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Guido Mazzoni, «Busto di fanciullo», circa 1498, terracotta dipinta

© Royal Collection Enterprises Limited 2025 Royal Collection Trust

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Guido Mazzoni, «Busto di fanciullo», circa 1498, terracotta dipinta

© Royal Collection Enterprises Limited 2025 Royal Collection Trust

Finalmente catalogata la sterminata collezione di sculture del re d’Inghilterra

Quattro volumi, 1.600 pagine, 1.311 schede, 2mila illustrazioni per circa 1.800 opere d’arte europea dal XV alla fine del XX secolo: un lavoro destinato a divenire indispensabile strumento per gli specialisti del settore in tutto il mondo 

David Ekserdjian

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Il progetto di catalogare scientificamente gli innumerevoli tesori della Royal Collection britannica fu lanciato negli anni Trenta del Novecento. C’è voluto quasi un secolo per la pubblicazione dell’enorme maggioranza delle sculture della collezione in quattro immensi e autorevoli volumi di Jonathan Marsden. L’aggettivo «europeo» nel titolo indica che le sculture provenienti da altri continenti vengono qui escluse e che le opere classiche e di scultori europei ancora viventi sono ugualmente assenti. Poiché le sculture sono distribuite nelle numerose residenze reali tra oggetti normalmente accessibili al pubblico e quelli in spazi privati, con ogni probabilità Marsden è l’unica persona ad aver visto tutti questi pezzi, e sono moltissimi. Non deve sorprendere se abbia iniziato le sue ricerche nel lontano 1996: le oltre 1.600 pagine del catalogo vantano non meno di 1.311 schede, ma è importante aggiungere che alcune di queste includono più di un’opera (ad esempio, la n. 531 comprende 30 statuette), e che quindi l’ammontare degli oggetti è di gran lunga superiore.

Inevitabilmente, non tutte queste sculture sono capolavori, e in generale il livello qualitativo ha il suo apice nel Cinquecento, per poi scemare attraverso i secoli. Infatti, un adorabile busto in terracotta policromo e dorato di un fanciullo ridente (scheda n. 4 del catalogo) ha pochi rivali nella collezione. L’autore è Guido Mazzoni (ca 1445-1518), scultore modenese il cui domicilio tra 1495 e 1516 fu Parigi, ma che fu anche incaricato di eseguire un progetto per la tomba del re Enrico VII d’Inghilterra, monumento realizzato successivamente da Pietro Torrigiano. Tre schede dopo, arriviamo alla statuetta in bronzo di un «Satiro» dalla mano di Benvenuto Cellini. Questo pezzo fu riscoperto non molti anni fa, durante un controllo d’inventario a Buckingham Palace nel 2002, e immediatamente riconosciuto come un modello per uno dei due satiri che campeggiavano al posto delle colonne per sostenere la «Porte dorée» nel Castello di Fontainebleau. 

Ricerche d’archivio hanno rivelato che nel 1826 era nel deposito a Carlton House, un’altra residenza reale, in compagnia del suo gemello, che ora si trova al J. Paul Getty Museum a Los Angeles. Erano a Windsor Castle nel 1875, considerati di nessuna importanza, ma non si sa quando e come il «Satiro» Getty sia partito dalla collezione.

Benvenuto Cellini, «Satiro», circa 1545, bronzo. © Royal Collection Enterprises Limited 2025 Royal Collection Trust

Benvenuto Cellini, «Satiro», circa 1545, bronzo, già nelle collezioni di Windsor Castle fino al 1875, ora al Getty Museum di Los Angeles. © Royal Collection Enterprises Limited 2025 Royal Collection Trust

Il «Satiro» non è l’unico bronzo rinascimentale di grande valore nella raccolta. Tra i migliori vi sono tre busti di eminenze spagnole (Carlo V, Filippo II e il Duca d’Alba) alti quasi un metro, di Leone Leoni, varie fusioni precoci ed eccellenti di invenzioni di Giambologna e due pezzi unici di Adriaen de Vries: un gruppo firmato di «Teseo e Antiope» e un rilievo che rappresenta «Rodolfo II che introduce le arti in Boemia». È notevole che Marsden non sovrastimi mai le opere e sia al contrario piuttosto severo: un busto di Caterina de’ Medici, regina di Francia, viene cautamente «attribuito» a Germain Pilon, mentre il busto di Carlo I d’Inghilterra di Hubert Le Sueur è giudicato di «mediocre qualità».

Passando al Barocco e oltre, c’è la statua equestre in bronzo a grandezza naturale di Carlo II di Grinling Gibbons, meglio noto per le sue opere in legno; purtroppo, manca il busto di Carlo I in marmo di Gianlorenzo Bernini, basato su un triplo ritratto del re fatto apposta per la scultura da Van Dyck, distrutto in un incendio a Whitehall Palace nel 1698. In compenso, da Oltremanica, ci sono due maestosi busti in marmo di Antoine Coysevox e un vigoroso bronzo di «Luigi XIV a cavallo» da un modello di François Girardon. Per di più, John Michael Rysbrack e Louis-François Roubiliac, i due grandi ritrattisti attivi in Gran Bretagna nel Settecento, ostentano le loro discrete forze. 

Gli ultimi veri capolavori nella collezione sono tre marmi imponenti di Antonio Canova, la «Naiade giacente», «Dirce» e, soprattutto, il gruppo di «Marte e Venere», tutti collocati nella Marble Hall a Buckingham Palace. Il maestro di Possagno era venuto a Londra verso l’inizio del novembre 1815 in cerca di assistenza finanziaria per il ritorno delle antichità asportate dall’Italia da Napoleone e si era accordato con il principe reggente che avrebbe fatto un gruppo in marmo per Carlton House. 

Per il resto dell’Ottocento e tutto il Novecento, moltissimi pezzi vennero aggiunti alla collezione: alla regina Vittoria interessava soprattutto il soggetto e così, a discapito del valore artistico, ha acquisito moltissime opere che ritraevano membri della famiglia, illustri britannici, storici ma anche contemporanei, e animali da compagnia, con ogni probabilità più amati di qualsiasi primo ministro. Arrivando quasi all’altro ieri, a rappresentare il dopoguerra ci sono tre bronzi di modernisti eminenti, Henry Moore, Barbara Hepworth e Anthony Caro, frutto di donazioni e non scelti da uno o più membri della famiglia reale.    

European Sculpture in the Collection of His Majesty the King, a cura di Jonathan Marsden, I-IV voll., 1.656 pp., 1.986 ill. col., Modern Art Press in associazione con la Royal Collection Trust, Londra 2025, £ 350

David Ekserdjian, 16 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

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