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Joseph Beuys e Salvatore Scarpitta gemellati da Montrasio
Si intitola «Icona per un transito» la mostra che Montrasio Arte presenta dall’11 febbraio al 3 aprile, nella quale il direttore Luigi Sansone accosta, in un confronto stimolante, Joseph Beuys e Salvatore Scarpitta. Ad accomunarli, al di là del talento e della comune appartenenza alla generazione dei «nati tra le due guerre» (Beuys era del 1921, Scarpitta del 1919) e dunque della partecipazione, seppure su fronti opposti, alla Seconda guerra mondiale, è il loro approccio profondamente «umanista» nei confronti dell’arte.
Una prassi che in entrambi si intreccia strettamente alla vita e si nutre della volontà di incidere sul corpo sociale aprendo con il proprio operato orizzonti di segno spirituale. Non meno evidente è l’amore di entrambi per la natura, che li porta a servirsi di materiali come il grasso, il legno, la terra e di elementi tessili primordiali come il feltro o bende di tessuto di cotone e che li induce ad agire in difesa dell’ambiente in tempi in cui tale sensibilità non era certo un patrimonio condiviso. Artisti-sciamani entrambi, liberi e anticonformisti (e perciò profetici), ambedue amavano portare l’arte fuori dai musei, a contatto con il loro pubblico, in cerca di sempre nuove energie: un’affinità, la loro, che ha scavalcato l’appartenenza a culture diverse (americano uno, sebbene molto legato all’Italia, tedesco l’altro), come è provato in modo convincente da questa rassegna.
In contemporanea, nell’Harlem Room della galleria, si tiene la personale di Andrea Mori (Sondrio, 1977) «Un viandante verso Innsbruck», in cui l’autore espone diciotto taccuini di viaggio e campioni vegetali, terriccio e stoffe tinte con colori naturali. Sono i reperti di un suo viaggio sulle orme di Goethe (ma a ritroso), dall’Italia del Nord a Innsbruck, compiuto, come quello del poeta tedesco, a 37 anni di età.
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