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Carla Accardi, «Integrazione», 1957 (particolare)

Courtesy Galleria dello Scudo

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Carla Accardi, «Integrazione», 1957 (particolare)

Courtesy Galleria dello Scudo

Art Basel 2025 • Italia, destinazione Basilea (seconda parte)

Una ventina di espositori presenti a Basilea «parlano italiano». A «Il Giornale dell’Arte» hanno raccontato le opere che portano in fiera e le loro aspettative

Galleria dello Scudo

Che opere portate ad Art Basel e quali tra queste considerate i vostri «pezzi forti»?
Anche quest’anno la Galleria dello Scudo proporrà una selezione di opere di maestri storici dell’arte italiana, da un nucleo di dipinti degli anni ’20 di de Chirico a opere museali di Emilio Vedova. 

Che cosa vi aspettate dalla fiera?

Negli ultimi anni il pubblico è stato prevalentemente europeo, secondo una tendenza che probabilmente si riconfermerà anche quest’anno. Speriamo che nonostante i recenti eventi internazionali, l’arte possa attrarre i collezionisti anche d’oltreoceano sempre curiosi e attenti alle novità.

Come vedete a livello globale il mercato dell’arte?
Non potrà che riconfermarsi l’interesse per i maestri storici, pur con aperture verso autori moderni e contemporanei, dalle quotazioni più accessibili.

Che progetti state portando avanti oggi e nel prossimo futuro (altre fiere, mostre, collaborazioni, cataloghi…)?
La Galleria dello Scudo prosegue nel suo impegno rivolto alla promozione e all’indagine di aspetti particolari dell’arte italiana del XX secolo, quest’anno con un progetto dedicato a Carla Accardi.

Tracey Emin, «Running Out Of Time», 2022. Courtesy Galleria Lorcan O’Neill

Galleria Lorcan O’Neill

Che opere portate ad Art Basel e quali tra queste considerate i vostri «pezzi forti»?
Dedichiamo una parete a Tracey Emin, con due dipinti e una grande opera su carta, figure distese, nella tradizione più iconica del suo lavoro. Un’altra parete è per Giorgio Griffa, con opere recenti e degli anni Ottanta, in parallelo alla mostra in corso in galleria. Esporremo un text work e un’opera con fango dell’Avon River di Richard Long, in occasione dei suoi 80 anni e delle mostre alla National Gallery e alla Tate. Presentiamo anche tre nuovi dipinti di Matvey Levenstein.

Che cosa vi aspettate dalla fiera?
La priorità è mostrare il lavoro degli artisti, confidando nella sensibilità e nell’ interesse del pubblico di Art Basel. Più che aspettative, c’è l’augurio che la fiera resti uno dei contesti più seri e autorevoli per le gallerie che espongono arte moderna e contemporanea.

Come vedete a livello globale il mercato dell’ arte?
Teniamo presente l’imprevedibilità che caratterizza i tempi recenti, e mettiamo molta energia nel lavoro che facciamo, soprattutto nell’impegno a mantenere la fiducia dei nostri artisti, e i rapporti con i nostri colleghi e i collezionisti, vecchi e nuovi.

Che progetti state portando avanti oggi e nel prossimo futuro?
A Roma presentiamo Giorgio Griffa, a Venezia Kiki Smith. Dopo Art Basel e la pausa estiva riprendiamo con Frieze London e Art Basel Miami. Seguiamo poi nuovi progetti con artisti con cui collaboriamo da tempo e con altri con cui esiste un dialogo e che siamo convinti aggiungeranno profondità alla nostra programmazione. Siamo coinvolti in molte mostre istituzionali per il 2026. Porto avanti in parallelo un lavoro di relazioni in Cina, cui tengo molto per l’entusiasmo, l’energia e anche le difficoltà.

Peter Halley, «Identity», 2025. Courtesy Peter Halley studio and Galleria Massimo Minini

Galleria Massimo Minini

Per la prossima edizione di Art Basel 2025, fiera alla quale la mia galleria partecipa continuativamente dal 1977, ho voluto strafare, ricreando i presupposti per un dialogo tra Alessandro Mendini e Peter Halley. In effetti il fortunato incontro era già avvenuto nella mia galleria molti anni fa, nel 2008, portando poi ad una germogliazione da Mary Boone nel 2013 e alla Fondation Cartier nel 2014.

Un grande wallpaper con le pitture murali di Alessandro Mendini ricoprirà le due pareti principali dello stand, con un motivo progettato da Atelier Mendini per ridefinire lo spazio e dialogare con quattro nuovi dipinti di Peter Halley.

