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Milano, 1983: Plumcake, il collettivo dal nome zuccherino e (volutamente) zuccheroso formato da Gianni Cella, Romolo Pallotta e Claudio Ragni, debutta con la sua prima personale nella galleria Il Diaframma di Luciano Inga-Pin, gallerista, critico, editore e talent scout di grande fiuto (lui a presentare per primo in Italia Marina Abramović, Gina Pane, Urs Lüthi, Franko B e altri ancora), scomparso nel 2009. In mostra c’erano le loro coloratissime opere di vetroresina dai temi ultrapop, tra fumetto, pubblicità e cultura di massa. Nel 1984, con l’arrivo di Abate, Bonfiglio, Innocente, Lodola, Palmieri e Postal, prendeva forma il gruppo Nuovo Futurismo intorno alla figura di Renato Barilli, che nel 1990 li avrebbe portati in Biennale a Venezia, nella sezione «Aperto» da lui curata.
Insomma, un curriculum di tutto rispetto per questi scanzonati interpreti del gusto postmoderno degli anni Ottanta, nato con la fine delle ideologie che avevano modellato sino ad allora il ’900. A quarant’anni da allora, Alberto Fiz celebra l’anniversario alla Fondazione Stelline di Milano con la mostra «Plastiche Apparenze. Dai Plumcake a Gianni Cella» (fino al 25 giugno, catalogo Allemandi), in cui ripercorre il lavoro di Gianni Cella (Pavia, 1953) dagli anni del collettivo alla sua stagione da «solista» che, dal 2000, si sviluppa secondo traiettorie autonome, dettate, spiega lui stesso, dalla volontà di sentirsi «più responsabile del [suo] mondo creativo».
La mostra, che si sviluppa nella Gallery II, nel piano sotterraneo della Fondazione Stelline, trova un palcoscenico spettacolare nel Chiostro della Magnolia, dov’è allestita la grande installazione «Totem», con l’omaggio di Cella agli amati Fratelli Marx. Del 1983 è esposto qui lo storico «Razzo», con quel suo personaggio addormentato su una nuvola, seguito dalla fiammeggiante «Montagna delle lucertole» (1985), che si nutre di un immaginario arcaico. Ci sono poi il cuore «glassato» di «Natura maligna» (1988) e «Apparizioni modeste» (1994), che sembra anticipare gli emoji.
Nel suo «nuovo corso» individuale nascono lavori in cui alla componente ludica si somma una riflessione più critica: ecco allora «Ex capo» (2005), dove un uomo di potere appare decapitato, con la testa rotolata ai suoi piedi, e le sculture dei «Palloni gonfiati», che culminano nel lavoro tricolore del 2016. Cui si aggiunge il grande dipinto ad acrilico «Gioia e mistero» (2022), sorta di autobiografia per immagini e, in chiusura, una sezione è dedicata alle tavolette e alla piccole sculture degli ex voto.
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