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Prosegue fino al 30 gennaio, da Lorenzelli arte, la raffinata mostra «Segni di sogno», di Osvaldo Licini, artista presentato dalla galleria per la prima volta nel 1961. A cura di Roberto Borghi con Matteo Lorenzelli e Giorgio Magnoni, collezionista e studioso dell’artista marchigiano (1894-1958) sfilano 70 disegni e una decina di dipinti, accostati in un dialogo che evidenzia i nuclei generativi di ognuno dei filoni di ricerca da lui praticati.
I disegni, divisi per cicli, li attraversano tutti, dall’astrazione degli anni Trenta fino agli «Angeli ribelli», dando conto della capacità di Licini di muoversi sul filo di una «ripetizione differente», sempre rinnovata. Del resto già il critico Giuseppe Marchiori, il suo interlocutore più vicino per sensibilità e acume critico, scriveva che per Licini il disegno era «il sismografo, per così dire, delle idee immediate. Per arrivare alla pittura, Licini passava come gli antichi attraverso il disegno, studiando e perfezionando gli schemi compositivi, fino a creare, del suo mondo immaginario, archetipi perfetti e definitivi».
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