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La Pietà Bandini di Michelangelo durante il restauro. Courtesy Opera di Santa Maria del Fiore, foto Alena Fialová

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La Pietà Bandini di Michelangelo durante il restauro. Courtesy Opera di Santa Maria del Fiore, foto Alena Fialová

Concluso il restauro della Pietà Bandini

La pulitura della scultura incompiuta di Michelangelo e le indagini diagnostiche consentono nuove letture dell'opera

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Laura Lombardi

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Giunge a compimento il restauro della «Pietà» di Michelangelo conservata al Museo dell’Opera del Duomo avviato nel novembre 2019, interrotto più volte durante la pandemia da Covid-19. Tuttavia l’Opera di Santa Maria del Fiore ha deciso di non smontare l’impalcatura del cantiere fino al 30 marzo per permettere al pubblico, con delle visite guidate, di avere una visione unica e irripetibile della scultura.

Il restauro è stato compiuto grazie alla donazione della Fondazione non profit Friends of Florence, sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza ABAP per la Città Metropolitana di Firenze e le Province di Pistoia e Prato, e affidato alla restauratrice Paola Rosa, con una trentennale esperienza su opere di grandi artisti del passato tra cui Michelangelo, con la collaborazione di Emanuela Peiretti, coadiuvate da un’equipe di professionisti interni ed esterni all’Opera.

Dalle indagini diagnostiche è emerso che si tratta di un marmo proveniente dalle cave di Seravezza (Lu) di proprietà medicea: Giovanni de’ Medici, futuro papa Leone X, aveva ordinato a Michelangelo di utilizzarne i marmi per la facciata della Chiesa di San Lorenzo a Firenze e di aprire una strada per trasportarli al mare. Resta però un mistero il perché questo enorme blocco di marmo fosse a disposizione di Michelangelo a Roma tra il 1547 e il 1555.

Grazie al restauro è stato per la prima volta possibile confermare quanto Vasari scrive nelle Vite ovvero che il marmo utilizzato fosse difettoso, pieno d’impurezze e che «faceva fuoco». Sono emerse infatti numerose microfratture, in particolare una sulla base che appare sia davanti sia dietro. Si può ipotizzare che Michelangelo, mentre scolpiva il braccio sinistro di Cristo e quello della Vergine, abbia deciso di abbandonare l’opera e donarla al suo servitore Antonio da Casteldurante il quale, dopo averla fatta restaurare da Tiberio Calcagni, la vendette al banchiere Francesco Bandini per 200 scudi, che la collocò nella sua villa romana a Montecavallo.

I materiali incongrui applicati nel tempo per nascondere la difformità di una lavorazione pervenuta a gradi diversi di compiutezza e i cospicui residui di gesso utilizzato per il calco del 1882, su cui per rimediare erano state applicate delle cere, sono stati asportati utilizzando tamponi di cotone imbevuti di acqua deionizzata e leggermente riscaldata e solo in alcuni casi ricorrendo al bisturi. Così ora, accanto alle zone dove il marmo è appena sbozzato, parti finite emergono con chiarezza consentendo anche letture diverse dell’opera.

Nel corpo di Cristo, ad esempio, Antonio Natali nota l’appassionato persistere dell’interesse di Michelangelo per la scultura ellenistica (ben presente nelle opere giovanili). Michelangelo sembra infatti qui prender spunto da un mutilo busto ellenistico, il Torso Gaddi, molto studiato e copiato dagli artisti fiorentini, già nel Quattrocento e ancor più nel Cinquecento quando, circa trent’anni prima che da Michelangelo, venne preso a modello da Andrea del Sarto per il «Cristo morto fra gli angeli», spedito al re di Francia e oggi noto solo da una stampa di Agostino Veneziano.

La postura della gambe del Gesù morto potrebbero invece condurre alle riflessioni compiute, sempre sullo stesso torso antico, da Rosso Fiorentino sia nel 1521 nella «Deposizione» di Volterra, sia nel successivo «Cristo morto fra quattro angeli » oggi a Boston, ma destinato in origine all’altare della Cappella Cesi in Santa Maria della Pace a Roma; opera che Michelangelo doveva ben conoscere, anche perché gli affreschi che il Rosso aveva dipinto sul fronte di quella stessa cappella erano stati aspramente criticati a Roma e giudicati cattiva emulazione delle figure proprio del Buonarroti della Volta Sistina.

La Pietà Bandini di Michelangelo durante il restauro. Courtesy Opera di Santa Maria del Fiore, foto Alena Fialová

La Pietà Bandini di Michelangelo dopo il restauro. Courtesy Opera di Santa Maria del Fiore, foto Alena Fialová

La Pietà Bandini di Michelangelo dopo il restauro. Courtesy Opera di Santa Maria del Fiore, foto Alena Fialová

La Pietà Bandini di Michelangelo

Laura Lombardi, 24 settembre 2021 | © Riproduzione riservata

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