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Il Pupazzo di Neve di Fischli & Weiss: sulla fragilità e sul senso stesso del fare arte

Snowman è un’opera che incarna perfettamente la poetica di Fischli & Weiss: un’arte che nasce dal quotidiano, attraversa l’assurdo e si radica nel tempo reale. Con un gesto semplice e disarmante, il duo svizzero trasforma un simbolo infantile in una meditazione profonda sulla fragilità, sull’impermanenza e sul senso stesso del fare arte

David Landau

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Snowman è una delle opere più emblematiche di Peter Fischli e David Weiss, realizzata nel 1987, nel pieno della loro riflessione sulla precarietà, sull’assurdo e sulla natura effimera delle cose. L’opera raffigura un pupazzo di neve collocato all’interno di uno spazio espositivo, costruito secondo l’immaginario infantile e universale del “snowman”, ma destinato inevitabilmente a sciogliersi. Il lavoro appartiene a una serie di opere in cui il duo svizzero utilizza materiali deperibili e processi temporali reali, introducendo il tempo come agente attivo dell’opera stessa.

Il Snowman non è una scultura nel senso tradizionale: è un evento temporaneo, un processo irreversibile. Il suo scioglimento non è un incidente, ma la condizione stessa dell’opera. Fischli & Weiss trasformano così l’idea di fallimento (lo sciogliersi, il perdere forma) in struttura concettuale. L’opera mette in scena una tensione fondamentale: tra forma e dissoluzione. tra controllo umano e leggi naturali, tra aspettativa di permanenza e accettazione dell’effimero. In questo senso, Snowman diventa una metafora dell’entropia: tutto ciò che è costruito è destinato a decadere. Come in molta parte del lavoro di Fischli & Weiss, l’ironia è sottile, mai didascalica. Il pupazzo di neve è una figura innocua, quasi banale, che appartiene all’immaginario collettivo e infantile. Proprio questa semplicità rende l’opera potente: l’arte non è più un oggetto straordinario, ma un gesto minimo che rivela l’assurdità del nostro desiderio di fissare il mondo. Il Snowman dialoga con altre opere del duo, come Der Lauf der Dinge (The Way Things Go), dove il concatenarsi di eventi evidenzia l’impossibilità di un controllo totale sulla materia.

Collocare un pupazzo di neve in un museo equivale a sabotare l’idea stessa di monumento. Non c’è celebrazione, non c’è durata, non c’è eroismo. Al suo posto troviamo un oggetto fragile, destinato a scomparire sotto gli occhi dello spettatore. In questo senso, Snowman può essere letto come una critica gentile ma radicale all’istituzione museale e al feticismo dell’opera come bene da conservare. Lo spettatore non assiste a una forma compiuta, ma a una trasformazione. L’opera esiste nel tempo dell’osservazione e cambia a seconda della durata dello sguardo. Guardare Snowman significa confrontarsi con l’inevitabilità del mutamento e con la perdita come esperienza condivisa.

David Landau, 26 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

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