Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Luana De Micco
Leggi i suoi articoliLa collezione del magnate del tessile Léon Cligman e della moglie Martine, scultrice nota con il nome d’arte di Martine Martine, sarà esposta nel nuovo Musée d’art moderne nell’Abbazia reale di Fontevraud. L’apertura del museo, prevista in un primo tempo nel dicembre 2020, è stata rallentata dalla crisi sanitaria. Ora il museo è pronto ad accogliere il pubblico non appena possibile.
È la realizzazione di un progetto di lunga data che si è concretizzato il 23 luglio 2018 con la donazione di Martine e Léon Cligman allo Stato francese di 566 opere, completata il 17 luglio 2019 con il dono di altre 252 opere. «Mi è sembrato un gesto normale restituire alla Francia una parte di ciò che ho avuto la gioia e la fortuna di ricevere da questo Paese», aveva detto nel 2019 Léon Cligman, figlio di emigrati ebrei russi, arrivato molto giovane in Francia, oggi 100 anni.
Nel secondo dopoguerra, Cligman (nato nel 1920 a Tighina, nell’attuale Moldavia), ex resistente, riprese l’azienda di famiglia facendo fortuna nell’industria tessile alla testa del gruppo Indreco. Dal 1997 è anche amministratore della Fondation du Patrimoine. Martine Martine (nata nel 1932, a Troyes, in Francia) è lei stessa figlia di collezionisti, Pierre e Denise Lévy, donatori del Musée d’art moderne di Troyes.
Nota per i suoi ritratti di Balzac, molti dei quali sono entrati nelle collezioni della Maison de Balzac di Parigi, Martine Martine espone dal 2002 alla galleria Nicolas Deman e l’estate scorsa è stata al centro di una retrospettiva al Musée Marmottan di Parigi. In più di 50 anni i due collezionisti, che si sono sposati nel 1954, hanno riunito un insieme eclettico di opere. Vi figurano tele di Soutine, Robert Delaunay, Derain e Van Dongen («Tête de gitane»), Fautrier, Albert Marquet. Spiccano un autoritratto di Toulouse-Lautrec, una rara scena d’interni di Corot, un insieme di pitture di Eugène Carrière. Tra le sculture, un busto di Rodin, lavori di Degas e un’opera monumentale di Germaine Richier.
La donazione comprende inoltre 36 illustrazioni originali del Satyricon realizzate da Derain e fogli di Émile Bernard o ancora Emil Nolde, oltre che 88 opere in vetro di Maurice Marinot e una collezione di antichità greche e opere extraeuropee, tra cui una rara figura femminile di reliquiario Fang (Gabon, XIX secolo), una maschera Teotihuacan (Messico, periodo classico) e una statuina olmeca (1200-600 a.C.). Il nuovo museo apre nell’edificio di fine ’700 detto della Fannerie, ex deposito di fieno delle antiche stalle dell’abbazia, poi trasformato in prigione.
L’abbazia di Fontevraud, fondata nel 1101 nella valle della Loira, Patrimonio Unesco, accoglie la necropoli dei Plantageneti, con i monumenti sepolcrali di Enrico II d’Inghilterra, della moglie Eleonora d’Aquitania e del figlio Riccardo Cuor di Leone. I restauri, avviati nel 2019, sono stati diretti dal capo architetto dei monumenti storici Christophe Batard, per un budget di 11,8 milioni di euro circa, finanziati essenzialmente dalla Regione Pays de la Loire e dagli stessi collezionisti che hanno creato un fondo di 5 milioni di euro, da destinare ai lavori (4 milioni) e all’acquisizione di nuove opere (1 milione).

«Tête de gitane» di Kees Van Dongen. © Adagp, 2020; Fontevraud, Musée Art moderne/Raphaël Chipault

Il magnate del tessile Léon Cligman e sua moglie Martine. © Ouest médias pour la Région des Pays de la Loire

L'Abbazia reale di Fontevraud. Foto di Sebastien Gaudard

il chiostro dell'Abbazia reale di Fontevraud
Altri articoli dell'autore
Nella duplice veste di curatore e rettore della Scuola del Centre Pompidou-Metz l’artista ha inventato un abbecedario per una mostra è che un dizionario aperto, in cui ogni visitatore e ogni artista può riscrivere i significati
Esposte al Louvre oltre 170 opere della collezione personale del primo presidente della Terza Repubblica francese
Triplice appuntamento nel centro culturale in Provenza: una collettiva allestita da Tino Sehgal, l’Ong E.A.T e l’opera grafica di Maria Lassnig
Attraverso 260 opere il Louvre traccia il ritratto di una civiltà «rimasta a lungo ai margini degli studi accademici», un popolo di soldati, ma anche di commercianti, architetti, scienziati e artisti