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Il cosiddetto tempio di Adriano ad Efeso

© ÖAW-ÖAI_N. Gail

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Il cosiddetto tempio di Adriano ad Efeso

© ÖAW-ÖAI_N. Gail

Oltre un secolo di scavi a Efeso

Ogni anno, dal primo maggio al 31 ottobre, gruppi di ricerca dell’Istituto Austriaco di Archeologia conducono indagini e restauri in uno dei siti più affascinanti del mondo antico che annovera una delle sette meraviglie 

Flavia Foradini

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Efeso (Izmir, Turchia). È dal 1895 che dall’Istituto Austriaco di Archeologia (Österreichisches Archäologisches Institut, ÖAI) dell’Accademia Austriaca delle Scienze (ÖAW) vengono portati avanti continuativamente scavi e ricerche nell’area di Efeso, sulla costa egea della Turchia, con fondamentali scoperte e un sistematico studio della storia fortemente stratificata della città, che con l’annessione all’Impero romano nel 129 a.C. divenne la capitale della nuova provincia d’Asia. Fu nel I secolo a.C. che Efeso diventò una vera e propria metropoli dell’antichità. L’urbanizzazione si espanse alle colline circostanti, lungo le vie principali vennero eretti palazzi e monumenti rappresentativi ed eleganti dimore di agiati cittadini. I Romani investirono anche fortemente nelle infrastrutture, con particolare attenzione alla fornitura di acqua potabile alla città, grazie ad acquedotti che scendevano dalle montagne. Il cuore pulsante divenne la zona del porto che, munito dai Romani di un bacino portuale artificiale, consentì a Efeso di essere anche uno dei grandi centri commerciali del Mediterraneo orientale. Nelle immediate vicinanze del porto, su un declivio naturale venne costruito pure il grande teatro, fatto ampliare via via dagli imperatori Claudio, Nerone e Traiano, fino a contenere 22mila spettatori, e utilizzato sia come luogo per rappresentazioni teatrali e lotte di gladiatori, sia come sede di assemblee pubbliche. La grande prosperità di Efeso protratta per diversi secoli venne segnata nel III secolo d.C. dalla crisi economica che investì ampie regioni dell’Impero, da cui la città riuscì tuttavia a risollevarsi, e tra la fine del IV e l’inizio del V secolo d.C. si affermò come centro politico ed economico sovraregionale, dove il rafforzamento della religione cristiana lasciò un’impronta di rilievo.

Quest’anno si celebra il 130mo anniversario dell’inizio degli scavi a Efeso, tutt’altro che conclusi, visto che numerosi gruppi di ricerca dell’Istituto Austriaco di Archeologia stanno portando avanti svariati progetti. 

A guidarli è Martin Steskal. Con un’équipe di 200 ricercatori fra archeologi, architetti, restauratori, esperti di scienze naturali, oltre a una quarantina di addetti, oggi il sito di Efeso, iscritto nel Patrimonio mondiale dall’Unesco e visitato ogni anno da 3 milioni di turisti, è un’azienda archeologica di grandi dimensioni, la maggiore che lo Stato austriaco finanzi in campo scientifico all’estero. Da Efeso vengono inoltre coordinate dal punto di vista amministrativo e logistico altre iniziative scientifiche austriache in Turchia. Già all’inizio dell’attività, nel 1895, su un terreno appositamente acquistato in loco dall’allora direttore dei lavori, Otto Benndorf, venne costruito per la squadra di ricercatori un edificio poi ripetutamente ampliato e oggi in grado di alloggiare 60 persone, nonché laboratori scientifici, depositi e laboratori di restauro e conservazione, oltre a una biblioteca aperta anche a ricercatori esterni. Nella sede di Efeso vengono inoltre organizzate conferenze, attività divulgative e una Summer School per studenti di archeologia.

Intensa è anche l’attività editoriale dell’Accademia Austriaca delle Scienze dedicata agli scavi di Efeso e iniziata nel 1906 con il volume Ricerche a Efeso, che presentò i primi esiti. Nel frattempo le monografie sono più di 50 (tutte le pubblicazioni sono ad accesso aperto sul sito https://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/fie). La base legale per l’effettuazione degli scavi e delle ricerche è data da un’autorizzazione del Ministero alla cultura turco, emessa annualmente. Dal 2024 l’Austria ha appositamente creato la società ÖAW Turkey, sotto la guida del direttore dei lavori in carica: «Si tratta unicamente di una soluzione organizzativa ed economica, che non ha effetti sui contenuti delle nostre ricerche», dice Martin Seksal, con cui facciamo il punto dell’attività sul sito. 

L’elenco delle scoperte di grande rilievo in questi 130 anni è lungo e variegato: importanti edifici pubblici, reti di comunicazione, ma anche ville e palazzi privati, infrastrutture, locali commerciali, luoghi di culto, necropoli e la raccolta di resti umani, materiali vegetali e animali da sottoporre ad analisi del Dna. Per esempio si è potuto stabilire che la popolazione di Efeso presentava discendenze europee, asiatiche e africane, ed era dunque un crogiuolo di etnie. Tra il 2011 e il 2018 è stato portato alla luce un quartiere attivo dal IV-V secolo al XIV d.C., su un’area di 2mila metri quadrati comprendente diversi complessi edilizi.

