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Sheila R. Canby

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Sheila R. Canby

Addio a Sheila R. Canby

Stimata studiosa americana di arte islamica, in particolare di pittura safavide, era stata curatrice al British e al Metropolitan. In Italia era nota per la straordinaria mostra «A caccia in Paradiso» tenutasi a Milano nel 2004

Elisabetta Raffo

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Il 17 agosto 2025, a Milford (Delaware), ci ha lasciati Sheila R. Canby, una delle maggiori studiose di arte islamica a livello internazionale, autrice di testi fondamentali. Dopo la laurea al Vassar College (Poughkeepsie, Stato di New York) e il dottorato ad Harvard (Cambridge, nel Massachusetts), dal 1991 al 2009 Canby è stata curatrice del Dipartimento di Arte Islamica e Antichità del British Museum di Londra. Nel 2009 è approdata al Metropolitan Museum di New York come Patti Cadby Birch Curator in Charge, guidando fino al 2019 il Dipartimento di Arte Islamica e ricevendo infine il titolo di Curator Emerita.

Specialista di pittura persiana, in particolare safavide, ha pubblicato testi di riferimento come Persian Painting (1993), The Golden Age of Persian Art 1501-1722 (1999, vincitore del Farabi International Award), Islamic Art in Detail (2005), Shah ’Abbas: The Remaking of Iran (2009) e The Shahnama of Shah Tahmasp (2011-14). La sua eredità resta viva nella capacità di coniugare passione, rigore scientifico, chiarezza espositiva e capacità divulgativa.

La scorsa settimana, quando la collega de «Il Giornale dell’Arte» mi ha comunicato la scomparsa di Sheila Canby, notizia riportata allora soltanto dal «Tehran Times» e dall’«Oxford Shi‘ite Review», ne sono rimasta profondamente colpita. Con Sheila ci eravamo scritte per l’ultima volta in occasione della mostra «I magnifici tappeti Sanguszko. “I tappeti più belli del mondo”», (Genova, Palazzo Rosso, 11 novembre 2022-12 febbraio 2023). Mi aveva manifestato il dispiacere di non poter partecipare all’inaugurazione per problemi di salute, ma naturalmente pensavamo che avremmo avuto modo di ritrovarci in seguito. 

Dopo il pensionamento dal Metropolitan Museum of Art di New York, Sheila viveva a sud di Filadelfia. Mi raccontava: «Da quando ho lasciato il Met nel 2019, vivo in Delaware. A parte i tappeti conservati al Winterthur Museum, vicino a dove vivo, qui non c’è arte islamica. Il Walters Art Museum di Baltimora non è lontano, così come il Philadelphia Museum of Art (Pma) o il Penn Museum (il museo di archeologia e antropologia dell’Università della Pennsylvania alla periferia di Filadelfia, Ndr), ma quelle collezioni contengono pochi degli oggetti che preferisco studiare. Il materiale medievale al Walters è molto valido, così come le collezioni archeologiche iraniane al Penn e al Pma, dove tappeti e tessili sono conservati con cura in una nuova struttura». Contavo di rivederla, e di poter condividere ancora con lei riflessioni sul futuro degli studi di arte islamica e sul loro ruolo in Italia.

Sheila R. Canby è stata una figura fondamentale nel suo ambito disciplinare, nel quale si muoveva con naturalezza alternando visione d’insieme e attenzione al dettaglio.

Il suo nome è legato a progetti, pubblicazioni e mostre che hanno segnato una svolta nello studio e nella divulgazione del patrimonio persiano e islamico. La sua profonda conoscenza della pittura safavide era sempre accompagnata da una capacità narrativa straordinaria.

Nel recensire il suo fondamentale testo The Rebellious Reformer, The Drawings and Paintings of Riza-yi `Abbasi of Isfahan (2000), Abolala Soudavar, altra figura di spicco nel campo degli studi sull’arte persiana, affermò: «Già nel volume Persian Painting (1993), Sheila Canby ha dimostrato come un libro d’arte possa essere conciso, informativo e al tempo stesso piacevole da leggere».

Tra i contributi di Sheila legati all’Italia ricordo in particolare la grande mostra «Hunt for paradise: court arts of Safavid Iran, 1501-1576» che, dopo il debutto all’Asia Society Museum di New York (16 ottobre 2003-18 gennaio 2004) aveva avuto una seconda tappa a Milano, con il titolo «A caccia in Paradiso. Arte di corte nella Persia del Cinquecento», al Museo Poldi Pezzoli e a Palazzo Reale dal 23 febbraio al 28 giugno 2004. La mostra, curata con Jon Thompson, specialista di tappeti islamici che ci ha lasciati troppo presto, esplorava la straordinaria produzione artistica sviluppatasi in Persia nel XVI secolo, durante la dinastia safavide degli Shah Ismai’l e Tamasp. Fra i preziosi oggetti esposti giocava un ruolo da protagonista il Tappeto di caccia del Poldi Pezzoli, esemplare della complessità e della ricchezza della cultura safavide.

Ricordo con piacere anche altri momenti di condivisione, come la conferenza di Sheila in occasione della mostra «Highlights of Islamic Art from the Bruschettini Collection», al Museo Aga Khan di Toronto (2017) e la sua dettagliata recensione della mostra su «Arts of Asia» (marzo-aprile 2018). Naturalmente Sheila aveva conosciuto Alessandro Bruschettini: erano legati da una grande stima e reciproca, tanto che Bruschettini accettò nel 2010 di organizzare per Sheila e i Friends of Islamic Art del Met una visita speciale alla collezione custodita presso i depositi di Open Care a Milano.

Fu sempre Sheila a permettere che la conservatrice della Fondazione Bruschettini fosse accolta nel laboratorio di restauro del Met durante l’intervento sull’Emperor Carpet, uno dei più importanti tappeti persiani al mondo, capolavoro degli atelier safavidi, un tempo appartenuto alla residenza estiva degli Asburgo.

La sua passione per il tappeto, già evidente nella mostra «A caccia in paradiso», era parte integrante di una visione più ampia, che legava tutte le arti islamiche in un racconto coerente e profondo. Proprio questa capacità di visione globale è ciò che di Sheila ci mancherà di più, e che più merita di essere ricordato. Contestualizzare la pittura, collegarla alla cultura materiale, alle narrazioni storiche e religiose, è stato il suo modo di vivere e raccontare l’arte, ed è l’insegnamento più prezioso che ci lascia.

A noi resta il desiderio (affettuoso, non retorico) di immaginarla oggi immersa nel mondo che tanto l’aveva appassionata, magari davvero, come suggerisce il titolo della sua indimenticabile mostra, a caccia in Paradiso, accanto a uomini e donne illustri della corte Safavide.

Elisabetta Raffo, 28 agosto 2025 | © Riproduzione riservata

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