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Cecilia Paccagnella
Leggi i suoi articoli«Il più surrealista di tutti noi», diceva André Breton di Joan Miró i Ferrà (Barcellona, 1893-Palma di Maiorca, 1983). L’artista, passato alla storia per le campiture sature abitate da esili forme astratte nere, sin dalla giovane età dimostrò interesse per l’arte e, a 27 anni, decise di stabilirsi a Parigi per respirare l’atmosfera pregna delle idee di Picasso e il circolo dadaista prima, e i nuovi venti surrealisti poi.
Miró tornò in Spagna quando la Francia fu invasa dai nazisti, ma non scelse Barcellona, la sua città natale, come luogo in cui vivere. Ciononostante, su richiesta del Comune, lasciò il proprio segno sulla facciata del Terminal 2B dell’aeroporto Josep Tarradellas Barcelona-El Prat per «dare un tocco di modernità». Inaugurato nel 1968, l’ampliamento dello scalo catalano ha visto prendere forma l’opera nel 1970 e, con 60 azulejos al giorno, Miró riuscì a completarla in sei mesi: era il 18 marzo 1971.
Il mosaico, realizzato in collaborazione con il ceramista Josep Llorens Artigas, misura 50 metri di larghezza e 10 di altezza, per un totale di 4.865 elementi rettangolari smaltati, ed è oggi oggetto di riflessione da parte del Ministero della Cultura spagnolo. Per far fronte agli agenti atmosferici e ai segni del tempo, oltre a eventuali azioni dei passeggeri che atterrano a Barcellona, sono state avviate le procedure per dichiarare il murale «Bene di Interesse Culturale» (Bic), nella categoria dei beni mobili, e includerlo quindi in quel gruppo di opere sotto la tutela del Governo che compongono il Patrimonio Storico, regolamentato dalla Legge 16 del 25 giugno 1985: «I beni mobili che fanno parte del Patrimonio Storico spagnolo possono essere dichiarati di interesse culturale. In ogni caso, saranno considerati tali i beni mobili contenuti in un edificio che sia stato oggetto di tale dichiarazione e che sia riconosciuto come parte essenziale della sua storia» si legge all’art. 27.
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