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«In termini di finanziamenti la moda è l’ultima spiaggia»

Bruno Muheim

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Ho letto con grande interesse il vostro articolo intitolato «Cosi la moda usa l’arte» (cfr. lo scorso numero, p. 1). Certo il titolo volontariamente acceso esacerba un po’ il contenuto più mite, ma mi sembra che le basi di riflessione dell’articolo potrebbero anche essere altre e diverse. Dovremmo parlare di patrimonio storico piuttosto che di arte pura, e di quali sono oggi le possibilità di mecenatismo e, ancora, all’interno di queste, quale è la parte di pertinenza dei finanziamenti al mondo dell’arte. Vedremmo cosi che è molto più l’arte che usa la moda. La situazione è totalmente cambiata negli ultimi vent'anni. Olivetti, Fiat e Eni, tra gli altri, erano gli sponsor attivi e potenti, impegnati a favore di tutte le grandi mostre e di una grande quantità di restauri.

Tutte le banche e casse di risparmio investivano cifre consistenti nel campo del patrimonio e della sponsorizzazione di mostre. Alcune di queste non esistono più o sono state inglobate in gruppi più vasti. Contemporaneamente, la crisi di questi ultimi dieci anni ha eroso le capacità di sponsorizzazione. Inoltre, ed è un fatto anche più grave, si sa che l’arte e il patrimonio hanno un ritorno d’immagine limitato per i clienti di questi gruppi. Lo sport e la ricerca scientifica, ad esempio, oggi sono molto più allettanti.

Anche la musica appare un campo più suggestivo per i clienti delle banche, tanto che gruppi come Eni e Intesa Sanpaolo hanno concentrato la maggior parte delle proprie sponsorizzazioni nella cultura sulla Scala, nonostante sia il teatro più antidemocratico al mondo, disertato dai milanesi e con posti in platea a 300 euro, ma che fa sempre gola agli stranieri, clienti potenziali delle nostre banche per le quali lo sviluppo all’estero è fondamentale.

Diversamente, gli interventi dei privati sono tristemente mosci. Il Fai è una bellissima idea gestita con grande energia da capacissime persone, ma non supera i cinquanta luoghi gestiti contro un numero dieci volte superiore per il National Trust inglese. Quante famiglie patrizie italiane hanno lasciato al Fai la proprietà o la gestione del proprio feudo? In Inghilterra si può chiedere l’opposto: chi è ancora a casa sua e non ha ancora lasciato al National Trust la sua reggia? Stendiamo un velo pietoso sugli interventi statali.

Possiamo quindi veramente dire che il mondo della moda è l’ultima spiaggia per i finanziamenti al patrimonio culturale e che ogni euro speso è più che benvenuto. È evidente che certi eccessi hanno gettato una cattiva luce su alcuni interventi (la scarpa che respira con tanto di fumo sul Ponte dei Sospiri a Venezia era terrificante...), ma lo sbaglio non era piuttosto di chi in Soprintendenza e nel Comune di Venezia ha sottoscritto l’accordo, senza mettere rigorosi (e dovuti) paletti? Diego della Valle è stato quasi crocifisso per essere intervenuto economicamente, e in maniera massiccia, per il restauro del Colosseo, ma può darsi che un posticino in tribuna d’onore sarebbe stato più che dovuto.

Sfortunatamente i finanziamenti provenienti del settore della moda stanno inesorabilmente per finire. La crisi mondiale per anni non ha toccato il mondo del lusso e della moda, ma da quasi un anno i risultati del settore sono pessimi, le vendite calano per quasi tutti i marchi del lusso. Arnault, il patron di Lvmh, ha annunciato il crollo del sistema moda. Le operazioni di prestigio e immagine saranno le prime a essere toccate, e tutte le critiche alle «relazioni pericolose» tra arte e moda non avranno più modo di esistere.

Ciò detto, la moda si è sempre ispirata all’arte, ogni tanto con grande gusto e capacità di seduzione: Saint Laurent, i girasoli di Van Gogh e l’astrattismo di Mondrian, Castelbajac e la Pop art americana... Raf Simons ha un rapporto privilegiato con gli artisti con cui collabora. Spesso si tratta invece di un vero e proprio «saccheggio». Kapoor, Rauschenberg, Vermeer ma anche Beato Angelico ne hanno fatto una triste esperienza. Sono questi i casi in cui la moda abusa dell’arte.

Bruno Muheim, 11 aprile 2017 | © Riproduzione riservata

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