Monica Bonvicini, «Hy$teria», 2019. Courtesy the artist and Galleria Raffaella Cortese, Milan - Albisola. © Monica Bonvicini and VG Bild-Kunst. Photo: Jens Ziehe

Galleria Raffaella Cortese

Che opere portate ad Art Basel e quali tra queste considerate i vostri «pezzi forti»?
Lo stand di quest’anno ruota attorno al tema dell’allontanamento, inteso non solo come separazione fisica o emotiva, ma come distanza critica, sospensione, dislocamento. Un concetto stratificato, che trova espressione attraverso pratiche artistiche eterogenee: il gesto che incide, la parola che sfuma, la materia che si dissolve, il suono che resta eco. Come in ogni fiera, il nostro progetto è curato, composto da opere significative che entrano in conversazione e si incontrano in una tonalità di fondo. «Untitled (Die)», 1992-2002 di Roni Horn è una scultura multiforme e smembrabile in 16 cubi in alluminio e plastica, ognuno inciso con il verbo «is». L’opera offre molteplici possibilità installative nello spazio, evocando la fluidità dell’acqua della celebre serie fotografica «Still Water» e si relaziona alla più recente gouache «Untitled», 2025 di Silvia Bächli che esplora il flusso, il ritmo e l’elemento acquatico, tracciando linee come onde silenziose. «Hy$terya», 2019 di Monica Bonvicini, parola che si legge su una lunga lastra di alluminio di 4 metri, si impone e riflette con forza sul nostro tempo fatto di irritabilità e crisi collettive, instabilità geopolitiche, psicosi finanziarie, espandendo la profonda riflessione dell’artista sulla rabbia declinata al femminile. «Personal Accounts (Deinde Falase)», 2024 di Gabrielle Goliath è un’installazione video-sonora, esposta alla 60ma Biennale di Venezia, che dà voce (tra suoni, sospiri e silenzi) alla resilienza di comunità marginalizzate e discriminate in termini di identità sessuale, affrontata oltre alle concezioni di genere. Anna Maria Maiolino presenta due acrilici su tela, da due serie degli inizi degli anni duemila. È la forza di gravità a guidare la pittura sulla superficie in un processo fisico e organico, rifiutando l’astrazione e abbracciando un glossario visuale personalissimo, come una scrittura sulla tela. Siamo orgogliosi di presentare dei disegni recenti di Joan Jonas, che quest’anno è una dei Medalist Icon Artist degli Art Basel Awards 2025, che celebrano la sua ricerca ecologica e del marino che descrive come «un’entità poetica, totemica e naturale, come una fonte di vita». La presenza italiana, oltre alla Bonvicini, è ben rappresentata anche da Francesco Arena, presente anche nella sezione Parcours, con un’installazione di sculture di altalene in bronzo nella Claraplatz, e da Marcello Maloberti: quest’ultimo, con i suoi ritagli, lavora sulla scomposizione e ricostruzione dell’immagine in chiave simbolica e poetica.

Che cosa vi aspettate dalla fiera?
Siamo consapevoli che il mercato dell’arte sia in affanno e da tempo affaticato da disfunzioni insostenibili su scala internazionale, nei confronti del quale il nostro mercato italiano non può essere competitivo. Tuttavia, da Art Basel ci aspettiamo ciò che abbiamo da sempre trovato, un pubblico colto, curioso, internazionale. È per noi la fiera più importante dell’anno, un appuntamento imprescindibile per avviare nuovi contatti istituzionali e di confronto creativo tra colleghi. Puntiamo molto su uno scambio proficuo commerciale, ma anche capace di favorire una comprensione più profonda dell’emotività e delle dinamiche del mercato. Art Basel, sia a Basilea che a Parigi, rappresenta per noi una piattaforma strategica, da cui far nascere relazioni che auspichiamo di coltivare nel tempo. La partecipazione alla sezione Parcours, con un lavoro aperto, accessibile e giocoso come l’altalena di Francesco Arena, riflette anche il desiderio di un rapporto più diretto con il pubblico e con il contesto urbano, in un tempo più disteso.

