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Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliMaria Emanuela Bruni è da marzo presidente della Fondazione MaXXI. L’ha nominata il ministro della Cultura Alessandro Giuli, che la stessa aveva sostituito, in qualità di reggente, quando l’allora presidente era stato chiamato a Palazzo Chigi, ad occuparsi delle sorti dei beni culturali italiani. Maria Emanuela Bruni è così il quarto presidente del Museo nazionale delle arti del XXI secolo, dopo Pio Baldi, Giovanna Melandri e, appunto, Giuli.
Originaria di Frascati (dove è stata assessore alla cultura e dove si è candidata sindaco), laureata in Storia dell’arte presso la Facoltà di Lettere e Filosofia de L’Università La Sapienza di Roma, Maria Emanuela Bruni ha accumulato importanti esperienze nelle istituzioni governative e nella comunicazione.
È stata, nel 2008-09, capo del Cerimoniale della Presidenza del Consiglio, di cui aveva precedentemente diretto l’ufficio stampa, coordinando anche numerosi eventi politici internazionali. Su testate giornalistiche si è occupata di mercato dell’arte e di cultura. Suo, nel 2008, il volume La comunicazione istituzionale per immagini. E sua è la curatela delle mostre, nel 2011, «Donne in Italia 1848-1914», presso il Museo del Risorgimento di Milano, e «Le Donne che hanno fatto l’Italia», presso il Complesso del Vittoriano a Roma. Nel 2013, esce, per Mursia editore, il suo Piccolo Dizionario delle Italiane.
Quali sono le donne che suscitano maggiormente la sua ammirazione?
Sicuramente George Sand, che ho avuto modo di studiare a fondo: una scrittrice straordinaria, anticonformista, che ha saputo vivere e scrivere in libertà, sfidando le convenzioni del suo tempo. Ma anche figure come Jessie White, che ha lottato al fianco di Garibaldi ed è stata una delle prime donne a occuparsi di inchieste sociali; e Palma Bucarelli, straordinaria direttrice della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, pioniera nella tutela del patrimonio artistico e nella promozione dell’arte contemporanea. Donne diverse, ma tutte accomunate da una visione forte e dal coraggio di andare controcorrente.
Essere presidente donna o presidente uomo, in Italia, è la stessa cosa? O la donna trova ancora freni e ostacoli?
Le donne, in genere, mostrano una maggiore flessibilità e apertura al dialogo. La loro forza non si fonda sul potere, ma sulla professionalità. Certo, gli ostacoli non sono del tutto superati e ci sono ancora traguardi da raggiungere. Un esempio? Con la nuova direttiva Ue avremo più trasparenza sugli stipendi, uno strumento utile per combattere le disparità salariali tra uomo e donna. È un passo importante: qualcosa potrebbe cambiare anche in questo senso.
Quale è stato il titolo della sua tesi di laurea in Storia dell’arte, e con quale docente si è laureata?
Mi sono laureata in Storia dell’arte con una tesi sulla Cappella Baglione in SS. Cosma e Damiano a Roma. Il mio relatore è stato il professor Bruno Toscano, con la professoressa Giovanna Sapori come correlatrice. Non è stato un lavoro semplice: pochissime fonti e poche opere attribuite con certezza. Ma alla fine sono riuscita a rintracciare il testamento di Baglione e molte opere sicure. È stata una vera avventura di ricerca. E a proposito del professor Toscano: sono andata a trovarlo proprio la settimana scorsa. Volevo raccontargli la mia nuova avventura professionale e, forse, chiudere un cerchio cominciato proprio con lui.
Ha conosciuto bene il mondo della politica e conosce bene il mondo della cultura: in che cosa si distinguono e come possono aiutarsi?
Politica e cultura condividono più di quanto si pensi: entrambe hanno bisogno di mediazione, ascolto e visione. Ma, soprattutto, hanno bisogno di dialogare costantemente tra loro. Solo così possono rafforzarsi a vicenda.
Il MaXXI: come definirebbe questa realtà così complessa?
Immagino il MaXXI come un prisma per la capacità di attrarre e riflettere la cultura, la creatività, amplificando il dialogo con il pubblico, in particolare con chi si avvicina all’arte contemporanea per la prima volta. Un luogo aperto e accessibile, dove culture e pensieri si incontrano, interrogandosi sul ruolo della cultura nella società. Già oggi stiamo andando in questa direzione: abbiamo trasformato l’ingresso del museo in uno spazio che invita a entrare per restare, non più un semplice passaggio. Più in generale, preservare l’identità dinamica di questo luogo è il nostro orizzonte. Vogliamo che il MaXXI resti una realtà flessibile, aperta e capace di muoversi con agilità, a differenza di molte altre strutture culturali che, per loro natura, sono più rigide.
Proseguiranno i rapporti con le istituzioni estere?
Certamente. Continueranno le grandi collaborazioni con musei e istituzioni internazionali, così come il viaggio delle nostre mostre: «Buone nuove» sarà in autunno in Messico e in Costa Rica, proseguendo un percorso che dura già da tempo; la mostra dedicata a Guido Guidi sarà a Parigi nel febbraio 2026, mentre stiamo lavorando affinché anche «Memorabile» possa partire in tour nel corso dello stesso anno. C’è poi grande soddisfazione per l’interesse che riceviamo dall’estero per i nostri corsi di formazione: il nostro «MaXXI Know How» tornerà a Riyad e per la prima volta sarà presentato a Belgrado. Infine, a ottobre, nell’ambito di Paris+ per Art Basel presenteremo i finalisti del MaXXI Bvlgari Prize all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi.
Rivedrà le posizioni di direttore artistico, direttore MaXXI Arte e di MaXXI Architettura, o confermerà quelli oggi in carica?
Ho trovato professionalità eccellenti e molto appassionate. Discutere le posizioni dei Direttori non è all’ordine del giorno, i contratti attualmente in essere sono stati rispettati quando ero reggente e continueranno a esserlo ora che sono presidente. Naturalmente, la visione di un museo non è mai statica: il mio obiettivo è renderlo sempre più flessibile, capace di accogliere le innovazioni e i nuovi strumenti digitali.
Prossimi progetti del MaXXI?
Al MaXXI ci prepariamo ad un autunno ricco di appuntamenti. Il 31 ottobre inauguriamo «1+1. The relational years», la prima grande retrospettiva sull’arte relazionale, curata da Nicolas Bourriaud: un percorso immersivo tra opere di artisti come Cattelan, Huyghe, Parreno e Tiravanija, che hanno rivoluzionato il concetto di arte come spazio di relazione. Sempre ad ottobre la mostra «Sveva Caetani: Forma e Frammento», in cui l’artista racconta simbolicamente la storia della sua famiglia e il rapporto con il padre, Leone Caetani. Mentre dal 28 novembre seguono due nuovi progetti: la mostra personale di Rosa Barba, che ripercorre oltre vent’anni di ricerca sul cinema come spazio installativo e scultoreo, con nuove opere site specific; e «Roma nel mondo», una riflessione sul ruolo della Capitale nel contesto globale, tra modelli urbani, immaginari storici e proiezioni future.

Maria Emanuela Bruni. Photo: Pasqualini Fucilla, Musa
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