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Alessandro Martini
Leggi i suoi articoliLa notizia del momento, ciò a cui tutti guardano (e su cui saranno ancor più chiamati a riflettere e trovare risposte nel prossimo futuro) non sono certo i record di visitatori del recente passato. Pochi mesi fa molti riflettevano sull’«overtourism», il grande male di città e musei del mondo, almeno quelli più fortunati: da Venezia a Barcellona, dagli Uffizi ai Musei Vaticani, fino a Louvre e Metropolitan, in molti cercavano soluzioni su come contenere i flussi, differenziare i percorsi, deviare le folle, aprire a nuovi obiettivi, borghi e piccoli musei in testa.
Noi stessi, meno di un anno fa, titolavamo «Allarme mondiale, pandemia di turismite». Paiono ere geologiche fa, di fronte all’attuale e ben diversa pandemia. Oggi, la riflessione non è tanto su come attirare nuovamente il pubblico all’interno delle sale (quando saranno finalmente riaperte), ma come sopravvivere fino a quel momento. Neppure si intravede quella meta, e intanto si moltiplicano gli appelli per finanziamenti e aiuti straordinari.
A rischio sono musei grandi e piccoli, e soprattutto i loro lavoratori: non solo i dipendenti, pubblici e privati, ma i tanti che, tra «servizi aggiuntivi» ed esternalizzazioni, gravitano attorno al (piccolo) mondo museale, in Italia e nel mondo. Non stupisce l’allarme generalizzato, e non stupiscono gli appelli di piccole e grandi realtà, quando anche un campione mondiale come il Metropolitan Museum di New York (da sempre ammirato come modello di virtuosa gestione finanziaria) prevede un buco nel proprio bilancio 2020 addirittura di 100 milioni di dollari.
Per il momento, annuncia la chiusura fino a luglio. Per il Met, così come per tutti gli altri musei oggi in classifica, si annunciano mesi di crollo dei visitatori, di ristrutturazione interna, di attività diverse e diversificate, soprattutto online: un campo in cui tutti si stanno in queste settimane riproponendo e reinventando. Si tratterà di dimostrare una ben più ardua capacità di lavorare sulla distanza, proponendo contenuti reali e attività davvero capaci di interessare e formare il pubblico, a partire dalle collezioni.
Con ogni probabilità, il prossimo anno ci interrogheremo (ancora più di oggi) sul significato e sull’opportunità di classifiche fatte di numeri, sempre alla ricerca del record. Per quest’anno, giunta ormai alla sua XIII edizione, la classifica annuale di «Il Giornale dell’Arte» e «The Art Newspaper» incorona per l’ennesima volta il Louvre di Parigi (oggi chiuso «a tempo indeterminato», fin dalla mattina del 13 marzo).
Segue come lo scorso anno il National Museum of China di Pechino mentre, abbastanza clamorosamente, il Metropolitan Museum of Art di New York è scalzato dal podio dai Musei Vaticani, protagonisti di un’inesorabile ascesa negli ultimi anni (grazie anche all’ampliamento dei percorsi di visita e ai numerosi lavori interni). Poche le novità anche in Italia, dove si ripropone il trio di testa, dominato da Firenze con Uffizi e Gallerie dell’Accademia (proprio nel 2019 confermate nella loro autonomia dal rientrante ministro Franceschini), seguita da Roma con Castel Sant’Angelo. I nostri primi tre musei siedono rispettivamente in posizione 26, 39 e 59 nel mondo: un risultato tuttora non pienamente soddisfacente.
Il Louvre sempre leader, i Vaticani scalzano il Met
Il Musée du Louvre è ancora una volta in cima alla nostra classifica in termini di affluenza complessiva con 9,6 milioni di visitatori, cifra impressionante nonostante i 600mila ingressi in meno rispetto al suo record di tutti i tempi stabilito nel 2018. Le continue proteste in città, gilet gialli su tutti, hanno certamente contribuito al calo di affluenza dello scorso anno, comune a quattro dei cinque musei più popolari di Parigi ad eccezione del secondo più visitato in città, il Musée d’Orsay, che ha fatto registrare quasi 3,7 milioni di visitatori e un aumento dell’11% rispetto al 2018.
Il Museo Nazionale della Cina a Pechino mantiene la seconda posizione complessiva con 7,4 milioni di visitatori, seguito dai Musei Vaticani (6,9 milioni), che per la prima volta si collocano al terzo posto. Si sono scambiati la posizione con il Metropolitan Museum di New York (6,5 milioni), reduce dai quasi sette milioni di visitatori che hanno omaggiato le sue sale nel 2018 quando ha ospitato la sua mostra blockbuster del Costume Institute «Heavenly Bodies» (ben 1,7 milioni di ingressi, 10.919 al giorno).
Con 6,2 milioni di visitatori, 400mila in più rispetto all’anno precedente, a Londra il British Museum (Bm) rivendica il suo titolo di museo più visitato del Regno Unito dopo essere stato spodestato dal primo posto nel 2018 dalla Tate Modern. Risultato trainato anche dalla sua mostra più frequentata del 2019, dedicata ai «Manga».
Ma sono la Tate Modern e la Tate Britain di Londra ad avere più motivi per festeggiare in quanto entrambi hanno fatto registrare un anno da record (ricordiamo che, come in tutti i musei statali britannici l’ingresso alle collezioni è gratuito, mentre ben 59 milioni di sterline sono giunte al colosso Tate da attività commerciali come biglietteria per le mostre, bookshop, ristorante, ricevimenti...).
La Tate Modern ha accolto 6,1 milioni di visitatori: 230mila in più rispetto al 2018, sebbene nessuna delle sue mostre abbia raggiunto i livelli di quella di Picasso del 2018. Circa 1,8 milioni di visitatori si sono diretti alla Tate Britain: ha avuto un aumento di 536mila visitatori, di cui 422mila hanno puntato sulla mostra «Van Gogh e la Gran Bretagna».
Così come a Parigi, anche negli Stati Uniti è l’attualità politica e sociale a fornire un’utile chiave di lettura dei dati di accesso nei musei. Lo scorso anno lo shutdown (ben prima dell’attuale lockdown...), imposto per 35 giorni sulle attività governative, ha avuto un significativo impatto anche sulle visite ai musei finanziati con i fondi pubblici di Washington, rimasti chiusi per la maggior parte di gennaio.
Nella capitale federale i visitatori complessivi allo Smithsonian American Art Museum e alla National Portrait Gallery, che condividono la sede, sono diminuiti di 604mila unità. La Renwick Gallery ha segnato un calo di 500mila ingressi e la National Gallery of Art di 330mila. Ma, come abbiamo visto, anche a New York il calo ha interessato un museo non certo finanziato da soldi pubblici come il Metropolitan (-1). Sulla costa opposta, a Los Angeles, -12 posizioni per il Lacma (80).
A San Pietroburgo ottimo l’Ermitage (8), con poco meno di 5 milioni di ingressi, e a Mosca la Galleria Tret’jakov, al numero 20 (+10). In Top ten, gran risultato per il Museo Reina Sofía di Madrid, che sale due posizioni fino alla nona mondiale.
La tredicesima classifica annuale dei musei più visitati è un'esclusiva di «Il Giornale dell’Arte» e «The Art Newspaper», pubblicata nel numero di aprile.
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