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Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoliVoluta nel 1607 da Carlo Emanuele I di Savoia per ospitare la Sacra Sindone, edificata nel 1668-82 dall’architetto barocco Guarino Guarini e gravemente danneggiata dall’incendio della notte dell’11 aprile 1997, la Cappella della Sindone è stata restituita alla città nel 2018, integrata nel percorso di visita dei Musei Reali.
Ma solo adesso la si può ammirare completamente restaurata, compreso l’altare di Antonio Bertola del 1688-94 commissionato da Vittorio Amedeo II, ultimo tassello di un imponente recupero durato 24 anni. Simile a un gigantesco reliquiario in marmo nero di Frabosa con decorazioni e sculture in legno dorato, l’altare è munito di un’urna centrale dove la Sindone è stata alloggiata dal 1694 al 1993.
Affidato al Consorzio San Luca di Torino e diretto da Marina Feroggio con Tiziana Sandri, Franco Gualano e Lorenza Santa, il restauro è stato finanziato da Mic-Progetti ArtBonus, Compagnia di San Paolo e Fondazione La Stampa-Specchio dei Tempi. Sono state ricostruite le parti lignee mancanti della balaustra e delle quattro cornici attorno alla ferrata a protezione della cassa e integrate con l’impiego di malte le porzioni lapidee mancanti.
Il pavimento in marmo con gli inserti di stelle in bronzo è stato ripristinato e sono stati ricollocati gli otto putti alati scolpiti nel 1692-94 dagli intagliatori Francesco Borello e Cesare Neurone, scampati all’incendio insieme ad altri elementi ricoverati in sacrestia. Da segnalare il ricollocamento di alcuni argenti: le quattro lampade pensili (1824-28) di Innocente Gaya e Carlo Balbino, volute dal re Carlo Felice, e il tabernacolo del 1790-91 di Carlo Genova. A raccontare incendio e restauro è un’app in realtà aumentata promossa dalla Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino.

L'altare della Cappella della Sindone durante il restauro

L'altare della Cappella della Sindone dopo il restauro
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