ferro battuto color verde rame del Grand Palais, all’interno del quale si è mosso un microcosmo febbrile di collezionisti, curatori e galleristi. Art Basel Paris 2025 ha riunito 206 gallerie internazionali provenienti da 41 paesi, di cui 65 francesi, mantenendo fede all'atteggiamento di valorizzazione locale che la fiera segue in ogni suo appuntamento. Oltre 73 mila visitatori hanno varcato le soglie della fiera nei giorni dedicati a VIP (22-23 ottobre) e pubblico (24-26 ottobre), in cui si è sperimentata anche «L'Avant Première», una super preview per VIP ancora più VIP (21 ottobre). Tentativo al momento indecifrabile, che ha ottenuto il lineare risultato di soddisfare chi ha venduto e deludere chi non ha venduto (ma che ha dovuto in ogni caso sostenere costi extra). Di certo, ha anticipato di qualche ora i giochi. L'abbiamo già scritto, lo riscriviamo. Prima si comincia, prima si vende, prima ci rilassa. Inutile girarci intorno, le fiere funzionano così: le si prepara in un anno, le si consuma in un giorno. Il primo, quello dei collezionisti veri, che se han da comprare, comprano. E bene. Le altre giornate sono per appassionati, collezionisti minori, al più qualche compratore in ritardo o particolarmente riflessivo. Per questo le vendite finali, almeno quelle notiziabili, non si discostano troppo da quelle iniziali. Che comunque non hanno deluso.
Art Basel Paris 2025. Courtesy of Art Basel
Un certo spirito d'effervescenza si è infatti diffuso nei tre settori principali della fiera - Galeries, Emergence e Premise - con una proposta che spaziava dai maestri storici come Rubens e Degas alle voci contemporanee di Ai Weiwei, Otobong Nkanga e Latifa Echakhch, fino ai giovani talenti emergenti. Contemporaneamente, il Public Program, realizzato in collaborazione con Miu Miu, ha disseminato interventi e installazioni in nove luoghi simbolo della capitale, intensificando un dialogo sempre più stretto tra arte e tessuto urbano. Tra questi rimane nelle mente il grande show di Helen Marten al Palais d’Iéna e la rana gonfiabile (e dallo sguardo triste) di Alex Da Corte in Place Vendôme. Ultimo atto del direttore uscente Clément Delépine, che ha lasciato il timone della fiera a Karim Crippa, il quale a partire dal 1° novembre assumerà il ruolo di nuovo direttore di Art Basel Paris. Nel frattempo, rimane però da sgranare il rosario di vendite della settimana santa dell'arte parigina.
La più alta è arrivata da Hauser & Wirth, che ha ceduto «Abstraktes Bild» (1987) di Gerhard Richter per 23 milioni di dollari, confermando l’artista tedesco come il protagonista assoluto della settimana parigina (vedi mostra alla Fondazione Louis Vuitton, ma anche in galleria da David Zwirner) e registrando la cifra più alta mai dichiarata nella breve storia della fiera parigina. Subito dietro, White Cube ha piazzato «Charioteer» (2007) di Julie Mehretu per 11,5 milioni di dollari, mentre Pace Gallery ha trovato un acquirente per «Jeune fille aux macarons» (1918) di Amedeo Modigliani, venduto per poco meno di 10 milioni di dollari a un’istituzione privata europea. E anche per un «Untitled», 1969 di Mark Rothko, ceduto a un collezionista privato per una cifra riservata. Tra le altre transazioni di rilievo, David Zwirner Gallery ha concluso la vendita di una scultura di Ruth Asawa per 7,5 milioni di dollari, oltre che per dodici stampe di Richter a 400 mila per un totale di 4,8 milioni, e Thaddaeus Ropac ha venduto «Sacco e oro» (1953) di Alberto Burri per 4,2 milioni di euro. Yares Art ha piazzato «Sacramento Mall Proposal #5» (1978) di Frank Stella per circa 4 milioni di dollari, mentre Gladstone Gallery ha venduto un «Untitled» (1990) di Richard Prince per 3 milioni di dollari.
Hauser & Wirth, Gerhard Richter. Courtesy of Art Basel
Il mercato si è confermato in forma anche per le altre top gallerie europee. Sprüth Magers ha ceduto «Smiling Profile» (2025) di George Condo per 1,8 milioni di dollari, e Tornabuoni ha venduto una «Nature morte» (1950 circa) di Giorgio Morandi per 2 milioni di euro. Cardi Gallery ha raggiunto 1,5 milioni di euro per un «Concetto spaziale, Natura» (1962–63) di Lucio Fontana, mentre Xavier Hufkens ha ceduto un dipinto di Tracey Emin per 1,2 milioni di sterline. Tra le parigine, Mennour ha concluso la vendita di un’opera di Andy Warhol per 1,3 milioni di dollari, e Chantal Crousel ha trovato un acquirente per «14 de Abril 2025, Tokio (Pajaritos)» di Gabriel Orozco per 850 mila dollari. Christophe Gaillard ha piazzato una «Tabula» (1975) di Simon Hantaï per circa 850 mila euro, mentre Lisson Gallery ha venduto il bronzo «Usagi Greeting (440)» (2025) di Leiko Ikemura per 800 mila euro. Nel settore Premise, dedicato alle riscoperte, Tina Kim Gallery ha ottenuto grande successo con un arazzo degli anni ’70 di Lee ShinJa, venduto per 200 mila dollari, mentre Pauline Pavec ha riportato l’attenzione sull’impressionista Marie Bracquemond, con sette opere piazzate tra 39 mila e 52 mila euro.
Dalla fiera fanno sapere che il «volume complessivo di vendite ha superato di gran lunga le aspettative». Ma di certo, anche se così non fosse stato, non ci saremmo potuti aspettare dichiarazioni differenti. L'entusiasmo sembra però condiviso da molti galleristi e addetti ai lavori. E se il giudizio rischia di essere spesso umorale e istintivo (ma non per questo privo di valore), la soddisfazione di chi vende è solitamente ben ancorata alla differenza tra i guadagni e i costi, che restituisce invece un verdetto più chiaro. Sotto il cielo di Parigi, scenario disteso come un velo sul tetto vetrato del Gran Palais, l’arte ha quindi fatto il suo gioco, vincendolo. Ora la palla passa a Torino, dove Artissima (31 ottobre-2 novembre) si trova nella posizione di poter mettere il ricamo finale a un ottobre mai stato così cruciale per l'intero sistema.
Altri articoli dell'autore
Un'opera che è una vera e propria messa in scena, con il piccolo dipinto collocato sotto una cupola di vetro, una campana per formaggi, a sua volta appoggiata su un piedistallo
Materia e forma si mescolano da Gagosian, dove l’artista svizzero è al centro di una personale in cui citazionismo e sperimentazione definiscono i contorni del progetto
Zwirner, White Cube, Pace, Hauser & Wirth: molte delle super gallerie mondiali hanno già venduto i loro pezzi forti
Venduta per 23 milioni di dollari da Hauser & Wirth, l'opera per importanza, qualità e valutazione merita di prendersi un posto di copertina sul resoconto di questa edizione



