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Luana De Micco
Leggi i suoi articoliIl Musée de l’Orangerie dedica una mostra al pittore statunitense Robert Ryman, uno dei più singolari esponenti della Minimal Art che fece del monocromo bianco l’elemento centrale del suo lavoro, morto cinque anni fa esatti, nel febbraio 2019, nella sua casa di New York, a 88 anni. «Robert Ryman. Lo sguardo in atto», questo il titolo della mostra, è curata da Claire Bernardi, direttrice dell’Orangerie, ed è presentata dal 6 marzo al primo luglio.
«Come Claude Monet prima di lui, Ryman concentra le sue ricerche, in modo quasi ossessivo, sulle specificità proprie del suo medium, la pittura, interrogando le nozioni di superficie, di limite dell’opera, di spazio in cui si integra, di luce con cui gioca, la durata in cui si evolve», spiega in una nota il museo, che conserva l’ultima opera monumentale del maestro impressionista, «Le Ninfee».
Ryman nacque a Nashville, in Tennessee, nel 1930. Artista autodidatta, che non ha mai seguito un corso in una scuola d’arte, cominciò a dipingere nel 1953 lavorando come custode al Museum of Modern Art (MoMa) di New York, dove si confrontò con i Rothko, i Pollock, i Malevic, i Mondrian, i Matisse esposti nelle sale.
La sua prima opera fu un monocromo di grande formato, «Untitled (Orange Painting)», datato 1955. Cominciò a dedicarsi a tempo pieno all’arte solamente dal 1961. Nel ’67, la Paul Bianchini Gallery di New York gli dedicò la prima mostra. Nel ’69 fu invitato a esporre nella prima importante mostra sul Minimalismo che si tenne alla Kunsthalle di Berna con il titolo «When Attitudes Become Form». Nel ’72 fu alla Documenta di Kassel e nel ’76 alla Biennale di Venezia.
Con questa mostra, ha continuato il museo parigino, «speriamo di rispondere a una sfida fondamentale dell’approccio di Ryman: mostrare la pittura nella sua più semplice purezza».
Dal 6 marzo all’8 luglio, il Musée de l’Orangerie presenta anche, per la sua rassegna «Contrepoint», un’installazione originale di Wolfgang Laib, artista tedesco, classe 1950. Nel suo lavoro, al confine tra Land Art e Minimal Art, Laib utilizza materiali organici, come cera d’api, miele, riso. Una delle sue prime opere, e più note, «Milchsteine» (pietra di latte), del 1975, è costituita da grandi blocchi concavi di marmo bianco ripieni di latte.
In Italia si è fatto conoscere soprattutto nel 2019 con la mostra che si è tenuta a Firenze, in diversi luoghi della città, in cui l’artista aveva creato un dialogo con i grandi maestri del passato, Brunelleschi, Beato Angelico, Leon Battista Alberti.
Per l’Orangerie propone opere inedite site specific, realizzate con la maggior parte dei suoi materiali naturali di predilezione, e che entrano in dialogo con le «Ninfee» di Monet.
Robert Ryman nel suo studio. © The Greenwich Collection. Foto: Bill Jacobson
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