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Riccardo Deni
Leggi i suoi articoliLondra perde un altro presidio internazionale dell’arte contemporanea. La galleria Almine Rech ha infatti chiuso la sua sede nel quartiere di Mayfair e avviato la liquidazione volontaria della società registrata nel Regno Unito. La notizia è emersa dalla documentazione presentata alla Companies House, dove si legge che la società - ora ridenominata LG Realizations 2025 - è entrata in liquidazione nel mese di agosto. Fondata a Parigi nel 1989, la galleria vanta sedi anche a New York, Bruxelles, Shanghai, Monaco e Gstaad.
Dietro la decisione, spiegano dalla galleria, ci sarebbe la necessità di rivedere un contratto di locazione non più sostenibile rispetto alla strategia aziendale. Una «misura tecnica», precisano, più che una chiusura traumatica. Eppure i numeri parlano chiaro: la sede londinese risulta in perdita per oltre 6 milioni di sterline, quasi interamente riconducibili a prestiti infragruppo e ai soci. Rimane invece il riserbo sull’identità del proprietario dell’immobile e sull’eventuale esposizione nei suoi confronti. L’aspetto forse più rassicurante della vicenda è che, secondo la nota ufficiale, non risultano crediti pendenti nei confronti di artisti, dipendenti o fornitori.
La sede britannica della galleria era stata inaugurata nel 2014, e due anni dopo si era trasferita in Broadbent House, inaugurata con una grande personale dedicata a Jeff Koons. Da allora, però, lo scenario è cambiato. Tra Brexit, pandemia e una crescente pressione fiscale, Londra ha progressivamente perso centralità nei flussi internazionali del mercato dell’arte e sebbene continui a mantenere un ruolo chiave, il clima generale appare sempre più incerto. Nonostante la chiusura, Almine Rech non però sembra intenzionata a lasciare Londra definitivamente. «Presto torneremo ad avere una presenza fisica in città», hanno dichiarato dalla galleria, senza però sbilanciarsi su tempistiche o formule. E quando sollecitati sui possibili licenziamenti conseguenti la chiusura, la risposta è quasi provocatoria: «In realtà stiamo assumendo, proprio a Londra».
In un contesto globale che Almine Rech stessa definisce «strano», la galleria preferisce sottolineare i segnali positivi, come l’ottimo riscontro ottenuto a Frieze Seoul lo scorso settembre, o il successo commerciale della mostra in corso a New York con l’artista canadese Chloe Wise, andata interamente venduta già nei primi giorni di apertura. Insomma, più che una ritirata, quella della sede londinese sembra una manovra di alleggerimento. Un passo indietro tattico, in vista forse di un ritorno più agile e allineato a un mercato in continua trasformazione.
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