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Le linee possono raffigurare figure geometriche, animali (come la scimmia della foto), piante e altri elementi dell’iconografia della cultura Nasca (100 a.C.-600 d.C)

Foto Enrique Castro-Mendívil / PromPerú

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Le linee possono raffigurare figure geometriche, animali (come la scimmia della foto), piante e altri elementi dell’iconografia della cultura Nasca (100 a.C.-600 d.C)

Foto Enrique Castro-Mendívil / PromPerú

Perù, allarme per le Linee di Nasca: la riserva archeologica ridotta del 42%

Il Ministro della Cultura ha annunciato che il sito, patrimonio Unesco dal 1994, passerà da 5.600 a 3.200 chilometri quadrati. Una decisione che spianerebbe la strada agli scavi minerari illegali

Suscita allarme tra archeologi, ambientalisti e cittadini la decisione del Ministero della Cultura peruviano, resa nota il 30 maggio, di ridurre la Riserva di Nasca dai 5.600 chilometri quadrati stabiliti nel 2004 a 3.200 chilometri quadrati circa. L’area in questione fa parte del sito in cui sono visibili le celebri Líneas de Nasca, giganteschi geoglifi preispanici raffiguranti creature viventi, piante stilizzate, esseri immaginari e figure geometriche, incisi migliaia di anni fa nel deserto pietroso della costa meridionale, uno degli ecosistemi desertici più fragili del Perù.

La riduzione (una «perdita» del 42%, pari a circa 1.400 campi da calcio), argomentano i critici, spiana la strada all’estrazione mineraria illegale e indebolisce decenni di protezione culturale ed ecologica, mentre il Governo risponde che l’adeguamento riflette studi scientifici aggiornati e non compromette lo status di Patrimonio Mondiale dell’Unesco, ottenuto nel 1994, né le protezioni fondamentali del sito. 

Il giorno dopo la decisione del 30 maggio, il ministro della Cultura peruviano, Fabricio Valencia, ha sottolineato che «l’area iscritta nella Lista del Patrimonio dell’Umanità e la zona cuscinetto si trovano all'interno del poligono di 3.200 chilometri, che rimane una riserva archeologica», ricordando poi che gli studi tecnici sull'area erano in corso da oltre due decenni e che la ridefinizione risponde a una revisione delle caratteristiche geografiche e culturali.  Valencia ha riconosciuto l'esistenza all'interno della riserva di attività minerarie illegali, pur ammettendo di non avere informazioni precise sul tipo di minerale estratto. «Purtroppo l'estrazione mineraria informale è un'attività presente in questa zona, ma la misura che abbiamo adottato non implica che venga incoraggiata né che aumenti la probabilità di danni derivanti dall'estrazione mineraria informale. Questo non accadrà», ha dichiarato all’emittente radiofonica RPP.

Di diverso avviso è l’ex viceministro dell'Ambiente del Perù, Mariano Castro, secondo il quale «la riduzione non solo elimina le protezioni, ma lo fa proprio dove l’attività estrattiva si sta espandendo», aggiungendo che la decisione potrebbe causare «rischi gravissimi e danni cumulativi in zone archeologiche sensibili», poiché esclude aree con concessioni minerarie attive o in sospeso.

Secondo l’avocato ambientalista peruviano César Ipenza, con la scusa di adeguamenti tecnici il Governo sta in realtà favorendo l'illegalità: «È vergognoso, ha dichiarato, dimenticare i nostri antenati e il nostro patrimonio e coprire decisioni che facilitano la strada a settori che cercano di imporre l'illegalità, come l'estrazione mineraria illegale e informale. Questa decisione avvantaggia tali gruppi e danneggia tutti i peruviani». E conclude: «Lo Stato dovrebbe rispettare i propri impegni ai sensi degli accordi internazionali e non cedere a interessi privati».

Redazione, 05 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

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