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Il mestiere dell’archeologo | Federico Halbherr

Con Giuseppe M. Della Fina ripercorriamo traguardi e insuccessi di alcuni archeologi che dalla metà dell’Ottocento ad oggi hanno lasciato un diario, un’autobiografia o semplici appunti di ricordi, contribuendo allo sviluppo dell’archeologia come scienza storica

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Giuseppe M. Della Fina

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Per tracciare un ritratto di Federico Halbherr (Rovereto, 1857-Roma, 1930) ho letto il ricordo che Margherita Guarducci, una delle pochissime donne presenti nell’archeologia italiana ai primi decenni del Novecento, scrisse negli «Atti della Accademia Roveretana degli Agiati» (1930-31). Una rivista pubblicata da un’associazione culturale attiva nella città, Rovereto, dove l’archeologo era nato nel 1857, quando il Trentino era ancora austriaco.

Guarducci era allora una studiosa non ancora trentenne, all’inizio di una carriera che l’avrebbe portata a divenire una figura di primissimo piano nell’Antichistica italiana. Halbherr era scomparso da poco più di un anno, a Roma, nel luglio del 1930. Le intense pagine ne ripercorrono le tappe della vita professionale, ma soprattutto riescono a dare un’idea della sua personalità nella valutazione «di una scolara che lo ha profondamente amato come Maestro e come Padre, e ne è stata come figlia riamata», così Guarducci si descrive.

Un aspetto, in particolare, l’allieva sottolinea: «Tutto nella natura gli sembrava mirabile, tutto degno di rispetto e di amore, sino alla fogliolina che non bisognava inutilmente troncare, sino alla formica che non si doveva calpestare». Per quanto concerne l’approccio metodologico al mondo antico, rammenta come l’antichità classica costituisse per lui un tutto organico che «non senza danno si possa dividere e suddividere con geometrica regolarità». Apertura quindi verso gli studi specialistici, ma, al contempo, impegno a non smarrire lo sguardo d’insieme che consente di cogliere «migliori frutti» anche nel proprio ambito di ricerca: un insegnamento valido anche nell’oggi.

Halbherr frequentò il ginnasio nella città natale, poi, nel 1876, si iscrisse all’Università di Roma dove si laureò nel 1880, ma decisiva, nella sua formazione, fu la successiva frequenza del prestigioso Istituto di Studi Superiori a Firenze. Qui incontrò Domenico Comparetti, a cui rimase legato. Nel 1883 era ad Atene, il soggiorno di studio si accompagnò ai primi viaggi in terra greca alla ricerca di epigrafi. Nell’agosto del 1884, a soli ventisette anni, ebbe il merito di scoprire a Gortina, sull’isola di Creta, un’iscrizione eccezionale per rilevanza e relativa alle leggi della città. Il testo venne pubblicato da Comparetti e da Ernst Fabricius.

Halbherr, che nel 1885 aveva ottenuto la cittadinanza italiana, era divenuto un archeologo di fama internazionale e a lui vennero affidati lo scavo del deposito votivo nell’antro di Zeus sul monte Ida (agosto-settembre 1885), le indagini archeologiche nell’antro di Psicro (1886) e nel tempio di Apollo Pizio a Gortina (1887). Alla fine del 1887 ebbe l’incarico di Epigrafia greca presso la Scuola di specializzazione di Roma, divenne quindi professore straordinario dal 1891 al 1904 e quindi ordinario. In quegli anni viaggiò molto in Spagna, in Francia, in Germania, in Inghilterra e negli Stati Uniti per presentare i risultati delle ricerche portate avanti.

I suoi interessi scientifici continuavano a essere incentrati su Creta e nel 1899 divenne direttore della Missione archeologica italiana, la cui istituzione fu favorita da scelte di politica estera. I risultati non mancarono: si possono ricordare, almeno, la scoperta del Palazzo di Festo e i rinvenimenti di Hagia Triada. L’archeologo si batté con successo anche per l’istituzione di una Scuola archeologica italiana ad Atene (1909), la cui direzione venne affidata all’allievo Luigi Pernier.

Sempre Halbherr, tra archeologia e interessi di politica estera, effettuò ricerche in Tripolitania e in Cirenaica e, dopo l’occupazione italiana della Libia, fu incaricato di organizzare il servizio archeologico in quei territori. Nel 1913 ebbe l’incarico di coordinare le esplorazioni a Rodi e nelle altre isole del Dodecanneso, anch’esse annesse all’Italia da poco tempo.



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Giuseppe M. Della Fina, 04 marzo 2024 | © Riproduzione riservata

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