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Italo Calvino visto da Tullio Pericoli (2012; particolare)

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Italo Calvino visto da Tullio Pericoli (2012; particolare)

Siamo ancora abituati all’intelligenza dei dialoghi fra Calvino e Pericoli?

Henry Beyle pubblica in edizione limitata immagini e parole di una conversazione «fuori dai denti» del 1980 dei due grandi compagni di strada. Ogni lettura è un furto con scasso ripetono; ogni quadro pure

Stefano Causa

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Nel 1980 Tullio Pericoli e Italo Calvino s’incontrarono a Milano presso la galleria d’arte Il Milione, in occasione di una mostra. Microfoni aperti, parlano fuori dai denti e lo fanno bene come nessuno di noi sa più fare. Sulle pareti alcune tavole di Pericoli: omaggio a Klee e pretesto per dar fuoco alle polveri. Un acquarello su carta del ‘79 s’intitola «Rubare a Klee». Ed è tutto un programma. Qualcuno registra e ora tornano in pista queste immagini e parole di due grandi compagni di strada.

Discutono di pittura e letteratura, di traduzioni e autori seminali. Klee, Picasso e Cezanne, Borges, Hemingway, Stevenson, Cervantes, Tolstoj, Tournier, Ariosto e quanti gli hanno salato il sangue. C’è anche Pinocchio da interrogare e rivisitare. Calvino e Pericoli sono i primi a sapere che interrogare e rivisitare fanno rima con rubare e che rubare è una forma di riconoscenza verso chi ci ha preceduto. Una reverenza interessata. 

Ogni lettura è un furto con scasso ripetono; ogni quadro pure. Picasso ruba da Cezanne e così condiziona il nostro modo di vedere Cezanne. Pericoli tallona Klee e la nostra idea di Klee si sposta di lato o in avanti guadagnando o perdendo qualcosa. Francesco De Gregori (aggiungiamo) ha speso una vita a rubare a Dylan fino a sublimare il latrocinio in un disco rivelatore: «Amore e furto». Calvino ha reso Ariosto calvinista imponendogli un ritmo e una misura che sono più di Calvino che di Ariosto. Pericoli ha da esorcizzare i fantasmi reali di Klee (presto Calasso di Adelphi capirà che si tratta di un pittore incomparabilmente bravo anche a raccontare il suo mestiere di pittore). Calvino ci mette il suo di gran scavatore di testi altrui ed è uno scrittore che conosce i segni e lo stile dei pittori.

Tutti e due sanno in anticipo che i ruoli si invertiranno. Calvino dice cose su Picasso e Klee, cose che nessuno degli storici titolati di Picasso e Klee sa o ha il coraggio di dire. Picasso? «Oggi forse dopo tanti anni in cui tutta l’arte mondiale sembrava picassiana…sembra che la sua spinta sia rimasta un po’ in ombra» (Calvino, 1980). Klee? «Se pensi a Klee non ti viene in mente un quadro…ma un lavoro nel suo complesso» (Pericoli); e poi sempre Calvino: «Klee è uno che si dà in pasto all’arte futura. Non fa altro che aprire delle strade che forse non è tanto interessato a sviluppare lui stesso perché è già subito preoccupato di aprirne delle nuove».

Siamo nel 1980. Pericoli ha superato i quaranta. Calvino è sotto i sessanta (morirà nel 1985). Non esistevano motori di ricerca né il forte rumore di nulla che ci sta annichilendo. Chi era presente a questo libero scambio di idee avrà sentito il battito dell’intelligenza: c’era da tirar fuori i taccuini, stupirsi o irritarsi. Ma a questo servono quei dialoghi scintillanti dove l’intelligenza diviene come cosa solida. O qualcuno potrebbe dire che non siamo più abituati all’intelligenza?

 

Furti ad arte, di Italo Calvino e Tullio Pericoli, 84 pp., ill., tiratura 400 copie, Henry Beyle, Milano 2025, € 36

Stefano Causa, 14 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

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