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Binta Diaw, «Chorus of Soil», 2019.

Courtesy l'artista.

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Binta Diaw, «Chorus of Soil», 2019.

Courtesy l'artista.

Al PAV, la saggezza delle liane di Binta Diaw

Al PAV Parco Arte Vivente, la personale di Binta Diaw, «Dove le liane s’intrecciano. Resistenze, alleanze, terre» (1 novembre – 8 marzo), unisce natura, corpo femminile e pensiero decoloniale. Tra trecce, terra e memoria afrodiscendente, l’artista trasforma il paesaggio in un tessuto di cura, alleanza e rinascita

Nicoletta Biglietti

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Resiste. Si arrampica. Stringe. La liana diventa simbolo di resilienza, memoria e legami. È da qui che parte «Dove le liane s’intrecciano. Resistenze, alleanze, terre», la nuova personale di Binta Diaw (Milano, 1995) al PAV Parco Arte Vivente, a cura di Marco Scotini. In mostra dall’1 novembre all’8 marzo, il progetto intreccia natura, corpo femminile e pensiero decoloniale, segnando per il museo un nuovo capitolo nella ricerca su ecologia, memoria afrodiscendente e resistenza femminile. Diaw è cresciuta tra Italia e Senegal, formandosi all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e all’École d’Art et de Design di Grenoble. Da qui parte la sua indagine: corpo, natura, identità. Terra, gesso, capelli sintetici sono i materiali simbolici che diventano strumenti di memoria e di resistenza poetica. «La mostra di Binta Diaw – dichiara Enrico Carlo Bonanate, Direttore del PAV – dialoga fortemente con il pensiero e la pratica di Piero Gilardi, intrecciando memoria, corpo e natura. Le sue opere mettono in discussione le questioni ambientali senza uno sguardo eurocentrico, trasformando la relazione tra uomo, paesaggio e storie diasporiche in un tessuto di alleanze, cura e resistenza». Al centro della mostra due opere emblematiche. «Dïàspora» (2021), presentata alla Biennale di Berlino, è una ragnatela sospesa di trecce; nasconde mappe, semi, memorie di donne schiavizzate. «Chorus of Soil»(2019) riproduce la pianta della nave negriera Brooks: sagome di schiavi che germogliano in vegetazione. Simboleggiare oppressione e rinascita insieme. Tra le opere esposte anche «Paysage Corporel e Ritua»l, dove il corpo diventa paesaggio, e «Juroom ñaar», in cui colonne di carbone e trecce annodate ricordano il suicidio collettivo delle donne di Nder nel 1819. Chiude il percorso l’opera video «Essere corpo», che rende lo spazio espositivo un ecosistema vivo e attraversabile: camminando tra tappeti di terra, installazioni sospese e tessuti intrecciati, il visitatore si integra nel paesaggio.

PAV Parco Arte Vivente, via Giordano Bruno 31, To, tel. 011/3182235, parcoartevivente.it, «Binta Diaw. Dove le liane s’intrecciano. Resistenze, alleanze, terre», dall’1 novembre all’8 marzo

Nicoletta Biglietti, 28 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

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