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Sophia Kishkovsky
Leggi i suoi articoliLa prospettiva di altri sei anni di presidenza di Vladimir Putin è stata accolta dagli artisti con diversi livelli di preoccupazione, entusiasmo e rassegnazione: segno della divisione ideologica della scena culturale della Russia attuale.
Putin ha sciolto le riserve sulla propria candidatura alle elezioni presidenziali del 18 marzo soltanto a gennaio, durante un raduno di giovani a Mosca, nel corso del quale ha «timidamente» sondato il favore della folla rispetto a una sua ricandidatura; il pubblico ha risposto con acclamazioni di gioia. Poche ore dopo Putin era in una fabbrica di automobili dove gli operai lo supplicavano di ricandidarsi. Se vince, cosa che sembra certa, il prossimo mandato porterà a 20 gli anni della sua presidenza, che vanno ad aggiungersi ai quattro e mezzo come primo ministro.
Anticipando l’inevitabile, Alexander Donskoy, ex sindaco di Arkhangelsk che ha dovuto affrontare indagini penali per diversi capi di accusa, tra cui abuso d’ufficio, e che in seguito ha aperto un museo dedicato all’erotismo ed è diventato un artista contemporaneo, ha sponsorizzato una mostra dal titolo «SuperPutin» all’Umam, Museo di Arte Ultramoderna di Mosca. In mostra quadri, sculture e fumetti ironici che ritraggono Putin vestito da Babbo Natale, mentre accarezza degli animali o è impegnato in gesta eroiche (chiusa il 15 gennaio).
In cerca di fondi e pubblicità, Donskoy ha lanciato un’iniziativa di crowdfunding per contribuire alla realizzazione della mostra, ma ha ricevuto soltanto tre donazioni per un totale di 200 rubli (3 dollari). «Per me questo è un atto di intima sottomissione al fatto che Putin è per sempre», ha dichiarato Donskoy al canale televisivo Current Time gestito dalla Radio Free Europe/Radio Liberty, con sede a Praga. Resta un problema: la mostra non ha attirato molti visitatori: «Dove sono le folle che amano Putin?», si chiede Donskoy.
Putin dilaga
Nel frattempo, Belyaev-Gintovt, un artista esplicitamente di destra, ha presentato una mostra al Museo di Arte Moderna di Mosca che celebra un regno mitico medievale dell’Asia centrale. Belyaev-Gintovt fa parte dell’Unione dell’Arte Russa, una nuova alleanza di artisti contemporanei e figure culturali che rifiutano le convenzioni liberali prevalenti sul mondo dell’arte, abbracciano l’ortodossia russa e proclamano la loro missione di «trasmettere il patriottismo».
In un’eco dell’epoca sovietica, gli artisti realisti oggi glorificano apertamente la politica del Cremlino. A gennaio a Mosca si è chiusa una mostra di quadri monumentali di Vassili Nesterenko intitolata «Syrian Land», che ritraggono le truppe russe mentre salvano la Siria dalla rovina. Mentre gli artisti pro regime vengono incoraggiati, i liberali continuano a essere oppressi. Il direttore di teatro Kirill Serebrennikov è attualmente indagato con accuse di frode. La prima di «Nureyev», il suo spettacolo di danza sul leggendario ballerino fuggito dalla Russia, è andata in scena a dicembre. Ma Serebrennikov non ha potuto assistervi: era agli arresti domiciliari.
Solo gli artisti che hanno abbandonato la Russia possono criticare più apertamente Putin. Marat Guelman, l’impresario artistico che nel 2015 si è trasferito in Montenegro, ha scritto in una serie di post su Facebook che, dopo l’annuncio di Putin di volersi ricandidare alla presidenza, ha confermato ancora una volta la sua decisione di lasciare il Paese. «Non aver nulla a che fare con questo Governo, essere un curatore russo sotto una bandiera neutrale, questa sarà il mio destino per i prossimi sei anni», ha dichiarato in relazione alla decisione del Comitato olimpico internazionale di far partecipare gli atleti russi alle Olimpiadi invernali di PyeongChang di quest’anno solo se non rappresentato ufficialmente il loro Paese.

Una delle opere della mostra «SuperPutin» all’Umam, Museo d’Arte Ultramoderna di Mosca
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