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Il Museo del Novecento ha messo a segno un altro formidabile successo aggiudicandosi i 26 capolavori assoluti del Futurismo e delle avanguardie italiane del primo ’900 (valore assicurativo 143 milioni di euro) della Collezione Mattioli, notificati in blocco nel 1973 dal soprintendente Franco Russoli, che la rese così indivisibile.
Queste opere straordinarie (per citarne alcune: l’imponente «Materia», di Boccioni; «Mercurio passa davanti al Sole» di Balla, «Ballerina blu» di Severini, «La Galleria di Milano» di Carrà e dipinti di Morandi degli anni Dieci), si aggiungono a quelle della Collezione Jucker, acquistate dal Comune di Milano nel 1992, e a quelle, solo futuriste, del lascito di Ausonio Canavese, giunte nei Musei Civici milanesi nel 1934.
Dalla primavera 2022, quando le opere torneranno dal tour internazionale (ora sono al Museo Russo di San Pietroburgo), il Museo del Novecento diventerà il polo del Futurismo più importante al mondo. Formata dal colto imprenditore Gianni Mattioli (1903-77) e destinata dalla figlia Laura Mattioli alla Pinacoteca di Brera (dopo il deposito, dal 1997 al 2016, alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia), ora, per il protrarsi indefinito dei lavori in Palazzo Citterio (sede auspicata di Brera Modern), la collezione è stata ceduta in comodato gratuito per cinque anni rinnovabili, dall’attuale unico proprietario, Giacomo Rossi, nipote del collezionista. Per il direttore generale di Brera, James Bradburne, l’ennesimo danno causato dalla storia infinita dei lavori in Palazzo Citterio.

«Materia», 1912, di Umberto Boccioni (particolare)
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