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Luigi Magnani negli anni Sessanta in una fotografia di Lotte Meitner-Graf

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Luigi Magnani negli anni Sessanta in una fotografia di Lotte Meitner-Graf

Il museo dell’anima di Luigi Magnani

Quarant’anni di attività della «villa dei capolavori» a Mamiano di Traversetolo

Stefano Luppi

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«Gino Magnani, si sa, tende ad accogliere nella sua casa solo capolavori. A ciascuno, come si dice, il suo gusto. E il suo gusto lo conduce, lo ha sempre infallibilmente condotto, ad aggirarsi sulle tracce di opere in qualche modo uniche, inimitabili, irripetibili». Così Eugenio Riccomini (in La passione e l’arte. Cesare Brandi e Luigi Magnani collezionisti, Allemandi, Torino 2006) descriveva il collezionista, musicologo, docente universitario reggiano Luigi «Gino» Magnani (1906-84) il cui straordinario lascito è rappresentato, appunto, dalla cosiddetta «villa dei capolavori» in località Mamiano.

Qui, nel 1941, la famiglia Magnani acquista dal conte Enrico Zileri-Dal Verme il complesso con un edificio al centro: sarà Gino Magnani a realizzare, nel 1965-67, su progetto dell’architetto bolognese Leone Pancaldi, due corpi aggiunti a entrambi i lati della villa per ospitare le opere d’arte via via acquistate. Nell’aprile 1990 avviene l’apertura al pubblico, ma già nel 1977 il collezionista concepisce la Fondazione che ancora gestisce gli spazi. Villa Magnani festeggia dunque quarant’anni di attività formale (celebrati con una nuova edizione del catalogo generale) e 28 di attività museale ed espositiva, attorno a un nucleo di opere che comprende la notissima «Famiglia dell’infante don Luis» (1783-84) di Francisco Goya, ritratto di corte tra i più affascinanti della storia della pittura. Eccezionali per qualità anche le tre Madonne col Bambino di Filippo Lippi, Albrecht Dürer, Domenico Beccafumi, oltre a lavori di Carpaccio, Ghirlandaio, Rubens, Van Dyck, Tiepolo, Füssli, Tiziano. Opera rarissima è «Le stimmate di san Francesco» di Gentile da Fabriano, parte di uno stendardo processionale, cui si aggiungono sculture di Antonio Canova e Lorenzo Bartolini.

La raccolta è completata da lavori di Leoncillo, Manzù, De Pisis, de Chirico, Guttuso, Burri, Cézanne, Renoir, Matisse, De Staël, Fautrier, Hartung, ma soprattutto da cinquanta opere di Giorgio Morandi, cui si aggiungono pregiati mobili Impero, argenti, pagine miniate, incisioni, ceramiche, tappeti antichi: una raccolta da «principe rinascimentale» ammirata da Federico Zeri, Mario Praz, Cesare Brandi e anche dalla principessa Margaret d’Inghilterra.

L’attuale direttore scientifico è Stefano Roffi che riassume così la figura di Magnani: «Attraversiamo, stanza dopo stanza, la sua “casa della vita”, diventiamo partecipi del suo progetto; ci accorgiamo di trovarci in un museo vivo, non un mausoleo, non un assembramento esanime di oggetti, ma come in una foresta incantata saviniana, che un artificio creativo separa dalla vita immediata sublimandola senza renderla prigione mortifera, per catturare la vita segreta delle immagini riflesse, i volti dei celebri personaggi della cultura e dell’aristocrazia europea del Novecento, di casa a Mamiano, che sembrano riaffiorare dal torbido delle antiche specchiere sopra i camini. Si è realizzato così un museo dell’anima in cui quadri dei grandi maestri del passato, degni dei più importanti musei del mondo, accanto ad antichi e rari arredi, raccontano di sé e della vita di chi li ha raccolti e custoditi, in dialettica formale con alcune delle opere simbolo dell’età contemporanea».

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Stefano Luppi, 09 agosto 2018 | © Riproduzione riservata

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