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Flavia Foradini
Leggi i suoi articoliSarà lo svizzero Raphael Gross, attuale presidente del Museo di Storia tedesca di Berlino e specialista di storia tedesco-giudaica, a occuparsi del nuovo controllo di 203 opere della controversa collezione Bührle, affidate in comodato alla Kunsthaus di Zurigo nell’ottobre del 2021, ma subito al centro di accese critiche per via dei trascorsi di Emil Georg Bührle (1890-1956), arricchitosi grazie a lucrative vendite di armi anche ai nazisti. Tedesco naturalizzato svizzero, l’industriale aveva iniziato nel 1936 a collezionare soprattutto opere di impressionisti francesi, e già nel 1940 era divenuto membro della commissione per le collezioni della Kunsthaus, che nel 1952 aveva ricevuto in dono da Bührle due grandi dipinti di ninfee di Claude Monet.
Nel 1960 una parte della collezione di oltre 600 opere venne fatta confluire dagli eredi in una fondazione: circa 200 opere, poi in mostra in un museo privato alla periferia di Zurigo. Nel tempo, la scarsa possibilità di garantirne la sicurezza ha indotto tuttavia i Bührle al loro affidamento alla Kunsthaus, per essere esposte nell’ampliamento progettato da David Chipperfield e inaugurato nell’autunno del 2021.
Dal 2002 e fino alla consegna alla Kunsthaus, una commissione interna alla fondazione aveva controllato la storia delle transazioni delle 203 opere, producendo una relazione a firma del suo presidente, Lukas Gloor, che indicava una provenienza cristallina per 113, mentre per le restanti 90 la provenienza presentava lacune, ma «senza indizi di collegamenti problematici». Secondo la relazione, opere con storie problematiche «non ve ne sono più dal 1948», l’anno cioè in cui dovettero esserne restituite 13.
La direzione della Kunsthaus ha ora presentato un nuovo piano strategico e proattivo per le ricerche sulla provenienza di tutte le proprie opere d’arte, comprese le donazioni e i comodati, con particolare attenzione alle transazioni comprese tra il 30 gennaio 1933 e l’8 maggio 1945: una svolta verso una completa trasparenza nell’orientamento del museo, la cui immagine è stata appannata proprio dalle lunghe controversie attorno alla collezione Bührle.
Cofirmataria del piano espressamente ispirato ai principi di Washington del 1998 e a quelli di Terezin del 2009, e tesa a soluzioni «giuste ed eque» per gli eventuali casi di restituzione, è la direttrice in carica dall’ottobre scorso, Ann Demeester.
Relativamente alla collezione Bührle, cui è dedicato l’art. 8 del documento, l’intento dichiarato è la valutazione delle ricerche sulla provenienza svolte finora dalla Fondazione Bührle o su suo incarico. I committenti sono il Comune e il Canton Zurigo nonché la stessa Kunsthaus.
L’idea del progetto ora avviato era stata già annunciata in toni perentori l’estate scorsa: «La Città, il Canton Zurigo e la Zürcher Kunstgesellschaft vogliono che le attuali ricerche sulla provenienza della collezione Bührle vengano sottoposte a un nuovo controllo indipendente e consono ai massimi standard scientifici». La presentazione dei risultati è prevista nella primavera del 2024.
 
                        
                    La Collezione Bührle esposta alla Kunsthaus di Zurigo
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