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«Madonna con Bambino e i Santi Giacomo e Gottardo» (1497; particolare), di Daniele de Bosis, Biella Piazzo, Chiesa parrocchiale di San Giacomo

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«Madonna con Bambino e i Santi Giacomo e Gottardo» (1497; particolare), di Daniele de Bosis, Biella Piazzo, Chiesa parrocchiale di San Giacomo

Duecento uova per gli affreschi di Daniele de Bosis

Uno studio di Claudia Ghiraldello getta nuova luce su una famiglia di pittori attiva fra Lombardia e Piemonte fra fine Quattrocento e primo Cinquecento

Arabella Cifani

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Un libro di Claudia Ghiraldello, pubblicato recentemente dalla casa editrice Allemandi, affronta un caso artistico pieno di sorprese: quello di Daniele de Bosis e dei suoi figli, Arcangelo e Francesco, titolari di un’attivissima bottega. Daniele de Bosis era di origine milanese, cittadino di Novara, ma abitante a Biella. Il pittore fu attivo fra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, e, unitamente ai figli (che prolungarono l’attività della bottega fin verso il 1530) fu interprete sensibile di quella cultura figurativa tardogotica che spaziava fra gli antichi Stati Sabaudi e la Lombardia, senza i confini attuali.

Daniele è documentato per la prima volta il 19 maggio 1479 in un contratto, stipulato a Biandrate, per eseguire affreschi nella chiesa prepositurale di San Colombano a fianco di altri artisti novaresi fra cui è anche Tommasino Cagnola, il più importante pittore di Novara alla fine del Quattrocento. Il contratto era precisissimo e prevedeva una decorazione complessa e imponente che purtroppo è andata perduta. Vi erano un Agnus Dei, Dio Padre, Quattro dottori della Chiesa, dodici Profeti, i santi Sebastiano e Fabiano, l’Annunciazione, le Storie della passione di Cristo con la Crocefissione e pure le Sette opere di misericordia. Tutto l’armamentario devozionale del Quattrocento era steso sulle pareti e averlo perduto è cosa assai grave.

Nel 1490 Daniele si sposta alla corte sforzesca, faro di attrazione per tutti gli artisti del Nord Italia (e non solo), considerata la quantità di soldi che ci giravano intorno (i milanesi già allora non badavano a spese). Nel dicembre del 1490, «Magistro Daniello cum soi compagni», deve partecipare ai programmi decorativi messi in pista in occasione delle nozze di Beatrice d’Este con Ludovico il Moro e di Anna Sforza con Alfonso d’Este: dovette essere una gran cosa ma ne rimangono solo racconti. Il pittore riappare nel 1496, a Biella, in casa dell’illustre giureconsulto e consigliere del duca di Savoia, Giacomo Dal Pozzo a cui deve dipingere le pareti della sua cappella di famiglia nella Chiesa di San Giacomo a Biella Piazzo. Per lo stesso Dal Pozzo deve anche eseguire una pala d’altare (che firmerà e daterà nel 1497) e che fortunatamente si è salvata ed è ancora in loco.

Il documento per il Dal Pozzo è ricco di dettagliate prescrizioni (un caso raro nell’arte di quel tempo) e per la prima volta definisce l’artista come originario di Milano, cittadino di Novara, residente a Biella. Il committente voleva raffigurata al centro la Madonna con Bambino, con un mantello azzurro di cinabro decorato con fioroni e profili aurei, anche per gli altri due santi si davano indicazioni precise fra stoffe di broccato e decori dorati con il committente vestito dei suoi abiti migliori. Daniele fu pagato bene: 30 fiorini di contratto, più vino e segale, e poi ancora altri 48 fiorini per aver dato il colore a tutta la cappella, Per dipingere gli furono consegnate anche 200 uova da usare come legante dei colori, mentre la terra verde arrivava da Ivrea e altri colori da Milano. Al pittore spettarono anche un paio di scarpe e del vino da bere mentre lavorava. Per i tempi fu un trattamento quasi principesco.

Il polittico, caposaldo della sua arte, evidenzia la cultura tardogotica di De Bosis con accenni tuttavia all’uso di una più moderna prospettiva, al gioco delle luci e delle ombre e i piccoli influssi da Giovanni Martino Spanzotti. Nel 1509 Daniele muore e lascia un ricco patrimonio a Novara con molte case in proprietà e proventi di affitti.
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De Bosis fu anche però, e soprattutto, un frescante e il libro si sofferma molto attentamente su questo fatto. A lui spettano i vivaci affreschi nell’abside dell’Oratorio di San Rocco a Montalto di Mezzana Mortigliengo (Biella), firmati e oggi correttamente datati. L’elenco degli affreschi attribuiti a Daniele è lungo, ma nel libro se ne può seguire benissimo lo sviluppo con una serie, ad esempio, di delicate Madonne con Bambino piene di dolce grazia e di eleganza.

