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Luana De Micco
Leggi i suoi articoli«L’usage des formes. Artisans d’art et artistes», che si tiene dal 20 marzo al 17 maggio al Palais de Tokyo, è una mostra «manifesto», a suo modo ludica, che mescola i campi della creazione e apre le porte al design, nonché all’artigianato. Sono esposti 180 oggetti a cui sono associati nomi diversi e noti come Giuseppe Penone, Giorgio de Chirico, Ettore Sottsass, Nicolas Ceccaldi, Robert Stadler (che ha curato la scenografia della mostra) e Bernard Heidsieck. Ma anche nomi meno noti. Ne citiamo uno, Bernard Solon, fabbro specializzato nella lavorazione di utensili da taglio. Incuriosiscono i suoi strumenti fabbricati nel laboratorio di famiglia di Digione usando una tecnica di epoca merovingia che si trasmette da padre in figlio. Sono lame autoaffilanti che invece di smussarsi con l’uso si affinano. Abbiamo chiesto al curatore Gallien Déjean di descrivere questa mostra, nella quale sono esposti sia un raschietto in cristallo di rocca di età paleolitica ritrovato nel rifiugio delle Meraviglie in Dordogna, sia una protesi di mano bionica fabbricata in un laboratorio di Rennes con una stampante 3d.
Più che una rassegna d’arte è una mostra sul processo creativo?
Parliamo in effetti di tecnica e di processo di creazione, ma anche d’arte. Diciamo che ci siamo divertiti a infrangere le frontiere che separano comunemente l’oggetto utile, che ha un valore simbolico e formale, ma non lo statuto dell’opera d’arte, e l’opera d’arte vera e propria. In questo senso la mostra ha l’insolenza di porsi sempre a cavallo sui due campi.
Artista e artigiano, non c’è differenza?
Mi sono posto questa domanda per tutto il tempo di preparazione della mostra. Ho concluso che l’artista e l’artigiano non possono essere messi sullo stesso livello. Se mi fossi limitato a livellare le due figure avrei finito col chiudere la riflessione in quattro e quattr’otto. Preferisco considerare che l’artista e l’artigiano svolgano pratiche diverse e parallele. Più che dare definizioni è interessante tentare confronti, per esempio sullo statuto dell’oggetto che si fabbrica, l’uno nato per la galleria, l’altro per l’uso quotidiano. E notare quando cambia lo sguardo sull’oggetto, quando lo strumento entrando al museo diventa opera d’arte. Mi interessava creare questa ambiguità tra oggetto utile e opera d’arte.
Vuol dire che qui lo strumento è esposto come opera d’arte?
Ci sono degli strumenti di precisione che sono «precisi» anche nella loro realizzazione estetica e che perciò presentano il doppio statuto di oggetti utili e opere d’arte. Sono diversi dall’opera d’arte pura, che in sé è inutile. Dimostriamo che funzione estetica e utilità possono essere coerenti attraverso una selezione di oggetti emblematici di diverse epoche, tanto antichi che contemporanei.
Può fare qualche esempio? Tra i pezzi più antichi, è il cosiddetto propulsore di Bruniquel, un bellissimo strumento di epoca paleolitica usato per lanciare frecce, fabbricato in osso su cui è scolpita una figura di cervo. Ce lo ha prestato il museo d’archeologia di Saint-Germain-en-Laye, così come una lama intagliata di silice. Ho selezionato alcuni oggetti di Jean Antoine Nollet, noto come l’abate Nollet, che era anche uno fisico specializzato nei lavori sull’elettricità. Nel Settecento fabbricò splendidi oggetti scientifici in vernice laccata. Più recente è una tastiera per iPad realizzata dal designer Alexandre Echasseriau in collaborazione con l’artigiano Jéremy Lorenzato, che lavora il cuoio. Una tastiera hight tech che funziona senza componenti elettronici e in cui l’informazione è veicolata da un inchiostro conduttore. Per il momento è ancora un prototipo.
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