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Stefano Causa
Leggi i suoi articoliPer molti cresciuti anche come studiosi negli anni ‘80, Pietro Citati è stato soprattutto uno storico d’arte. Un complemento consigliato a chi ritenga che la storia dell’arte sia un mestiere da giocarsi anche sul piano della scrittura. La Storia dell’Arte come piacere del racconto con tutte le derive narcisistiche oggi universalmente deprecate o guardate con sospetto. Dopodiché gli abitudinari di «Il Giornale dell’Arte» non avranno bisogno di farsi suggerire il poker di nomi da citare tra i primi (Francesco Arcangeli o Alvar González-Palacios per dire). A me, leggendolo, ricordava un viaggiatore disincantato come Briganti, reclutato da Eugenio Scalfari a bordo di «Repubblica».
Gran lettore prima ancora che abile tessitore di testi Pietro Citati si misurò con Tolstoj, con Goethe, con Kafka, con la Mansfield; e ancora sui Fitzgerald, Scott e Zelda, e su tanto altro di quella letteratura cui abbiamo fatto ricorso a mo’ di salvavita e che oggi, nella riduzione aforistica del sapere, sembra allontanarsi come l’isola che non c’è. Ricordiamo i suoi saggi su «Paragone Letteratura», l’amicizia (per lui nutriente) con Gadda e Fellini e, da un dato punto in poi, la collaborazione davvero cruciale con alcuni dei maggiori quotidiani italiani.
Qualcun altro tirerà in ballo la sua difficoltà, mentale oltre che di metodo, verso un libro rompighiaccio come Apocalittici e integrati di Eco che, sessant’anni fa, impose dentro e fuori l’università una prima rottura degli argini. Qualcuno malignò che Citati si limitasse a parafrasare, ricucendo testi non suoi per scongiurare al lettore la fatica della Colonna infame, dei Demoni o della Montagna incantata. Ma è falso oltre che ingeneroso. Se confrontiamo il «Meridiano» Mondadori che gli è stato dedicato una quindicina d’anni fa con l’altro «Meridiano dedicato», nel 1973, a un’antologia di scritti di Longhi, capiremo facilmente cosa fosse cambiato, nella letteratura italiana migliore; quella, cioè, tutta calata nella forma del saggio.
All’opposto di Longhi, Citati è uno dei grandi codificatori di un lessico mainstream, appianante e pacificante, che si nutre dei testi che commenta; ma, in realtà, aderente e vibrante e che, all’opposto, spingeva il lettore a rifare poi, col proprio bagaglio, il cammino da capo. Ti racconto Anna o Emma ma poi sta a te vedertela con i loro fantasmi, i loro treni e i loro veleni. Sarebbe stato il docente ideale, quello che non annoia.
[Stefano Causa]
Piero Citati in realtà era già morto da molto tempo. Anche se ha scritto fino al 2021 era uscito dagli schermi, non faceva più notizia se non per un doveroso annuncio di pubblicazione che non si nega mai, sistemato in una nicchietta ad aspettare la vera morte.
Quanti in realtà oramai lo ricordassero veramente è da sapere. E comunque non è mai una fortuna cessare di vivere in piena estate per uno scrittore molto anziano che banalmente muore di vecchiaia: ti fanno un pezzetto più o meno lungo che serve a riempire gli scarsi argomenti culturali della stagione , due miagolii della stampa e via.
Fine intellettuale e signorile personaggio appartenente a un mondo che non esiste più, nei suoi libri ha delinato e reso più accessibili scrittori come Dostoevskij, Manzoni, Zelda e Scott Fitgerald, Leopardi e molti altri. Libri che furono di successo soprattutto negli anni ’80 e ’90 del Novecento e che poi non sono stati piu letti.
Erano però testi utili perché, in un tempo senza Wikipedia, placavano con garbo le curiosità intellettuali degli italiani che stavano crescendo e che leggevano ancora, magari sulla spiaggia. I suoi libri piacevano alle signore ed erano oggetto di discussione davanti a un tè invernale o durante riunioni sotto il pergolato per merende che sconfinavano con la cena e che facevano sentire molto à la page i partecipanti (a Torino, dove Citati peraltro aveva studiato, si chiamano efficacemente «merende sinoire»).
Che resterà di lui fra 20 o 50 anni? Sarà come i molti libri che nella mia biblioteca stanno ai piani altissimi e che non oso buttare perché furono letture di mia madre da signorina o delle zie? Finirà sulle bancarelle fra le macerie della letteratura del passato in inutile attesa di un passante curioso? È probabile. Per transitare all'eternità letteraria ci va ben altro. Ma un suo libro resterà, del 1973: Immagini di Alessandro Manzoni, un volume pionieristico che analizzava lo scrittore attraverso ritratti e iconografie, un testo importante. Sicuramente lo ebbe fra le mani Natalia Ginzburg per la sua straordinaria Famiglia Manzoni del 1983.
[Arabella Cifani]

Piero Citati
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