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David Ekserdjian
Leggi i suoi articoliSecondo il suo autore, David Landau, autorità di livello mondiale in materia di stampe rinascimentali lo scopo di questo imponente libro, frutto di anni di ricerche, doveva essere circoscritto. Si tratta invece una innovativa indagine sull’arte del rinascimento, soprattutto in Italia. L’autore si proponeva di comprendere se, e fino a quale punto, i viaggi di artisti italiani e stranieri e delle loro opere all’interno e fuori i loro paesi potessero aver determinato cambiamenti nel panorama artistico del periodo. Per fare questo si è imposto precisi limiti cronologici, fissati fra 1497 e 1506. L’anno cruciale è comunque il 1506, con la morte di Andrea Mantegna, la presenza di Albrecht Dürer a Venezia e la creazione della Biblioteca Piccolomini nel Duomo di Siena.
Inevitabilmente, data la vastità del tema, è stato necessario fare delle scelte, ma i risultati sono tuttavia sempre illuminanti. Landau ha dimostrato una rara acribia nello scrivere questo libro, e ha basato i sui argomenti su dati concreti (documenti di epoca, lettere e scritture originali, statistiche di vario tipo) che inducono a riflettere. Chi avrebbe immaginato, ad esempio, che un terzo di tutti i libri pubblicati in Italia prima di 1500 fossero già illustrati?
Il primo capitolo si concentra sul lato pratico dei viaggi degli artisti e sulla movimentazione degli oggetti d’arte, sottolineando le difficoltà affrontate dai pittori e dalle loro creazioni quando dovevano spostarsi. Le opere d’arte di valore, sia antiche che contemporanee, venivano accuratamente imballate e trasportate via terra sui fiumi o su strade insidiose, attraversando monti e valli, o via mare lungo le coste, aggirando abilmente le turbolenze politiche, gli stati in guerra e le ricorrenti pestilenze. Molte volte, il mare o i canali rappresentavano le soluzioni migliori per viaggiare e da questo scaturiva il prestigio dei porti, soprattutto di quello di Venezia.
I cinque capitoli principali del volume si dividono tra indagini di ampio respiro sulla pittura,la scultura, e i Movables and Multiples (oggetti movibili e multipli). come disegni e stampe, gemme, targhe o medaglie, che potevano servire a una varietà di scopi: diplomatici, nuziali, religiosi, sociali, amicali. Non mancano considerazioni circa il mecenatismo di Isabella d’Este, marchesa di Mantova, e il soggiorno di Dürer a Venezia.
Nel secondo capitolo, la pittura viene rappresentata dai Frescanti erranti (il titolo è in italiano), e si concentra su pittori come Pinturicchio, Signorelli, e Sodoma. Gli artisti dovevano spostarsi spesso, anche con le loro famiglie e botteghe, da una città all’altra, da una corte all’altra, da un monastero all’altro, alla ricerca di lavoro, mecenati e progetti di prestigio e raggiungere i luoghi in cui era stato loro commissionato il lavoro anche se disagiati.
Nel capitolo sulla scultura, Sculptors’ Toil (fatiche di scultori), l’approccio è totalmente diverso, e si avvicina a quello del primo capitolo, esaminando il duro lavoro fisico degli scultori, e la sfida del trasporto delle loro opere monumentali in marmo e in bronzo. Lasciando perdere le opere destinate a città lontane, ricordiamo che il David di Michelangelo, fu scolpito a 500 metri dalla sua destinazione finale in Piazza della Signoria; quaranta uomini e una struttura speciale su rotaie,trasoportrono il gigante di marmo a destinazione partendo il 14 maggio e arrivava in Piazza solo l’8 giugno 1504.
Passando ai Movables and Multiples, la grande sorpresa è che, almeno in Italia (per citare Walter Benjamin), le opere d’arte non erano nel tempo considerato ancora arrivate alla fase della loro riproducibilità tecnica. Al contrario della Germania di Dürer, dove verso il 1506 le stampe erano molto diffuse in Italia la loro distribuzione era infatti ancora limitata e le maioliche non erano ancora piene di figure tratte da incisioni o xilografie, soprattutto derivanti da invenzioni raffaellesche. Ugualmente, la grande stagione della fusione indiretta in bronzo era ancora da venire. È vero che ogni tanto scultori come Antico e Riccio hanno eseguito più di un’esemplare di certi loro bronzetti, ma non erano mai identici. Per Isabella d’Este e Dürer, come sempre Landau insiste sugli eventi delle loro vite quotidiane, utilizzando le loro lettere per oltrapassare i loro rapporti coll’arte, creando una visione complessa e multidimensionale. In generale, non si può criticare Landau per le omissioni, spesso necessarie, ma, a mio parere, c’è un’eccezione. Lo studioso dedica quasi cento pagine a Dürer a Venezia, ma mantiene una posizione neutra sulla vexata quaestio della possibilità che l’artista avesse già visitato la Serenissima verso 1495: l’argomento è difficile e controverso e Landau, volutamente, forse con un sorrisetto beffardo, ci lascia nel dubbio.
Art on the Move in Renaissance Italy,
di David Landau, 464pp., 250 ill. Ad Ilissum, Londra, 2025, € 60
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