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Mallerini ai Musei Vaticani: riaffiora il Crocifisso perduto di Duquesnoy

Il dipinto acquistato da Caiati Old Masters ritrae una scultura barocca oggi scomparsa

Ada Masoero

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Il nome dell’autore, Prospero Mallerini (1761-1836), al di fuori della cerchia degli studiosi non è così noto ma un suo dipinto databile tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 e raffigurante en trompe-l’œil un crocifisso in avorio, ha suscitato l’interesse dei Musei Vaticani, che l’hanno acquistato di recente per le loro (vastissime) raccolte. La ragione sta nel fatto che il crocifisso lì raffigurato è, con ogni probabilità, il «Crocifisso Duquesnoy-Barberini», oggi perduto. La potente famiglia romana dei Barberini era infatti la principale committente di Prospero Mallerini, il cui nome ricorre spesso nei loro libri contabili e per loro il pittore dovette realizzare questa tela (76,2x52,5 cm) in cui si presume figuri il «Crocifisso» in avorio commissionato da Prospero Colonna a François Duquesnoy (1597-1643), celebre scultore fiammingo lungamente attivo in Italia (era noto come «Francesco fiammingo»), dove divenne uno dei massimi esponenti del barocco romano.

Dipinto realizzato da Prospero Mallerini (tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800) con la probabile raffigurazione del «Crocifisso Duquesnoy-Barberini», oggi perduto. Courtesy Caiati Old Masters

Prospero Colonna fece dono di quel Crocifisso a papa Urbano VIII Barberini (1568-1644). La vicenda è citata in un testo dell’archivio Barberini, in cui si rammenta come il Colonna gli avesse ordinato «un Crocifisso d’avorio di altezza vicina a tre palmi, che da Francesco fu ridotto a tal perfezzione, e così compito, che avendolo ammirato quel gran Principe, per dimostrazione di quanto lo stimava, ne fece un dono al Pontefice Urbano VIII suo parente. Fu cagione questo bel dono che il Papa pigliasse cognizione di Francesco e che concepisse per lui qualche benevolenza». Il dipinto di Mallerini raffigura (magistralmente) un crocifisso in avorio posto in una nicchia foderata di velluto rosso, con un libro in scorcio e un lume a brocca ai suoi piedi, secondo una modalità che, con varianti, era praticata frequentemente da questo pittore così assiduo in casa Barberini. E poiché la scultura originale è perduta (i Barberini in seguito la alienarono? È probabile), quest’opera rappresenterebbe l’unica testimonianza di quel pregevole Cristo in croce, di cui forse la famiglia volle conservare così il ricordo. 

I Musei Vaticani hanno acquisito il dipinto da Caiati Old Masters, Milano, sancendone così il valore (non solo documentario) e questa acquisizione museale segue quella di un olio su carta, uno «Studio di nudo maschile», firmato, di Francesco Hayez (1791-1882) da parte degli Uffizi. Al di là del più che legittimo orgoglio per questi successi, Roberto Caiati nota come «in un momento in cui i privati sono così timidi e riluttanti ad acquistare l’antico, ci sono per fortuna i grandi musei che ancora sanno riconoscere l’importanza di autori e di opere di questa natura». 

 

 

Ada Masoero, 25 settembre 2025 | © Riproduzione riservata

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