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Giuseppe M. Della Fina
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Stamani sono arrivato sullo scavo con un autobus: vi sono alcune corse di due linee urbane che, da Orvieto centro, come da altri quartieri della città, arrivano nei pressi, poi si deve proseguire a piedi per 300 metri circa. Mi sono chiesto il motivo per cui l’ho fatto mentre raggiungevo l’area archeologica: volevo dimostrare a me stesso che il quotidiano, il nostro presente, non è così lontano dal passato. Le due dimensioni possono incontrarsi, in una qualche misura, convivere. Un archeologo ha bisogno ogni tanto di verificare tale consapevolezza acquisita negli anni di formazione, di sentirsi rassicurato sulle scelte di fondo della sua vita, mi verrebbe da scrivere.
Sono arrivato a destinazione: oggi sullo scavo sono presenti anche alcuni restauratori che, ottenuta l’autorizzazione da parte della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, consolideranno e poi asporteranno una fornace etrusca per assicurarne la conservazione. La fornace dovrebbe divenire visibile in seguito negli spazi del costituendo Museo della Tradizione Ceramica, che sta nascendo a Orvieto e avrà sede all’interno di Palazzo Simoncelli in Piazza del Popolo.
Essa era stata impiantata nell’area dove era sorto il monumentale tempio B, andato distrutto durante gli scontri che portarono alla conquista romana di Velzna nel 264 a.C., che va considerato (avendo previsto la distruzione della città e la deportazione degli abitanti) uno degli interventi più duri effettuati da Roma nella penisola italiana. Combattimenti a ridosso dell’edificio sacro e anche al suo interno sono testimoniati dalle numerose ghiande missili (i proiettili del tempo) rinvenute.
La fornace va messa in relazione con una bottega di ceramisti che produsse prevalentemente vasi in ceramica a vernice nera e acroma, rimanendo attiva da poco dopo l’evento bellico sino agli inizi del II secolo a.C.

Archeologa al lavoro nella zona del possibile nuovo ingresso al santuario in epoca romana. Cortesia Associazione Campo della Fiera
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Il Fanum Voltumnae, quello che è stato il santuario federale degli Etruschi, è caratterizzato infatti da una fase di epoca romana rilevante. Questo era emerso già in maniera significativa nelle precedenti campagne di scavo, ma in questi giorni il quadro si sta modificando e arricchendo.
Ho accennato già ieri che la Via Sacra e la strada che dal santuario portava alla nuova città, voluta dai Romani, in prossimità del lago di Bolsena, sembrano incontrarsi tra loro in un punto diverso da quello che si ipotizzava. Inoltre, nella zona del loro incrocio, dovrebbe essere stato individuato un ingresso al santuario diverso da quello di epoca etrusca e realizzato in età sillana. Qui sta seguendo i lavori l’archeologa Sara Simonetti.
Un accesso differente comporta, come è facile immaginare, un cambiamento profondo nella fruizione dell’area, ma che resta in funzione da prima degli interventi di ristrutturazione di epoca augustea ben conosciuti e coerenti con la politica di recupero delle antiche tradizioni portata avanti da Augusto e dal suo consigliere Mecenate, etrusco di origine e discendente da una gens aristocratica di Arezzo.

Fornace etrusca in attività dalla metà del III agli inizi del II secolo a.C. Cortesia Associazione Campo della Fiera
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A proposito della sponda volsiniese del lago di Bolsena, non va dimenticato che la presenza etrusca vi era già significativa e che lì si trovavano forse gli interessi di una delle famiglie aristocratiche che avevano chiesto inizialmente l’intervento di Roma per essere rimesse al potere, pur non potendo prevedere un esito così disastroso.
La testimonianza di una fase romana precedente agli anni di Augusto è stata recuperata anche in un’altra zona dell’area di scavo, sulla quale ci soffermeremo in maniera dettagliata nei prossimi giorni. Qui sono state rinvenute ben 120 tombe che vanno dalla seconda metà del VI al XIII secolo d.C. e quindi ben lontane cronologicamente dalle testimonianze etrusche e romane. Ma gli archeologi medievali, coordinati da Danilo Leone (Università di Foggia), nello scavarle si sono resi conto che alcune hanno tagliato strati che possono essere datati al II-I secolo a.C. In particolare, hanno intercettato, in successione, dal basso, una platea con lastre in tufo di epoca etrusca, un pavimento in cementizio con motivo a stuoia del II secolo a.C. e un altro pavimento in cementizio degli anni di Silla.
Di nuovo segni d’interventi anteriori all’epoca augustea e sempre meno lontani dagli eventi del 264 a.C., a suggerire che il santuario risentì sicuramente e in maniera pesante dello sconvolgente mutamento politico, istituzionale e sociale, ma riuscì a sopravvivere al vento della storia che lo aveva attraversato. Riuscirà, come vedremo, a farlo anche quando sopraggiungeranno mutamenti ancora più profondi con la fine del mondo classico e della religione pagana.

Una platea con lastre in tufo di epoca etrusca e, al di sopra, pavimenti di II e I secolo a.C. Cortesia Associazione Campo della Fiera
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