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Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliUna nuova sezione dedicata a Gino Severini arricchisce il percorso del Maec, il Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona all’interno di Palazzo Casali, in una città cara all’artista (che vi nasce nel 1883). Pur avendola lasciata presto, vi tornerà nel 1935 con la moglie francese, per soggiornarvi anche nella maturità.
Il percorso si focalizza sui temi della famiglia (nella prima sala, in mostra «Maternità» e «La Bohémienne»), sul museo immaginario (nella seconda sala) con xilografie, litografie e disegni di danzatrici futuriste e neofuturiste, nature morte cubiste, maschere della Commedia dell’Arte (mentre su grandi schermi è allestita una videoproiezione con immagini dei suoi capolavori dal 1903 al 1960), sull’atelier dell’artista e sulla sua produzione di opere religiose (nella terza sala), che proprio a Cortona ha testimonianza nella «Via Crucis» (1945-46) lungo via Santa Margherita, conclusa con il mosaico di San Marco.
Nella sala video, in mostra cartoni e immagini dei pannelli a mosaico (fotografie di Fotoclub Etruria), accompagnati dai disegni preparatori, ma anche da litografie e video sul lavoro in pittura e mosaico per le chiese della Svizzera romanda. Infine il «Collage in ferro» espressione, col «Giano», degli ultimi anni. Le opere sono in gran parte donate dalla figlia, Romana Severini, cocuratrice dell’allestimento insieme a Daniela Fonti, che ricorda il motto del padre «Devo far cantare i colori», cui si rifà il titolo del documentario in mostra di Lia Polizzotti e Irene Pantaleo «Gino Severini. Bisogna far cantare i colori».
Il nuovo allestimento è stato progettato da Andrea Mandara con Claudia Pescatori mentre la grafica è di Francesca Pavese e le realizzazioni sono di ArticolArte srl.

Una foto del nuovo allestimento del Maec
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