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Elisabetta Raffo
Leggi i suoi articoliLa ricchezza del patrimonio asiatico e islamico conservato in Italia richiede oggi sempre più attenzione, ricerca e reti di collaborazione. Due segnali in tal senso: la nascita, a giugno 2025, di Mipam-Musei Italiani con Patrimonio dal Mondo, che riunisce istituzioni statali, comunali, universitarie, missionarie e private impegnate nella valorizzazione delle collezioni extraeuropee; e la quarta conferenza della European Association for Asian Art and Archaeology (Lisbona, 8-13 settembre 2025), che ha evidenziato valore e criticità delle raccolte asiatiche in Italia. Per il 2026 è previsto un aggiornamento sul progetto «Arte Orientale in Italia» e sulla rete dedicata al patrimonio islamico, in risposta alle esigenze emerse nella tavola rotonda dell’Università di Napoli «L’Orientale» «Il patrimonio artistico islamico in Italia». Emerge l’urgenza di costruire mappe condivise e reti vive di conoscenze. I beni culturali non valgono solo per antichità o materialità, ma per i significati che le comunità attribuiscono loro. Trasformativi per natura, richiedono oggi una vera cittadinanza scientifica: il coinvolgimento dei cittadini nella ricerca e nella gestione del patrimonio.
Di questo si è discusso a Palermo durante le giornate internazionali di studi: «Patrimoni disponibili. Cura, accessibilità, partecipazione» (19-20 settembre 2025), che hanno richiamato la Convenzione di Faro e il suo principio del patrimonio come diritto e responsabilità civica. Con contributi multidisciplinari, il convegno ha delineato nuove strategie di cogestione e cocreazione, in continuità con il progetto Pnrr Changes e i tavoli NextGen Heritage. Obiettivo: un documento condiviso di raccomandazioni e azioni concrete per tradurre in pratica i principi di cura, accessibilità e partecipazione, orientando nuove politiche e investimenti. Il tema della governance del patrimonio si lega oggi alle politiche culturali globali.
Dal 29 settembre al primo ottobre 2025 Barcellona ha ospitato Mondiacult 2025 dell’Unesco, che ha fissato le priorità mondiali per la cultura rilanciandone il riconoscimento come «obiettivo specifico» nell’Agenda post 2030 per lo sviluppo sostenibile. Secondo l’Unesco il settore culturale è tra i principali motori dello sviluppo globale: oltre 48 milioni di posti di lavoro (quasi metà a donne), 6,2% dell’occupazione e 3,1% del Pil, con le maggiori opportunità per gli under 30.
Dal 28 al 30 novembre 2025 Torino ospiterà la conferenza annuale di Cimam (Comitato Internazionale per i Musei e le Collezioni di Arte Moderna). Con il motto «Of Necessity Virtue», l’edizione affronterà il paradosso del nostro tempo: da un lato tagli economici e tensioni politico-sociali, dall’altro l’urgenza di rafforzare la missione sociale ed educativa delle istituzioni culturali. Non più soltanto custodi di opere, i musei si affermano come presìdi civici: luoghi di confronto, di libertà e di speranza per una cittadinanza più consapevole. In questo scenario, la cultura appare sempre più intrecciata alle sfide globali della governance. Come osserva lo storico D. Van Reybrouck in «How to run the world» (in «Aeon» e «Internazionale», settembre 2025), i tempi sono maturi per nuove forme di diplomazia mondiale, capaci di superare la logica dei soli interessi nazionali e commerciali. L’idea di assemblee globali di cittadini, già sperimentata in ambito climatico, apre prospettive concrete.
L’ormai prossima COP30 di Belém (Brasile, 10-21 novembre 2025), citando Laurence Tubiana e Ana Toni in The Case for a Global Climate Assembly, deve «prevedere uno spazio dedicato ad ascoltare ogni voce e a garantire che la transizione non sia solo rapida ma anche equa». La prospettiva di COP30 risuona anche per la cultura: il clima richiede assemblee globali di cittadini, il patrimonio e le arti chiedono partecipazione condivisa. Le arti del mondo si affermano come protagoniste al di là di ogni riferimento geografico e temporale, rivelando il loro potere di oltrepassare i confini e generare nuove forme di connessione.
Siamo a un bivio. Se la diplomazia culturale vuole avere un peso nell’era della planetarietà, il modello deve essere aggiornato. La cultura, con la sua capacità di generare valori e immaginari comuni, può offrire quel quadro etico necessario per guardare al lungo periodo: un laboratorio di futuro capace di costruire un’agenda globale fondata su collaborazione, responsabilità e speranza.
Il Mao a Torino, una delle sedi della conferenza annuale di Cimam-Comitato Internazionale per i Musei e le Collezioni di Arte Moderna
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