Come vedete a livello globale il mercato dell’arte?
Il mercato sta attraversando un momento di grande contrazione determinata da scelte politiche dissennate, che hanno portato a conflitti internazionali che inevitabilmente incidono sulle dinamiche economiche e sulle scelte dei collezionisti. Le istituzioni museali, colpite da tagli ai finanziamenti pubblici, si trovano a cercare nuove forme di collaborazione e sostegno da gallerie e collezionisti privati. Trovo un segnale positivo: una reattività diffusa, che ha portato alla creazione di progetti in spazi inusuali, non adibiti all’arte e al di fuori dai circuiti convenzionali. Mi trovo a desiderare e a realizzare progetti che entrano più direttamente negli spazi della comunità e del sociale. Penso a un’arte che sempre di più arricchisca il tessuto urbano, allontanandosi dal lusso e riavvicinandoci al necessario. In senso ampio, e qui cito Mark Leonard, ci interroghiamo sulle promesse disattese di un mondo sempre più globale e digitalmente connesso, che ancora si fonda su disuguaglianze e difformità fondamentali.

Che progetti state portando avanti oggi e nel prossimo futuro?
Abbiamo appena inaugurato una mostra di Roni Horn, dedicata totalmente al disegno. Tecnica che l’accompagna sin dall’inizio, Horn la definisce un’attività «primaria» ed è una vera e propria modalità di pensiero. La dedizione alle pratiche più di nicchia e meno appariscenti degli artisti del programma è una caratteristica della galleria, soprattutto per le ricerche più stratificate e multiformi. La mostra coincide con il trentesimo anniversario della galleria e segna il ritorno di Roni Horn in Italia, dopo importanti tappe internazionali come quelle al Dia Beacon (New York), al Ludwig Museum (Colonia) e al Louisiana Museum of Modern Art (Humlebæk). Parallelamente, prosegue la nostra programmazione istituzionale con numerosi appuntamenti di rilievo: Anna Maria Maiolino sarà in mostra al Musée Picasso di Parigi a giugno; Edi Hila è attualmente alla Kunsthalle di Amburgo e approderà in autunno al Moderna Museet di Malmö; Jitka Hanzlová inaugurerà in estate una personale all’Albertina Museum di Vienna. In ambito italiano, Marcello Maloberti ha appena realizzato un’opera al neon per il nuovo spazio pubblico Triennale Voce, Milano. Alla fine dell’estate è prevista l’uscita del catalogo della sua personale al Pac di Milano. Possiamo inoltre anticipare che Liliana Moro sarà protagonista del prossimo progetto espositivo nel nostro spazio di Albisola, in Liguria: un luogo che si appresta a diventare sempre più incubatore di sperimentazione e catalizzatore di nuove idee. Liliana presenterà a Settembre 2026 la sua prima personale in galleria.

Kerstin Brätsch, «Untitled», dalla ATEM Series, 2024. Courtesy Giò Marconi. Photo Andrea Rossetti

Gió Marconi

Che opere portate ad Art Basel e quali tra queste considerate i vostri «pezzi forti»?
Quest’anno la galleria parteciperà ad Art Basel con un nuovo stand nella Hall 2.0. Presenteremo una selezione di opere di artisti storici legati allo Studio Marconi, fondato da Giorgio Marconi, tra cui Louise Nevelson, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Lucio Fontana, Lee Ufan e Man Ray. Accanto a questi grandi nomi, proporremo lavori di artisti contemporanei come Kerstin Brätsch, Alex Da Corte, Allison Katz, Patrizio Di Massimo e Tai Shani. Nella sezione Art Unlimited presenteremo «Intolerance» (1974), un trittico di Valerio Adami tra i più rappresentativi della sua produzione.

Che cosa vi aspettate dalla fiera?
La fiera rappresenta per noi un’occasione strategica per sviluppare nuove relazioni professionali. Anche quest’anno puntiamo a entrare in contatto con collezionisti e curatori internazionali, rafforzando così la nostra rete di collaborazioni e lo scambio tra ricerca storica e scena contemporanea.

Come vedete a livello globale il mercato dell’arte?
Il mercato dell’arte ha registrato alcune flessioni, ma continuiamo a riscontrare un interesse solido per le opere di qualità e per gli artisti non coinvolti in logiche speculative.

Che progetti state portando avanti oggi e nel prossimo futuro (altre fiere, mostre, collaborazioni, cataloghi…)?
Nel corso dell’anno presenteremo in galleria una mostra personale di Allison Katz e un’esposizione dedicata a Jonathan Lyndon Chase. Sul piano istituzionale, saremo coinvolti in importanti progetti museali: Louise Nevelson sarà al centro di mostre al Centre Pompidou-Metz in Francia e al Museum Wiesbaden in Germania, mentre una retrospettiva su Mario Schifano sarà ospitata dallo Schauwerk Sindelfingen.

Nicoletta Biglietti e Ludovica Zecchini, 06 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

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