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Esterno del Museo della Storia di Bologna

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Esterno del Museo della Storia di Bologna

Bologna smantella il Museo della Storia della Città

Dopo soli 12 anni dalla sua costosa realizzazione finisce in un magazzino per lasciare posto al Museo Morandi. Ma c’è chi si oppone

Valeria Tassinari

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La notizia della decisione, presa in seguito a un accordo tra Fondazione Carisbo e Comune di Bologna per la cessione della gestione degli spazi, è arrivata così repentinamente che ancora c’è chi si dichiara incredulo: il Museo della Storia della Città di Bologna, sunto e cuore di una suggestiva narrazione della millenaria identità cittadina, luogo amato e frequentato dalle scuole e dai turisti internazionali, sarà completamente smantellato. Al suo posto il Comune intende infatti allestire il Museo Internazionale Morandi (ora provvisoriamente allestito presso il MAMbo, ma ancora oggetto di un contenzioso che ne chiede la ricollocazione a Palazzo d’Accursio) e un Museo dell’Illustrazione, la cui nuova istituzione è stata annunciata nei giorni scorsi dal sindaco Matteo Lepore

Finiranno dunque in un deposito le strutture, le tecnologie, le ricostruzioni immersive, le grandi teche, i pannelli e la gran parte del patrimonio di opere, manufatti e documenti originali che riempivano i 3.500 metri quadrati di spazio espositivo. La data di inizio dello smantellamento non è ancora certa, eppure la consegna degli spazi completamente svuotati al Comune di Bologna è stata fissata per il 15 maggio, una scadenza estremamente vicina, che sembra voler segnare inesorabilmente la fine repentina del museo, e scardinare l’identità fin qui assunta da Genus Bononiae, il progetto di gestione di cinque spazi museali nel cuore della città, di cui proprio il Museo della Storia di Bologna in Palazzo Pepoli era il fulcro identitario. 

L’idea di un museo della storia della città, ispirata a quelli di Londra e Parigi, era stata fortemente promossa e sostenuta dal giurista Fabio Roversi Monaco, già rettore dell’Università di Bologna e presidente della Fondazione Carisbo, per la quale nei primi anni Duemila aveva fondato e poi a lungo presieduto il complesso di musei che costituiscono il patrimonio di Genus Bononiae. La lunga fase di progettazione, che aveva visto il coinvolgimento di un nutrito comitato scientifico di alto profilo accademico, si concluse solo nel 2012, con un’apertura che ottenne grande risalto per l’aspetto innovativo delle tecnologie impiegate e per la varietà del patrimonio esposto, articolato in 34 sezioni tematiche di impatto scenografico, concepite per condurre il pubblico a rivivere la storia della città, dalla Felsina etrusca all’età contemporanea.

Cecilia Matteucci

Ancora apprezzato in particolare dalle scuole e dai turisti, che lo frequentano con una media tra 120-200 presenze giornaliere, nonostante negli ultimi anni non abbia beneficiato di una gestione adeguatamente propositiva il museo ha ancora una valenza didattica e divulgativa pienamente riconoscibile, e la prospettiva del suo smantellamento, anche in considerazione degli elevati costi che furono sostenuti per la sua realizzazione, sta destando una sentita e crescente reazione. Ma non solo, perché se in generale dispiace perderlo sul piano culturale e sociale, preoccupano la destinazione dei materiali e il futuro del personale, in vista di un affidamento a un ente terzo gestore che al momento è ancora in fase di definizione. A rendere ancor più controversa la vicenda è l’incertezza sulla risoluzione del contenzioso in merito alla destinazione del Museo Morandi il cui patrimonio, in base al lascito della famiglia, avrebbe dovuto essere mantenuto nell’originaria sede di Palazzo d’Accursio. Una questione che resterà aperta almeno fino all’estate

La reazione non si è fatta attendere e sono già oltre 3mila i firmatari di una petizione lanciata a inizio aprile su Change.org, il cui testo chiede che «Fondazione Carisbo e Comune tornino sui loro passi e trovino altre formule di collaborazione» e che «Genus Bononiae mantenga, rinnovi e rafforzi la propria funzione nella politica culturale della città». La collezionista Cecilia Matteucci, promotrice dell’iniziativa insieme all’avvocata Elisabetta Brunelli, dichiara infatti che «è una vergogna cancellare il Museo della Città, un museo di respiro internazionale che molti ci invidiano», sottolineando come il riscontro immediatamente ottenuto dalla raccolta firme, cui è seguita la costituzione di una battagliera associazione Amici del Museo della Storia di Bologna, dimostri l’attenzione della città e di numerosi esponenti della scena culturale per questa vicenda.

Patrizia Pasini

La presidente della Fondazione Carisbo Patrizia Pasini rimarca la piena convinzione dell’ente nel proseguire sulla strada indicata: «Non siamo sorpresi del movimento di interesse per la salvaguardia del museo, perché siamo consapevoli che ogni cambiamento genera una riflessione, a volte una resistenza e un rifiuto a veder mutare un contesto che identifica il passato. Il concetto di museo però sta vivendo una trasformazione significativa, adattandosi alle esigenze e alle aspettative di una società in continua evoluzione. Questo cambiamento è guidato da diversi fattori, tra cui l’avanzamento della tecnologia, la diversificazione delle forme artistiche e culturali, e una maggiore consapevolezza dell’importanza di una sempre più ampia fruibilità. Per questo motivo i musei stanno abbracciando nuove pratiche e approcci innovativi per coinvolgere il pubblico e rendere le esperienze museali più pertinenti e significative, a partire dagli strumenti dati da digitalizzazione e tecnologia, attività interattive per una maggior interazione con il pubblico, inclusione attraverso nuove forme di espressione, spazio per l’elaborazione di nuovi temi e discipline. 

Un Museo della Città, proprio per questo motivo, dovrebbe essere oggetto di una rilettura che lo rende attuale. Comprendiamo il moto di resistenza che accompagna questa trasformazione che, in positivo, porterà il Museo di Palazzo Pepoli, in sintonia con l’intervento del Comune di Bologna, alla ridefinizione di una identità che verrà valorizzata nel contesto più ampio del Quadrilatero della Cultura. L’immaginazione di un nuovo più ampio e diffuso progetto di valorizzazione dei luoghi della cultura potrà rendere più efficace, coerente, omogeneo, sinergico un percorso che valorizza l’identità storico culturale di Bologna. La continuità di una vocazione culturale e didattica del Museo non necessariamente si identifica in un progetto di riallestimento senza che ciò significhi un disconoscimento o dispersione del patrimonio artistico di opere e documenti che restano di proprietà di Fondazione Carisbo e potranno anzi trovare nuova vitalità in modalità innovative. Lo sviluppo nella direzione delineata costituisce anche una nuova opportunità per la città, oltre che un rilancio del progetto che trova collocazione in un ecosistema culturale vivo e come tale propenso all’evoluzione, mai alla staticità».

Intanto, in attesa di novità sul futuro gestore dei musei (che, chiuso il bando, sarà comunicato a breve), la situazione rimane sospesa, tra casse da imballaggio e un’idea di futuro non del tutto chiara. Lucio Dalla, la cui voce nei panni dell’etrusco Apa è ancora la guida virtuale del Museo della Storia, forse canterebbe «Chissà, chissà, domani, su che cosa metteremo le mani...».

Una veduta dell’interno di Palazzo Pepoli

Valeria Tassinari, 16 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

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