Veduta del progetto site specific «Welcome to Barerarerungar» di Maree Clarke

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Veduta del progetto site specific «Welcome to Barerarerungar» di Maree Clarke

Gli indigeni ci osservano

Nel Mad Murate Art District di Firenze Maree Clarke esplora il tema della cultura aborigena toccando luoghi inediti del continente australiano

Dal 12 aprile al 28 luglio il Mad Murate Art District dedica, in collaborazione con il Museo di Antropologia ed Etnologia-Sistema Museale di Ateneo, una mostra al progetto site specific «Welcome to Barerarerungar» di Maree Clarke (1961), a cura di Valentina Gensini, direttrice del Mad, e di Renata Summo O’Connell, esito di una residenza presso il museo. Australiana, indigena, discendente dei Mutti Mutti, Yorta Yorta, Wamba Wamba e Boon Wurrung, Clarke affronta il tema della cultura aborigena, che rientra nel dibattito decoloniale, ma toccando qui luoghi più inediti, meno valorizzati, quali l’area sud est del continente. 

Fuggendo i cliché dell’approccio tribale, Clarke tiene a recuperare, attraverso pratiche multimediali, la sapienza ancestrale di uno dei popoli più antichi della terra, suscitando una consapevolezza ecologica e ecosofica: tra le sue produzioni sono infatti anche gioielli (esposti pure al V&A a Londra) realizzati con materiali naturali per un percorso di riappropriazione di rituali a rischio di oblio, da esplorare nella loro ricchezza simbolica. A Firenze, dove ha lavorato con studenti dell’Accademia di Belle Arti e dell’Università (a cui si deve un contributo insieme a quello della Fondazione Cr), si è subito recata, ci racconta Gensini, sulle rive dell’Arno per trovare ciò con cui realizzare le collane sacrali, canne di bambù tinteggiate e intrecciate con piume che creano un legame tra due culture, pur così lontane: la sua mostra rientra infatti nel «Progetto Riva», oltre che in quello «Fuori Sede»

Clarke coinvolge nei cerimoniali tutto il suo clan, la sua famiglia, che è infatti protagonista dei ritratti in grandi dimensioni che occupano gli imbotti delle finestre del primo piano del Palazzo Nonfinito di via del Proconsolo (sede del Museo di Antropologia). Altre immagini si trovano sulle facciate delle antiche carceri del Complesso delle Murate, «ribaltando lo sguardo, ovvero essendo non noi a osservare gli indigeni ma loro a osservarci», spiega ancora Gensini. 

Sulla facciata del Mad vi sono invece proiezioni video con maschere bianche che simboleggiano il lutto, la perdita d’identità, della terra, delle tradizioni culturali e della lingua. Infine, nel museo è esposto il video frutto dello studio compiuto da Clarke presso il Centro Istologico del Dipartimento di Biologia dell’Università di Melborune su centinaia di immagini microscopiche di canne di bambù, stampe translucenti di 180 vetrini e soundscape realizzati in Australia anche da altri artisti. 

Nel comitato scientifico è presente anche un’altra indigena, Jessica Clark, dell’Australian Centre for Contemporary Art (Acca) uno dei centri, insieme a Creative Victoria, e TarraWarra Museum of Art, che hanno premiato Clarke artista dell’anno 2023 con il prestigioso Yalingwa Fellowship

Laura Lombardi, 12 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

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Gli indigeni ci osservano | Laura Lombardi

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