Un ulteriore studio, ultimato nel 2023, ha riguardato la religione e i suoi luoghi di culto, in particolare l’Artemision, uno dei maggiori santuari dell’antichità, annoverato tra le sette meraviglie del mondo antico, scoperto nel 1870 da John Turtle Wood, all’epoca dei primi scavi non sistematici, condotti proprio alla ricerca del tempio di Artemide, ma che già nel 1874 vennero interrotti per mancanza di fondi.  

Professor Steskal, quali sono le scoperte più importanti degli ultimi anni?
Assai rilevante in tempi recenti è l’aver portato alla luce un quartiere commerciale bizantino nell’area della piazza di Domiziano, con eccellenti reperti, in larga misura completamente integri. Abbiamo compiuto anche importanti ricerche nelle necropoli di Efeso e abbiamo studiato la trasformazione della città di epoca imperiale. Un focus permanente è lo studio dei materiali ritrovati, portato avanti in modo fortemente interdisciplinare. Il nostro traguardo è arrivare a comprendere Efeso in tutti i suoi aspetti.

L’anno scorso avete anche iniziato il restauro della Biblioteca di Celso, fatta costruire attorno al 115 d.C. dal figlio del governatore della provincia d’Asia, Tiberio Giulio Celso Polemeano, in onore del padre, che ebbe il privilegio di essere sepolto in città, visto che sotto l’abside la Biblioteca ospita il sarcofago riccamente ornato che contiene i resti di Celso. La Biblioteca venne scoperta in due campagne di scavi degli archeologi austriaci nel 1903 e nel 1904, che rinvennero circa l’80% dei materiali da costruzione.
Tra il 1970 e il 1978 avevamo infatti potuto ricostruire la Biblioteca, che oggi è l’icona per eccellenza del sito di Efeso, ed è senz’altro l’edificio antico più conosciuto in Turchia. A mezzo secolo di distanza dalla ricostruzione è però necessario un restauro generale, iniziato appunto nel 2024. Abbiamo avviato una mappatura completa dei danni insorti nel frattempo ed è stato approntato un progetto di risanamento. Al primo piano abbiamo già restaurato una colonna a rischio dal punto di vista statico. Attualmente è in corso un progetto di raccolta fondi. Il fabbisogno per l’intero progetto è di 2 milioni di euro. Non appena saranno stati raccolti i mezzi necessari daremo il via ai lavori veri e propri, che si protrarranno per circa 30 mesi.

Lo Stato austriaco non vi finanzia in modo sufficiente?
Abbiamo una solida base finanziaria, grazie ai fondi forniti dallo Stato all’Accademia Austriaca delle Scienze. Tuttavia il fabbisogno dell’attività di scavo e ricerca, che costituisce la maggiore iniziativa austriaca al di fuori dei nostri confini nazionali, è molto molto rilevante, per cui per progetti specifici cerchiamo di raccogliere fondi aggiuntivi, soprattutto nel settore del restauro, per il quale dipendiamo in larga misura da donazioni e da sponsor, e come canali in questo senso abbiamo istituzioni come Gli amici di Efeso o la Fondazione Efeso. 

Quanti reperti sono stati portati in Austria da Efeso nel tempo e dove sono raccolti?
Tra il 1895 e il 1906, nell’ambito di un accordo con l’Impero ottomano sulla divisione dei reperti, arrivarono in Austria oggetti che vennero assegnati al Kunsthistorisches Museum (oggi presentati nell’Ephesos Museum di Vienna, nel palazzo imperiale sulla piazza degli Eroi, Ndr). Tra questi figurano i celebri rilievi del monumento dei Parti, alcuni segmenti e un modello del Mausoleo dell’Ottagono e la statua dell’atleta bronzeo dal Ginnasio del porto. A partire dal 1906 è stato vietato per legge esportare oggetti antichi dalla Turchia, che quindi da allora restano tutti nel Paese.

Quali altri progetti avete per l’anno in corso?
Le nostre campagne di scavi si estendono ogni anno dal primo maggio al 31 ottobre. Scaveremo nell’area del Tempio di Serapide, il più grande tempio monolitico dell’Asia Minore, nei pressi della Porta occidentale dell’Agorà inferiore; continueremo a scavare il complesso della Porta Orientale, una delle tre porte di Efeso, ritrovata l’anno scorso, nonché all’Artemision, il tempio annoverato tra le sette meraviglie dell’antichità. Inoltre, nel nostro deposito a Selçu, a 2 km dall’area archeologica principale, effettueremo ampie analisi sui materiali rinvenuti.

Bouleuterion sulla Agorà superiore. © ÖAW-ÖAI_N. Gail

Flavia Foradini, 08 agosto 2025 | © Riproduzione riservata

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