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Alessandra Ruffino
Leggi i suoi articoliLa Palazzina di Caccia di Stupingi, gioiello non abbastanza apprezzato (nonostante, grazie al marketing, imponenti masse di visitatori si orientino su altre residenze sabaude), è da quasi vent’anni al centro dell’attenzione della Consulta per la valorizzazione dei beni artistici e culturali di Torino.
Istituita nel 1987 per far fronte al degrado del patrimonio storico artistico cittadino, la Consulta raccoglie oggi 41 soci privati e vanta un lungo impegno a favore della conservazione e della valorizzazione di Stupinigi. Nel 2007 l’ente ha finanziato il reimpianto di 1.700 pioppi cipressini lungo le tre principali rotte di caccia; nel 2009-2011 ha promosso i restauri dei dodici Medaglioni lignei raffiguranti i primi conti della genealogia sabauda (probabilmente parte di apparati festivi effimeri); l’anno dopo si è intervenuti nella Sala degli Scudieri, restaurando 13 dipinti di Vittorio Amedeo Cignaroli e gli apparati decorativi; tra 2013 e 2015 sono quindi seguiti i lavori nell’anticappella della Cappella di Sant’Uberto e quelli per valorizzare la grande balaustra, le statue dei Mori e delle Quattro Stagioni nel Salone juvarriano; nel 2017 sono stati sostenuti i restauri di decorazioni, tappezzerie e serramenti degli appartamenti della Regina e del Re. A questa «cronologia d’onore» va oggi ad aggiungersi il sostegno (350mila euro) agli interventi conservativi nelle due anticamere dell’Appartamento di Carlo Felice (già Appartamento del Duca del Savoia) nell’ala di Ponente.
La prima anticamera presenta una volta affrescata a più mani nel 1754: a Giovanni Battista Alberoni si deve l’impostazione a trompe-l’oeil dello stucco, forse dipinto con l’aiuto di Giovanni Franco Cassini, autore dei quattro clipei angolari. L’ovato centrale a putti e cielo è attribuito al Salega, attribuiti ad Alberoni e Cassini anche i partiti decorativi della boiserie e delle porte volanti. Alle pareti campeggiano dieci tele con pitture di marine e «boscarecce» realizzate tra il 1738 e il 1752 da Francesco Antoniani, alternate ai serramenti vetrati, preparatori per il successivo trasferimento su arazzi.
La seconda anticamera è un’apoteosi del gioco vero/falso, paradigma su cui s’imposta l’intera decorazione del Palazzina. Sulla volta si sviluppa un affresco a finte architetture di Francesco Antoniani e Gaetano Perego (1756), artefici anche dei decori della boiserie: lambriggi, serraglie e portevolanti (queste ultime forse su disegno di Tommaso Prunotto). Anche qui le pareti sono decorate con «cartoni» preparatori per arazzi: bambocciate dipinte a metà Settecento da Angela Palanca, pittrice di nascita valsesiana allieva di Pietro Domenico Olivero, maestro a cui vanno ricondotte le scene di battaglia delle quattro sovrapporte. Contestualmente al restauro degli apparati decorativi, si sta completando il restauro dei mobili che verranno riposizionati nei due ambienti a seguito di accurati studi d’archivio.
Le due sale entreranno nel percorso di visita e Marta Fusi, direttrice della Palazzina di Caccia che si spende da anni senza risparmio nella conservazione e promozione di questo luogo magnifico, annuncia da dicembre la ripresa delle visite «Passepartout», mentre con fondi del MiC si sta lavorando al restauro delle restanti sale dell’Appartamento di Carlo Felice. Previste inoltre per il 2026 una serie di iniziative nel centenario della morte della regina Margherita, che visse a lungo nella Palazzina, dotandola di importanti ammodernamenti (elettricità, acqua calda, ascensore...).
Presentando alla stampa il restauro delle due anticamere dell’Appartamento di Carlo Felice, Licia Mattioli, presidente di Consulta e presidente della Fondazione Ordine Mauriziano (proprietaria del bene), ha lamentato la mancanza di un adeguato sostegno pubblico a tutela di un monumento di tale valore e la difficoltà ad avere risposte dalle istituzioni di massimo livello. Alla penuria di risorse si aggiungono la difficoltà di collegamento (da Torino si può arrivare solo con estenuante tragitto via tram o bus urbani), eppure Stupinigi, anche rispetto alle altre residenze reali, ha un’eccezionalità tutta sua che deriva dalla doppia natura di residenza e museo. Nel 1926, a sette anni dal passaggio del bene al demanio, la Palazzina di Caccia diventò sede del Museo dell’ammobiliamento e nelle sue raccolte confluirono arredi da tutte le residenze reali d’Italia. Quand’anche non bastassero i madornali pregi architettonici, artistici e storici del monumento, dovrebbero insomma esserci ragioni sufficienti per sollecitare interventi pubblici e statali più consistenti.
Particolare della prima anticamera restaurata, con due marine di Francesco Antoniani (1738-52)
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