Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Vittorio Bertello
Leggi i suoi articoliVenezia. È stata annunciata oggi la mostra che sarà ospitata da Ca’ Pesaro nel 2019, dall’8 maggio al 22 settembre, contemporaneamente alla 58ma edizione della Biennale Internazionale d’Arte di Venezia: sarà dedicata ad Arshile Gorky. Curata da Gabriella Belli, direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia, e da Edith Devaney, curatrice alla Royal Academy of Arts di Londra (ha organizzato la mostra del 2016 sull’Espressionismo astratto), «Arshile Gorky: 1904-1948» percorre tutta la carriera dell’artista armeno (al secolo Vostanik Manoug Adoian) naturalizzato statunitense, partendo dai suoi primi lavori degli anni Venti, quando si avverte l’influenza esercitata su di lui da Cézanne, per arrivare alla maturità degli ultimi anni, quando la sua opera oscillava tra figurazione, astrazione e surrealismo (nella prefazione al catalogo di una sua mostra del 1945 André Breton descrisse l’arte di Gorky come un «ibrido» originale e complesso). Oltre ai dipinti, la mostra comprenderà anche una scelta di lavori su carta.
Tra le mostre dell’artista americano tenutesi in tempi recenti, ricordiamo quella ospitata nel 2007 dal Centre Pompidou e la retrospettiva partita da Filadelfia alla fine del 2009 e passata nel 2010 a Londra alla Tate Modern e poi al Moca di Los Angeles.
Le opere in mostra (circa 80) arriveranno da musei e istituzioni private internazionali, come la Tate Gallery di Londra, la National Gallery of Art di Washington, il Whitney Museum di New York, il Centre Pompidou di Parigi, il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, l’Israel Museum di Gerusalemme.
L’esposizione sarà corredata da un catalogo illustrato e bilingue (in italiano e in inglese) con saggi delle curatrici.
«One Year the Milkweed» (1944), di Arshile Gorky. © 2018 The Estate of Arshile Gorky / Artists Rights Society (ARS), New York
Gorky, fine anni ’20 (fotografo sconosciuto)
Altri articoli dell'autore
L’oggetto, lungo 13,2 cm, presenta nella parte superiore una testa maschile, verosimilmente un’erma di Dioniso, mentre nella sezione centrale reca la rappresentazione di un fallo eretto. Gli esperti lo datano al V secolo a.C.
Dal Patriarcato si esprime soddisfazione per il buon utilizzo dei fondi, il non aver sforato le cifre e l’aver rispettato le tempistiche di realizzo. Tutto finanziato dai fondi Pnrr. Ma vi sono ancora altre torri campanarie su cui occorre intervenire
Il rinvenimento è stato effettuato in un’area di 5mila metri quadrati. Ora però tutto è ricoperto da teli bianchi, in attesa di decidere che cosa fare
A sottoscrivere il rinnovo sono stati il ministro della Cultura Alessandro Giuli e il sottosegretario per la Diplomazia Pubblica del Dipartimento di Stato Usa, Sarah Rogers, dopo un incontro bilaterale al Collegio Romano



