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Andrea Appiani, «Ritratto della cantante Giuseppina Grassini», 1802 (particolare). Collezione privata

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Andrea Appiani, «Ritratto della cantante Giuseppina Grassini», 1802 (particolare). Collezione privata

Appiani, premier peintre del Neoclassicismo italiano

A settembre al Palazzo Reale di Milano, dov’è ricostruito il fregio dei «Fasti di Napoleone» distrutti nell’ultima guerra mondiale, un centinaio di opere dell’artista (anche inedite). A complemento, un itinerario nei «suoi» luoghi

Che Andrea Appiani (Milano, 1754-1817) sia stato il più grande pittore neoclassico italiano, specie nell’affresco, lo sosteneva già Antonio Canova e, proprio a Canova, lo confermò nel 1810 Napoleone stesso, che infatti lo nominò suo «Premier peintre» in Italia. Del resto, è ad Appiani che si deve il primo ritratto che ci sia giunto di Napoleone, quand’era fresco vincitore della battaglia di Lodi (1796) nella Campagna d’Italia. Ma con loro concordavano, sia negli anni della dominazione asburgica sia nell’età napoleonica, tanti artisti del tempo: pittori famosi come Pelagio Palagi o poeti celebrati come Giuseppe Parini, non meno dell’autorevolissimo storico e connoisseur Leopoldo Cicognara. Insomma, lui vivente e sotto entrambe le dominazioni, la fama di Appiani era solida e vasta, e sarebbe continuata per alcuni anni dopo la morte, tanto che nel 1826 Brera collocò all’ingresso il bellissimo monumento in suo onore, di Bertel Thorvaldsen, mentre nel 1848 Giuseppe Beretta gli dedicava la monografia Le opere di Andrea Appiani primo pittore in Italia di S.M. Napoleone. Dopo, sarebbe invece sceso su di lui un lungo silenzio, anche nella sua Milano, che solo ora (dopo un modesto omaggio nel 1969-70) gli rende il dovuto onore con «Lo splendore di Milano nell’età di Parini e di Napoleone» (dal 23 settembre all’11 gennaio 2026), una mostra ricca di opere famose come di inediti, curata da Francesco Leone e Fernando Mazzocca, i suoi maggiori studiosi, e prodotta da Palazzo Reale, Civita Mostre e Musei, Electa e MondoMostre.

Come sia potuto accadere che dopo essere stato «il più celebrato pittore del Neoclassicismo, in una delle più alte stagioni dell’arte lombarda, la sua fama si sia poi tanto appannata, ci dice Fernando Mazzocca, si può spiegare con la sfortuna critica vissuta in seguito da quel gusto. Ma certo il colpo mortale lo ricevette dalla perdita di molti suoi capolavori, come gli affreschi di Palazzo Reale, distrutti durante l’ultima guerra (si salvarono solo quelli della Sala del Trono, oggi conservati a Villa Carlotta: l’intrasportabile ottagono dell’“Apoteosi di Napoleone”, 1808, e le lunette con le “Virtù”, queste in mostra) o il magnifico ciclo di tempere su tela a grisaille dei “Fasti di Napoleone”, eseguite tra il 1800 e il 1807 per il ballatoio della Sala delle Cariatidi: una delle invenzioni più originali del Neoclassicismo in Italia». 

Quelle grisaille erano però state fotografate poco prima del conflitto e grazie alle moderne tecnologie sono state riprodotte fedelmente proprio per la mostra, dove ritrovano posto lungo la balconata in una spettacolare ricostruzione del fregio (lungo oltre 100 metri), cui si aggiungono alcuni disegni preparatori e le incisioni commissionate da Napoleone a Giuseppe Longhi. La mostra riunisce un centinaio di opere articolate in nove sezioni e, oltre a consegnarci molte nuove datazioni, presenta una ventina di dipinti che non erano esposti nella mostra «Appiani (1754-1817). Le peintre de Napoléon en Italie» (stessi curatori), conclusa nel luglio scorso allo Châteaux de Malmaison et de Bois-Préaux (con cui, oltre al Grand Palais di Parigi, alla Pinacoteca di Brera di Milano e a Villa Carlotta a Tremezzina, la rassegna è stata realizzata). Merito dello studio capillare condotto dai curatori sui documenti, oggi alla Bibliothèque Nationale di Parigi, raccolti da Francesco Reina, un avvocato giacobino che «dopo quella di Giuseppe Parini, continua Mazzocca, intendeva dedicare una monografia anche ad Appiani: ed è grazie a essi, e all’archivio della corte di Beauharnais, conservato alla Princeton University, importantissimo per gli anni in cui Appiani fu “Premier peintre” di Napoleone, se abbiamo potuto sistemare il suo catalogo con una cronologia più certa, ricostruire la sua vicenda creativa e riconoscere le opere inedite che sono in mostra» (Eugenio Beauharnais, figlio dell’imperatrice Joséphine, fu viceré d’Italia e visse con la moglie Augusta Amalia di Baviera nella Villa Reale di Milano, Ndr). 

Una mostra di studio, dunque, ma anche ricca di opere spettacolari, molte delle quali strettamente legate al palazzo in cui sono esposte: «Degli affreschi perduti, spiega Mazzocca, esponiamo gli splendidi, grandi cartoni, insieme a quelli di altre pitture murali, perdute anch’esse, come accadde in Palazzo Sannazzaro, dimora del ministro delle Finanze di Napoleone Giuseppe Prina, ucciso dalla folla inferocita, che ne vandalizzò anche il palazzo. Ma Appiani fu anche un felicissimo ritrattista, conteso dalle grandi famiglie non solo milanesi, e di questa sua eccellenza la mostra dà conto anche con numerosi inediti, cui si aggiungono i disegni, sempre di qualità altissima, anch’essi ricercati dai maggiori collezionisti del tempo».

La mostra si completa con un itinerario nei «suoi» luoghi, dalla magnifica cupola da poco restaurata di Santa Maria presso San Celso (1792-95) alla Villa Reale, con «Il Parnaso» (1811); dai Palazzi Greppi, Orsini, Busca Arconati Visconti, Passalacqua poi Bergamasco), privati ma a cui sarà possibile accedere, fino alla Villa Reale di Monza, con le «Storie di Psiche» (1790) della Rotonda. 

Andrea Appiani, «Giunone assistita dalle Grazie (Toeletta di Giunone)», 1810-1812 ca. Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia. Courtesy Fondazione Brescia Musei. © Archivio Fotografico Musei Civici di Brescia-Fotostudio Rapuzzi

Ada Masoero, 04 agosto 2025 | © Riproduzione riservata

Appiani, premier peintre del Neoclassicismo italiano | Ada Masoero

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