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Un render del Mark Rothko Pavilion all’ingresso del Portland Art Museum

Courtesy Portland Art Museum

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Un render del Mark Rothko Pavilion all’ingresso del Portland Art Museum

Courtesy Portland Art Museum

Mark Rothko accoglie i visitatori del Portland Art Museum

Il 20 novembre sarà celebrata la fine dei lavori di espansione e ristrutturazione che hanno riguardato il museo americano, al quale ora si può accedere attraverso una struttura in vetro intitolata al maestro dell’Espressionismo astratto

Cecilia Paccagnella

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Tra San Francisco e Seattle si erge l’unico grande museo d’arte della zona, all’interno del quale sono custoditi oltre 50mila oggetti. Istituito nel 1892, il Pam-Portland Art Museum ha aperto le porte dell’edificio in cui tuttora ha sede il 18 novembre 1932, un progetto di stampo modernista dell’architetto Pietro Belluschi, secondo cui l’edificio doveva rimanere il più essenziale possibile per dare rilievo alle opere d’arte al suo interno.

Poco più di novant’anni dopo, il 20 novembre sarà celebrata la fine dell’espansione e della ristrutturazione da 116 milioni di dollari, durate dieci anni. Su disegno degli studi Hennebery Eddy Architects e Vinci Hamp Architects, il cantiere ha previsto la razionalizzazione delle planimetrie per un totale di oltre 30mila metri quadrati, un quarto dei quali è stato costruito ex novo. Fiore all’occhiello il Mark Rothko Pavilion, tre piani di struttura in vetro, nonché ingresso al museo, intitolata al maestro dell’Espressionismo astratto che proprio a Portland emigrò con la famiglia nel 1913.

Nel Pam, grazie a prestiti della famiglia Rothko (che ha contribuito alla raccolta fondi per il museo), saranno esposti per i prossimi vent’anni alcuni dipinti dell’artista: i primi comprendono due tele di grandi dimensioni risalenti agli inizi degli anni Sessanta, affiancati da altre opere provenienti da collezioni private e dalla National Gallery of Art di Washington. «La nostra famiglia è entusiasta di questa partnership con il museo. Portland ha avuto un ruolo formativo nella giovinezza di mio padre e non vediamo l’ora di condividere queste opere con il pubblico e dare a Rothko un ruolo più attivo nella vivace vita culturale di questa città, ha affermato Christopher Rothko, figlio dell’artista. La nostra speranza è che i visitatori si prendano il tempo di soffermarsi e di immergersi in ciascuno di questi dipinti, partecipando al processo di “slow-looking” promosso dal museo».

Parallelamente, aprono i nuovi spazi dedicati ad artisti e esperienze afroamericane negli Stati Uniti, tra cui le recenti acquisizioni di lavori di Derrick Adams (Baltimora, 1970), Robert Pruitt (Washington, 1964), Alison Saar (Los Angeles, 1956) e Kara Walker (Stockton, California, 1969). Queste fanno parte di un più ampio nucleo recentemente entrato a far parte della collezione del museo, tra cui opere di Simone Leigh (Chicago, 1967), Hiroshi Sugimoto (Tokyo, 1948), Pedro Reyes (Città del Messico, 1972), Carrie Mae Weems (Portland, 1953), Wendy Red Star (Billings, Montana, 1981), Marie Watt (Seattle, 1967) e Jeffrey Gibson (Colorado, 1972).

Cecilia Paccagnella, 19 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

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Mark Rothko accoglie i visitatori del Portland Art Museum | Cecilia Paccagnella

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