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Enrico Baj, «I funerali dell’anarchico Pinelli», 1972, Milano, Palazzo Reale, Sala delle Cariatidi

© Lorenzo Palmieri

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Enrico Baj, «I funerali dell’anarchico Pinelli», 1972, Milano, Palazzo Reale, Sala delle Cariatidi

© Lorenzo Palmieri

Milano si prenderà cura de «I funerali dell’anarchico Pinelli» di Enrico Baj

L’opera fu realizzata dall’artista meneghino per essere esposta in una mostra a Palazzo Reale nel 1972, che non inaugurò mai. A distanza di poco più di cinquant’anni, trova casa poco distante: al Museo del Novecento

Ada Masoero

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Nel pomeriggio del 23 ottobre la Giunta comunale di Milano ha deliberato l’acquisizione, per donazione da parte della famiglia Marconi, de «I funerali dell’anarchico Pinelli», grandiosa opera realizzata nel 1972 da Enrico Baj (1924-2003) in memoria di Giuseppe Pinelli (1928-69), il ferroviere anarchico deceduto nel dicembre 1969 precipitando da una finestra della Questura di Milano mentre era in stato di fermo. Pinelli era sospettato di avere compiuto la strage di Piazza Fontana (cui invece in seguito risultò estraneo) del 12 dicembre 1969, quando una bomba esplose nella filiale accanto al Duomo della Banca Nazionale dell’Agricoltura, uccidendo 17 persone e ferendone gravemente 88. Pur parafrasando nel titolo il grande dipinto di Carlo Carrà «I funerali dell’anarchico Galli» (1910-11, conservato al MoMA di New York), Enrico Baj realizzò un’opera che se ne distaccava radicalmente, se non per la coralità della scena: cristallizzò infatti il momento in cui Giuseppe Pinelli precipita sul selciato e creò un’opera «ambientale» fatta di sagome dipinte (alcune evocanti le figure di «Guernica» di Picasso), componibili in modo libero. 

Già carica della passione civile e politica di Enrico Baj e del peso della morte di un uomo innocente, l’opera incrociò un altro momento terribile degli Anni di piombo, poiché nel giorno in cui avrebbe dovuto essere esposta nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale (era il 17 maggio 1972), membri di Lotta Continua assassinarono il commissario Luigi Calabresi ritenendolo colpevole della morte di Giuseppe Pinelli (non così, però, la Giustizia, che lo scagionò, né il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che nel 2004 lo insignì di una Medaglia d’Oro postuma al Merito civile). La mostra non si sarebbe mai aperta e per l’artista, che l’aveva creata per la città di Milano, fu una ferita insanabile, perché per anni sarebbe stata esposta solo all’estero

Fu il gallerista Giorgio Marconi a comprarla dall’artista e il ricavato fu donato alla vedova e alle figlie di Pinelli. E fu ancora lui a promuoverne l’esposizione nel 2012, nella Sala delle Cariatidi. Oggi è nuovamente la famiglia Marconi a donarla al Museo del Novecento (diretto da Gianfranco Maraniello), dove l’opera è entrata nello scorso febbraio, alla fine della mostra curata da Chiara Gatti e Roberta Cerini Baj che in Palazzo Reale aveva celebrato il centenario dell’artista. Potrà così restare nella sala affacciata sulla Piazzetta Reale, in modo da entrare in dialogo costante con la città, dove è stata allestita (in accordo con gli allora proprietari e con l’Archivio Baj) esattamente come la allestì l’artista nel 1972, nella mostra che nessuno poté vedere, e come l’avrebbe esposta in altre mostre successive, con l’intento di favorire la possibilità di «parteciparvi», ben più che di «contemplarla».

Ada Masoero, 23 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

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