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Dettaglio della cover del libro Leonilson: diários de uma voz - trechos transcritos

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Dettaglio della cover del libro Leonilson: diários de uma voz - trechos transcritos

L’eredità artistica di Leonilson sarà rappresentata da Almeida & Dale

Un «diario di voce» getta una nuova luce sull’artista di Fortaleza, figura di primo piano dell’arte più recente ma poco conosciuto in Italia, che non è sfuggito all’interesse della più potente galleria brasiliana

Matteo Bergamini

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Tra il 2021 e il 2022, era stato protagonista di una grande mostra intitolata «Leonilson. Drawn 1975-1993», prodotta dal KW Institute for Contemporary Art, Berlino, in collaborazione con il Moderna Museet di Stoccolma, la svedese Malmö Konsthall e il Museu de Arte Contemporânea de Serralves, a Oporto. Instancabile viaggiatore, Leonilson (Fortaleza, 1957 -  São Paulo, 1993) fu «compagno» di Blinky Palermo e Eva Hesse, che conobbe personalmente durante i suoi molti spostamenti in Europa, ma fu ispirato soprattutto dalla Transavanguardia, alla quale si avvicinò a più riprese nei suoi soggiorni a Milano, Roma, Bologna. Arrivato a San Paolo ancora bambino, con la famiglia, studiò Belle Arti dal 1978 al 1981, facendo parte anche della più celebre mostra del decennio, «Como vai você, Geração '80», al Parque Lage di Rio de Janeiro.

Rimasto pressoché sconosciuto dalle nostre parti, nonostante la partecipazione a diverse collettive, José Leonilson Bezerra Dias è invece stato omaggiato a più riprese dal suo Brasile, che dal 1995 porta avanti la società «Projeto Leonilson» con la missione di mantenere viva la sua memoria attraverso la ricerca, la catalogazione e la divulgazione della sua opera, contestualizzandola nel panorama storico-culturale brasiliano e internazionale. Da allora sono state circa 4mila le opere catalogate, tra disegni, dipinti, ricami, sculture, stampe, assemblaggi, collage, studi e progetti attribuiti all’artista, distribuiti in circa 520 collezioni pubbliche e private.

 

Ritratto di Leonilson. Tutti i diritti riservati

Un tesoro sul quale la galleria Almeida & Dale, la più potente del Brasile e probabilmente oggi dell'intera area Latino-Americana, ha annunciato di aver iniziato la rappresentanza (in collaborazione con la stessa famiglia dell’artista e del Projeto) alla fine dello scorso settembre, per ampliare la circolazione e il riconoscimento del suo lascito in tutto il mondo. E mentre si attende di popolarizzare la carismatica figura di questo artista scomparso poco più che ragazzo, che mai aveva fatto segreto della propria omosessualità e della diagnosi di sieropositività, uno bel volume vede ora la luce in Brasile e contribuisce a mettere a fuoco un altro punto di vista rispetto al lavoro sensibile e allo stesso tempo politico che José Leonilson aveva portato avanti con tenacia e voglia di sperimentare, già dai primi anni '80.

Leonilson: diários de uma voz - trechos transcritos (Leonilson: diari di una voce – frammenti trascritti, Ndr), a cura dello scrittore e professore João Anzanello Carrascoza, concepito  dalla stessa Associazione Projeto Leonilson e pubblicato attraverso la Lei Rouanet per l'incentivo culturale, con il patrocinio del gruppo bancario Itaú, è una raccolta intima e che  racconta senza filtri l'epopea di Leonilson per sua stessa voce, registrata in un totale di 19 nastri dal 1990 fino a quattro mesi prima della scomparsa, nel '93, nelle più differenti occasioni: in viaggio, in città straniere come Parigi o Amsterdam, Los Angeles o New York, raccontando a varie riprese di amici artisti come i pittori Daniel Senise o Marcos Chaves, dell'ex innamorato Adriano Pedrosa e di vari innamoramenti, del rapporto conflittuale con la propria gallerista Luisa Strina, delle frustrazioni quotidiane, di quelle appartenenti al mondo dell'arte e di quelle dovute alla malattia. Un caleidoscopio di Leonilson differenti ma sempre coerenti con se stesso, con il vagheggiare tipico di chi ha scelto, racconterà lui stesso, «un altro tipo di esistenza, meno ordinario».

Dall'aeroporto di Brasília, nell'ottobre 1990: «Tra una settimana andrò a Francoforte e in seguito a Parigi. Non so esattamente cosa andrò a fare là. Certamente a cercare qualcosa». Inquieto, romantico, flanêur contemporaneo, mentre sviluppava la passione per l'immagine degli aerei, un incontro clandestino in un bagno ad alta quota diretto a Parigi, il gusto per il ricamo e per una produzione che via via si faceva forse più sintetica e, contemporaneamente, sincretica. Un vortice di pensieri, non mediati dalla sintassi scritta. Nel 1986 scopre, negli Stati Uniti, i tessuti del popolo Shakers, che influenzano la sua idea di ricamo, così come l'opera di Arthur Bispo do Rosário, all'epoca ancora vivo e operante nel centro psichiatrico di Taquara, area rurale della periferia est di Rio de Janeiro.

Ma quello che in realtà si scopre, leggendo oggi il «diario vocale» di Leonilson, non è tanto una delucidazione rispetto alla tecnica o all'estetica dell'artista, quanto la meraviglia della scoperta, la vita che non frena di fronte alla condanna: «Ho voglia di diventare famoso. Ma non so come. Non amo andare per gallerie a mostrare il mio lavoro. Alla fine del giorno mi sento un completo loser», dichiarava al nastro nel novembre 1990, da New York.

Il 3 ottobre 1991 racconta di un test per l'HIV effettuato il mese precedente. Positivo, a cui seguirono vari altri positivi. Positivo lo era anche lui, Leonilson, almeno a momenti alterni: «Credo che non svilupperò la malattia. Chiedo a Dio e al mio angelo custode di restare con me, di non lasciarmi senza appigli», dichiarava nella stessa giornata. E non smetteva di viaggiare: Amsterdam, Monaco di Baviera, Rio de Janeiro, la sua San Paolo. Aggiungendo via via farmaci: l'AZT, il DDI, lo Zovirax...le trasfusioni.

L'11 gennaio 1993 lancia quello che sarà il suo ultimo messaggio: «Sono entrato all'ospedale Oswaldo Cruz con cinque ore di vita e sono uscito con una vita nuova. É quello che mi dicono...La mia vita si rinnova a ogni giorno, tutto cambia tanto, continuamente, che nemmeno so più qual é la mia data-limite. Ho tanto lavoro in testa che voglio fare, ho tante persone che voglio lasciare felici, tante cose da imparare. Le persone...». E Leonilson, preme stop.

Non senza averci consegnato uno dei più originali corpus di opere di tutto il secondo Novecento, in grado di combinare vita e poesia.

Matteo Bergamini, 16 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

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