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Alessandro Martini
Leggi i suoi articoliIl Museo Nazionale della Norvegia, inaugurato l’11 giugno nel cuore di Oslo, è prima di tutto una straordinaria operazione di politica culturale, realizzata nel corso degli anni e sostenuta da successivi governi e amministrazioni locali, con una forte e qualificante partecipazione del collezionismo privato. Un segnale quindi di come le grandi iniziative, quelle che hanno senso e offrono significato, siano rette da vaste ambizioni e da un chiaro progetto culturale, accompagnati da consenso sociale e politico.
Il megamuseo nasce dalla fusione, approvata e realizzata tra 2003 e 2005, di quattro diverse e storiche istituzioni come il Kunstindustrimuseet (Museo di Arti Decorative e Design), la Nasjonalgalleriet (Galleria Nazionale), il Museet for samtidskunst (Museo d’Arte Contemporanea) e il Nasjonalmuseet-Arkitektur (Museo di Architettura). Questo per dire dell’ampiezza delle collezioni (400mila pezzi) e dei campi di indagine del nuovo museo.
Nel 2008 è stato scelto il sito, a ridosso del porto e all’incrocio del sistema di trasporti pubblici (è infatti previsto un ridottissimo numero di parcheggi per auto); nel 2009 è stato indetto un concorso di architettura, vinto dall’architetto italo-tedesco Klaus Schuwerk; la costruzione è iniziata nel 2014. Costato 61 milioni di euro, il Museo Nazionale della Norvegia è oggi il più vasto museo dell’Europa settentrionale, con una superficie totale di 54.600 metri quadrati (più del Rijksmuseum di Amsterdam).
Su circa 90 sale, solo tre sono dedicate a singoli protagonisti: Edvard Munch, naturalmente (di cui è esposto «L’Urlo»), l’innovativa naturalista Harriet Backer e Sverre Fehn (1924-2009), il principale architetto norvegese del XX secolo. Il museo affronta e soddisfa tutti i temi e gli aspetti di maggiore attualità, non perché di moda ma in quanto sostanziali, e lo fa con attenzione e naturalezza nordica: dalla parità di genere alla sostenibilità, fino all’inclusività delle minoranze.
Dal punto di vista energetico, il museo è stato progettato per avere una «carbon footprint» pari alla metà di quella di ogni altro analogo museo e l’acqua proveniente dal vicino fiordo è utilizzata per riscaldamento e raffrescamento. Le strutture utilizzano acciaio riciclato. Una grande caffetteria interna comprende anche un vasto e piacevolissimo luogo di sosta per il pubblico, arricchito dall’enorme parete di Sol LeWitt «Wall Drawing #839». Non manca il «luogo spettacolare», richiesto a ogni megamuseo per essere davvero iconico: la Light Hall alla sommità dell’edificio, destinata ad accogliere progetti speciali sul modello della Turbine Hall della Tate Modern di Londra, è un enorme parallelepido che si illumina al calare del sole, grazie alle pareti di sottili lastre di marmo traslucido.
Oggi il nuovo museo entra a far parte della straordinaria collezione di grandiose architetture pubbliche di Oslo che, insieme al Museo Munch inaugurato lo scorso anno, al Teatro dell’Opera (2007) e al Museo Astrup Fearnley (2012), hanno trasformato la città in un’attrazione turistica globale. Anche in questo caso grazie a una visione strategica ambiziosa e rinnovata negli anni.
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Il Museo Nazionale della Norvegia a Oslo
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