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A una mostra dedicata ad arazzi e ricami gotici e rinascimentali, Moshe Tabibnia affianca tessili datati fino all’Ottocento
Mentre a Palazzo Reale prosegue fino al 23 agosto la mostra «Il Principe dei sogni. Giuseppe negli arazzi di Pontormo e Bronzino» (e mentre a Cremona tornano alla luce dopo il restauro gli arazzi della Cattedrale), la Galleria Moshe Tabibnia, in via Brera 3, presenta dal 7 maggio all’11 luglio la rassegna «Racconti tessuti. Arazzi e ricami dal Gotico al Rinascimento» che, accompagnata tra maggio e giugno da numerosi incontri e conferenze, accosta una quarantina di opere della collezione Zaleski a pezzi coevi della propria raccolta, in un viaggio attraverso gli arazzi più preziosi (allora veri status symbol) realizzati per i sovrani e i grandi aristocratici tra XV e XVII secolo, ai quali affianca ricami europei sacri e profani eseguiti tra Cinque e Ottocento.
A un tempo cronologico e tematico, il percorso si apre con gli «Arazzi gotici» svizzeri e tedeschi del Quattrocento (in mostra figurano alcuni degli esemplari più antichi e rari giunti sino a noi), con narrazioni bibliche o tratte dalla mitologia nordica o dalla letteratura cortese di area germanica, caratterizzati da un secco primitivismo di grande suggestione. La seconda sezione presenta gli «Arazzi di area franco-fiamminga e fiamminga tra Quattrocento e Seicento», realizzati nelle manifatture di Parigi, Arras (da cui il nome), Lille e delle città oggi belghe di Tournai e Bruxelles, che testimoniano il momento di massima fioritura di questa forma d’arte grazie anche all’arazzo appena riscoperto del «Compianto delle vergini» e a quello dell’«Annunciazione», da Bruxelles, su cartone di un artista fiammingo vicino a Bernard Van Orley. Meravigliosi gli arazzi «Millefleurs», «Verdure» e «Feuille de Choux», che tra il Quattro e il Seicento conobbero una straordinaria fortuna (otto «Millefleurs» figurano nell’«Ultima Cena» di Leonardo), seguiti dagli «Arazzi e cuscini narrativi e allegorici tra Cinque e Seicento» di area tedesca, fiamminga e italiana (alcune corti italiane chiamarono arazzieri dal Nord e fondarono proprie). La quinta sezione, «Ricami sacri e profani dal Cinquecento», illustra la tecnica del ricamo in lana, seta e fili metallici, oggi poco nota ma allora assai pregiata.
Chiude il percorso, in un omaggio a Expo, una «mise en place» di tessili legati al cibo. Le prime cinque sezioni della mostra seguono le partizioni del volume curato da Moshe Tabibnia ed Elisabetta Mero «Capolavori d’arte tessile. Gli arazzi e i ricami della collezione Zaleski», edito da Tabibnia in italiano e inglese, in cui sono studiati e catalogati dai massimi esperti italiani (Nello Forti Grazzini, Chiara Buss, Gian Luca Bovenzi) un’ottantina di tessili della collezione formata negli ultimi 25 anni (grazie anche ai consigli del gallerista) dall’imprenditore e finanziere francese Romain Zaleski. Il volume sarà presentato il 6 maggio, all’inaugurazione della mostra, corredata da un proprio catalogo.
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