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«Racconto dei racconti» (1969), di Paolo Icaro. Cortesia di Galleria Lia Rumma, Milano - Napoli

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«Racconto dei racconti» (1969), di Paolo Icaro. Cortesia di Galleria Lia Rumma, Milano - Napoli

Paolo Icaro su tre piani

Il maestro torinese presenta per la prima volta nella galleria milanese di Lia Rumma una sua personale

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

È solo dal 1958, quando aveva già 22 anni, che Paolo Icaro è Paolo Icaro. Prima era Paolo Chissotti, studente torinese allievo di Francesco Arcangeli allo storico Liceo Massimo d’Azeglio, e poi iscritto a Lettere ma, contemporaneamente, allievo dello scultore Umberto Mastroianni, colui che gli diede il nuovo nome, accompagnandolo con un invito affettuoso e perentorio insieme: «da oggi ti chiami Icaro. Vola, vola, vola!».

Fu buon profeta, perché da allora Paolo Icaro ha molto volato, nella vita (specie da e per gli Stati Uniti, dove ha vissuto e insegnato) come nella professione, partecipando alle mostre fondative dell’Arte Povera, da quella di Germano Celant alla Bertesca di Genova, nel 1967, ad «Arte povera più azioni povere», nel 1968, negli Antichi Arsenali di Amalfi, la mostra-laboratorio promossa dai giovani collezionisti salernitani Marcello e Lia Rumma e curata da Celant.

Oggi, molte mostre e molti riconoscimenti dopo, Lia Rumma (che a sua volta ha appena ricevuto il meritatissimo Premio Angamc alla Carriera) presenta per la prima volta nella galleria di Milano una sua personale, che ne occupa tutti e tre i piani. La mostra, intitolata «Overall» (visibile dal 7 aprile alla metà di maggio), si apre al piano terreno con la grande scultura ambientale «Foresta metallica» (1967), una struttura formata da barre di acciaio nero, perpendicolari e diagonali, che compongono uno spazio attraversabile le cui misure sono dettate dalle misure corporee dell’autore: una «geometria eccentrica», per usare le parole di Icaro, dove lo spazio, intersecato dagli elementi d’acciaio, si fa esso stesso scultura.

Al piano superiore, nella sala affacciata sul terrazzo, trova posto il «Racconto dei racconti» (1969), un’installazione formata da 64 piccoli parallelepipedi di materiali tutti diversi (ma «tutti empatici con me: dei “racconti”, appunto», ci dice Icaro), appoggiati a pavimento su fogli di piombo ripiegati: «oggi sono di piombo sottile, continua Icaro, ma i primi erano fatti con la pesante carta che durante la guerra serviva a oscurare i vetri, la notte. Me ne regalarono un rotolo, la piegai e ripiegai più volte, fino a ricavarne dei quadrati della misura dei blocchetti: ne risultarono 64 “fazzoletti” e lì mi fermai anche con le sculture-racconto. Era importante che i “Racconti” non toccassero terra, per una forma di rispetto».

A completare il lavoro, una composizione minimale (che Icaro ha voluto «quasi inudibile; un "brusio" che anima l'aria in cui, silenziosi, respirano i 64 Racconti») di Alessandro Petrolati, pianista e compositore di musica elettronica. Infine, al secondo piano, «Pile up 22» (2008), un’alta, precaria e sempre nuova composizione verticale di frammenti di gesso tratti «da una colata, ci spiega Icaro, che feci sulle piastrelle di un’antica chiesa in demolizione. Ricavai una lastra quadrata di circa 150 centimetri di lato: la lasciai cadere a terra da 150 centimetri, si spezzò e io ogni volta impilo i frammenti dal più grande al più piccolo».

La sua corposa presenza fa da controcanto alla levità delle carte de «I tempi del disegno» (2019), la serie di lavori esposta tutt’intorno, in cui, ci confida l’artista, «la carta non è più il supporto passivo del disegno, ma è essa stessa una lastra desiderosa di tridimensionalità».

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«Racconto dei racconti» (1969), di Paolo Icaro. Cortesia di Galleria Lia Rumma, Milano - Napoli

Paolo Icaro. Cortesia dell’artista e Galleria Lia Rumma, Milano - Napoli

Ada Masoero, 04 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

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Paolo Icaro su tre piani | Ada Masoero

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