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Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliDal 26 ottobre al 25 febbraio 2024 il Vittoriano di Roma ospita una mostra sul suo cuore plastico e ideologico, l’Altare della Patria: «La Dea Roma e l’Altare della Patria. Angelo Zanelli e l’invenzione dei simboli dell’Italia unita», curata da Valerio Terraroli, ricostruisce mediante opere, progetti e documenti la vicenda dei due grandi fregi (in tutto 70 metri) e della colossale statua della Dea Roma, realizzati dal 1908 al 1925 dal lombardo Zanelli (1879-1942), dopo la vincita di un referendum popolare. L’esposizione, allestita nella Sala Zanardelli del Vittoriano (o Monumento a Vittorio Emanuele II), celebra la conclusione della campagna di restauro delle opere di Zanelli.
Un modo, quindi, per conoscere meglio il monumento e la figura di Zanelli, di cui la mostra restituisce un ritratto completo, mediante la presentazione di altri suoi lavori scultorei, precedenti e successivi all’impresa «vittoriana», collocandoli all’interno del più ampio contesto verista e simbolista dell’epoca, testimoniato da opere di Leonardo Bistolfi, Ettore Ximenes e Arturo Dazzi. Vicino, i gessi del fregio provenienti dalle collezioni del Vive, l’istituto del Mic che riunisce il Vittoriano e Palazzo Venezia, sotto la direzione di Edith Gabrielli, che dichiara: «Per molto tempo non solo Zanelli, ma tutti gli scultori attivi nel Vittoriano sono rimasti vittime di una mancata comprensione critica. La mostra contribuisce a cambiare il senso delle cose: essa aiuta il pubblico e, perché no?, anche gli studiosi a conoscerli meglio. Così il grande fregio dell’Altare della Patria è definitivamente restituito al pubblico e alla critica».
Di Angelo Zanelli si ha così modo di ricostruire la storia umana, dalla sua nascita in una famiglia povera di San Felice di Scovolo, presso Brescia, ai primi studi artistici nel capoluogo, all’ottenimento di una borsa di studio per la frequentazione dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, al suo arrivo a Roma nel 1904, dove stringe amicizia con il pittore Felice Carena, che lo introduce negli ambienti dell’alta borghesia, dove l’artista lombardo inizia ad affermarsi, fino al trionfo per l’inaspettata vincita del concorso pubblico più importante di quel tempo, quello oggetto di questa mostra.
La sua vittoria non fu esente da polemiche, soprattutto per la sua giovane età, a cospetto di ben più navigati, celebrati e anziani concorrenti. Da quel momento figurerà anche lui tra gli artisti celebrati, fino alla carica, nel 1931, di presidente dell’Accademia di Belle Arti di Roma. Poi, la notte dell’oblio si è distesa sulla sua persona, che torna oggi a brillare.

Vittoriano e Palazzo Venezia, Lo scultore Angelo Zanelli (quarto da sinistra), ottenuta la vittoria definitiva, a lavoro sul fregio per l'Altare della Patria
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