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«Autoritratto con busto di Minerva» (1780-81 ca), di Angelica Kauffmann (particolare). Coira, Museo d’arte dei Grigioni. Cortesia della Fondazione Gottfried Keller, Ufficio Federale della Cultura

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«Autoritratto con busto di Minerva» (1780-81 ca), di Angelica Kauffmann (particolare). Coira, Museo d’arte dei Grigioni. Cortesia della Fondazione Gottfried Keller, Ufficio Federale della Cultura

Angelica Kauffmann torna alla Royal Academy of Arts

Astuta e talentuosa, la pittrice svizzera si affermò ventenne dipingendo personaggi illustri in modo informale e intimo, differenziandosi dai ritrattisti dell’epoca. Fu tra i fondatori dell’istituzione londinese

Chloë Ashby

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La mostra di Angelica Kauffmann alla Royal Academy of Arts, aperta dal primo marzo al 30 giugno, può essere definita un ritorno a casa. Nata nella città alpina di Coira nel 1741, l’artista svizzera si trasferì a Londra poco più che ventenne e divenne uno dei membri fondatori dell’istituzione nel 1768. «Era una delle poche persone che racchiudeva l’essenza dell’accademia in termini di promozione della pittura di storia e dei grandi ritratti, spiega la curatrice Annette Wickham. Inoltre, è stata una delle due sole donne a far parte del gruppo originario, dopodiché le donne sono state escluse dai membri per il resto del XIX secolo, il che rende questo momento inclusivo nella storia dell’accademia ancora più interessante».

Cocurata con Bettina Baumgärtel, la mostra è stata inaugurata al Kunstpalast di Düsseldorf nel gennaio 2020 e avrebbe dovuto spostarsi a Londra qualche mese dopo, ma è stata rinviata a causa della pandemia di Covid-19. Come la mostra originale, l’edizione londinese è in gran parte cronologica e copre l’intero arco della carriera di Angelica Kauffmann, con circa 30 opere che ripercorrono quattro fasi chiave della sua vita. La differenza principale è che Wickham ha ampliato la sezione sugli anni londinesi e si è concentrata sulla sua fama e sulle sue relazioni all’interno dell’accademia.

Il talento di Angelica fu riconosciuto fin da giovane, non solo nell’arte ma anche nella musica e nella letteratura. La sua famiglia si spostò in Svizzera, Austria e Germania, mettendola a contatto con diverse culture, e all’inizio degli anni ’70 studiò la scultura classica e gli antichi maestri in Italia con il padre, il pittore Johann Joseph Kauffmann. A Roma ricevette commissioni da colleghi artisti e studiosi, tra cui lo storico dell’arte tedesco Johann Joachim Winckelmann, che lei immortala in abiti «casual» alla sua scrivania, in profonda contemplazione. Secondo Wickham, fu la decisione di Kauffmann di ritrarre i personaggi illustri in modo informale e intimo a distinguerla da altri ritrattisti popolari dell’epoca. Tanto astuta quanto talentuosa, Kauffmann aveva la capacità di stringere amicizia con le persone giuste; era consapevole che dipingere personaggi famosi avrebbe contribuito a rendere famosa anche lei. Una volta trasferitasi a Londra nel 1766, uno dei suoi primi ritratti fu quello a Joshua Reynolds, che aveva appena conosciuto, e seguirono quelli dei reali.

La mostra inizia con i suoi autoritratti più celebri, che le permisero di dare forma alla sua identità e alla sua immagine. Pur avendo successo come ritrattista, Kauffmann si considerava soprattutto una pittrice di storia, un genere apprezzato dall’accademia e al quale apportava grande originalità. «Senza volerla dipingere come una convinta femminista ante litteram, aveva certamente interesse a trovare storie interessanti sulle donne e a ritrarle in modi inaspettati», afferma Wickham. «Cleopatra che adorna la tomba di Marco Antonio» (1769 ca), ad esempio, mostra la regina egizia non come seduttrice esotica ma come vedova addolorata, vestita in modo modesto.

La sezione dedicata al rapporto tra la pittrice e la Royal Academy esplora la sua ascesa nel Settecento, un secolo dominato dagli uomini, da relativa outsider, come si vede in «Gli accademici della Royal Academy» (1771-72) di Johan Zoffany, un famoso ritratto di gruppo dei membri fondatori che relega Angelica Kauffmann e la pittrice Mary Moser in ritratti appesi sulla parete, fino all’incarico di dipingere quattro pannelli ovali per il soffitto della sede originale dell’accademia a Somerset House. Due di questi pannelli, esposti di solito nell’atrio della Royal Academy, sono presenti in mostra, mentre gli altri due saranno prestati alla Tate Britain nell’ampia rassegna «Ora ci vedete. Donne artiste in Gran Bretagna 1520-1920» (dal 16 maggio al 13 ottobre).

L’attuale mostra della Royal Academy si concluderà con la tarda carriera di Angelica Kauffmann a Roma, dove tornò nel 1782 dopo 15 anni di permanenza a Londra. Nel decennio successivo ampliò la clientela e la cerchia di amicizie, ebbe un celebre salotto e uno studio e continuò a dipingere per diversi mecenati inglesi. Ma perché, come nel caso di molte artiste, fu in seguito emarginata dalla storia dell’arte? All’inizio dell’Ottocento, quando l’arte neoclassica passò di moda a favore del Romanticismo, la sua fama si affievolì e le riproduzioni delle sue opere su mobili e altri oggetti decorativi fecero sì che non venissero più viste come arte seria, ma come arte pretenziosa e domestica. Sebbene Kauffmann sia rimasta nelle cronache d’arte, gli storici tendono a concentrarsi più sulla sua vita e meno sul suo lavoro. Eppure, come dice Wickham, la sua è «una storia positiva che mostra la sua tenacia e la sua capacità di farsi valere e dimostrare il suo valore. Ha dovuto farlo, ed è un peccato, ma ci è riuscita».
 

«Autoritratto con busto di Minerva» (1780-81 ca), di Angelica Kauffmann (particolare). Coira, Museo d’arte dei Grigioni. Cortesia della Fondazione Gottfried Keller, Ufficio Federale della Cultura

«Ritratto di Johann Joachim Winckelmann» (1764), di Angelica Kauffman. Kunsthaus di Zurigo, dono di Conrad Zeller, 1850. © Kunsthaus Zurich

Chloë Ashby, 28 febbraio 2024 | © Riproduzione riservata

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