Dopo la morte del pittore l’attività fu continuata dai figli e fu un’attività vasta ma di qualità più modesta, che continuava lo stile del padre senza innovazioni. Arcangelo è ricordato a Novara dal 1505 al 1510 per atti amministrativi ma nel 1520 abitava a Biella e fu attivo fino al 1528. Difficile riconoscere la mano dell’altro fratello, Francesco che lavorò nel 1523 nel castello di Gattinara per il cardinale Mercurino, gran cancelliere di Carlo V.

Gli affreschi dei De Bosis avevano soprattutto il preciso scopo di indurre i fedeli alla preghiera e alla meditazione sui temi sacri. Daniele, che aveva frequentato la corte degli Sforza, una delle più grandi corti rinascimentali d’Italia, era però anche molto attento alla moda, come dimostrano, ad esempio, i due santi Gervasio e Protasio in farsetto corto, calzamaglia rossa, capelli inanellati a caschetto e cappellino che gli sono stati attribuiti e che si trovano nella Sala della Maddalena, ex vecchia canonica del Duomo, a Novara; oppure in quel damerino di San Bovo dipinto per la Chiesa della Madonna del Latte di Gionzana.

Nelle pagine del libro scorrono belle stoffe di broccato ricamate a motivi a melagrana, acconciature con riccioli creati ad arte o con trecce attorcigliate sul capo insieme a nastri per donne molto vezzose, sandaletti modernissimi in legno simili a modelli che ancor oggi usiamo, e poi committenti sussiegosi, inginocchiati e compunti nei loro vestiti della festa.
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Non mancano poi eleganti insiemi decorativi, belle nature morte, e raffigurazioni di animali osservati con occhio affettuoso come i due tenerissimi coniglietti dipinti da Daniele nel 1488 per la Chiesa della Madonna del Latte, di Gionzana che pare vogliano parlare.

Anche i figli dipinsero comunque cose, tutto sommato, graziose, come i teschi di zucchero di un «Memento mori» del 1515, per la chiesa parrocchiale di San Pietro a Castellengo. Che tutto fanno meno che paura. Ma la raffigurazione forse più curiosa e di effetto dei figli di De Bosis è quella del martirio di una prosperosa Sant’Agata a cui due aguzzini tagliano i tondi seni come se stessero tagliando fette di uno di quei bianchi e morbidi formaggi tipici delle loro terre (la santa resta comunque indifferente al taglio e ci guarda con occhi sereni e un mezzo sorrisetto).
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La monografia, frutto di una lunga e approfondita ricerca, è occasione per offrire una preziosa sottolineatura dello scenario pittorico del secolo XVI  fra Piemonte e Lombardia e ha il merito di ricostruire il percorso di un gruppo di artisti minori ma dotati comunque di diligenza, bravura tecnica, senso del colore.

Il fatto che nella loro arte siano poche le innovazioni pittoriche non deve inficiare il giudizio sui De Bosis. L’arte è fatta non solo dai grandi nomi, ma anche da quelli più piccoli, che, come in questo caso, riemergono dall’oscurità e tramandano con il proprio linguaggio, stilemi e motivi di un’epoca e di un mondo culturale, raccontano di un tempo, per noi lontanissimo, sospeso tra quotidianità e trascendenza. Le loro opere vivono al di fuori del circuito mediatico e delle mostre e sono sparse nel territorio in luoghi di culto, chiese, pievi, cappelle, spesso ubicate in luoghi incantati e poco conosciuti. Una occasione per acquisire una maggiore consapevolezza sulla preziosità e fragilità dei nostri beni culturali e un invito a viaggi alternativi nella storia dell’arte.

Daniele de Bosis e la bottega dei suoi figli
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di Claudia Ghiraldello, 204 pp., ill., Allemandi, Torino 2022, € 48,00

Il 17 gennaio 2024 alle ore 16 presso la Sala Conferenze di Palazzo Reale a Milano (piazza Duomo 14, III piano), si terrà il talk «La comunicazione del potere. Daniele de Bosis e la bottega dei suoi figli», cui parteciperanno Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura del Comune di Milano, Riccardo Bosa, Vicesindaco del Comune di Pandino, Domenico Piraina, Direttore Centrale della Cultura e Direttore di Palazzo Reale, Simone Percacciolo, Responsabile per la Valorizzazione e Promozione del Palazzo, e l'autrice del libro Claudia Ghiraldello.

Arabella Cifani, 16 gennaio 2024 | © Riproduzione riservata

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