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Michela Moro
Leggi i suoi articoliCon le difficoltà odierne di fruire dell’arte dal vivo l’esposizione dell’asta di Arte moderna e contemporanea da Finarte a Milano diventa un godibile episodio fuori norma, in attesa della vendita che si tiene il 15 aprile. All’asta 265 lotti (135 dipinti, 41 sculture, 74 disegni, 4 ceramiche, 7 multipli e 3 stampe) che possono essere acquistati sulle diverse piattaforme, al telefono, con offerte scritte; gli addetti ai lavori hanno possibilità di accesso alla grande sala di via Paolo Sarpi, sempre secondo le disposizioni di legge.
Uno dei pezzi più rilevanti è il Crocifisso in terracotta smaltata di Lucio Fontana del 1947, stimato 90-120mila euro; interessanti anche la ceramica bianca di Ilya Kabakov, «Charles Rosenthal 1913 Pianista e Musa» (2001) stimata 80-100mila euro, e la composizione scultorea di Claudio Parmiggiani, «Natura morta che dorme» del 1981 (50-70mila). Sempre tra le opere tridimensionali spicca la scultura di Fausto Melotti, «Scultura H (La clavicola)» del 1971(40-60mila), bozzetto della monumentale «Grande Clavicola» installata al Mart di Rovereto. Dell’artista, nato proprio a Rovereto, è offerta anche una serie di carte e di ceramiche.
Tra i dipinti, da segnalare l’acrilico su tela «T 1976-E 18» (1976) di Hans Hartung, stimato 80-120mila euro, e il vibrante «Grille 5» (1964) di Piero Dorazio (50-70mila), una delle cinque opere in asta dell’artista romano. Tra i maestri del ’900 sono presenti un olio su tela, «Senza titolo» (80-100mila), di Max Ernst della metà degli anni Quaranta, una raffinata «Natura morta» a matita su carta di Giorgio Morandi (20-30mila) e un dipinto di inizio anni Sessanta di Giorgio de Chirico, «Testa di cavallo», stimato 25-35mila euro.
L’asta percorre tutta la storia del ’900, dai Futuristi come Umberto Boccioni con «Testa femminile» del 1908-09 (40-60mila), Gino Severini con «La Danseuse» del 1954 (18-20mila), a Giacomo Balla, Fortunato Depero e Enrico Prampolini passando per George Grosz fino a una grande composizione di Roberto Sebastian Matta, «Senza titolo» del 1957 (65-80mila), e una scultura di Miguel Berrocal, «Petit Fer, Opus n. 3» del 1955 (30-40mila).
Proviene dalla collezione di Arturo Schwarz il lavoro di Emilio Isgrò, «Enciclopedia Treccani Volume XV (Professore, Foglie)» del 1970 (40-60mila), mentre compariva già in una pubblicazione italiana del 1971 la grande opera di Bernar Venet «Waiting for a breakthrough or two» del 1969 (20-30mila). Meglio dal vivo che in foto la scultura in vetro di Lucio Fontana e Osvaldo Borsani, utilizzata come anta di mobile a ribalta all’inizio degli anni Cinquanta, stimata 30-40mila euro.
Molte dediche ai proprietari nelle opere da una importante collezione privata, incentrata sulla Pittura analitica; curiosa l’«Amalassunta» di Osvaldo Licini disegnata su una pagina de l’Unità nel 1946 (4-6mila), in compagnia di Rodolfo Aricò, Giorgio Griffa, Giacinto Cerone, Giuseppe Maraniello, Nunzio Di Stefano e Giuseppe Uncini.
Si capisce che Lorenzo è figlio d’arte dalla scultura in bronzo del padre, l’attore Anthony Quinn (5-7mila), mentre l’opera che mette più di buonumore è certamente «Senza titolo» (1984) di Tano Festa (5-7mila): una grande pioggia di coriandoli su sfondo rosso.

«Crocifisso» (1947) di Lucio Fontana (stima 90-120mila euro)

«Natura morta che dorme» (1981) di Claudio Parmiggiani (stima 50-70mila euro)

«Senza titolo» (1945 ca) di Max Ernst (stima 80-100mila euro)
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