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Redazione
Leggi i suoi articoliCon la scomparsa il 7 settembre a Milano di Maria Vittoria Backhaus, il mondo della fotografia italiana perde una delle sue voci più originali e profonde. Artista dallo sguardo inconfondibile, capace di attraversare generi, epoche e linguaggi visivi con rara sensibilità, Backhaus ha lasciato un segno indelebile nel panorama dell'immagine contemporanea. Nata a Milano e laureata in scenografia teatrale presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, Backhaus inizia la sua carriera negli anni Sessanta come fotoreporter. In quel periodo immortala eventi culturali, politici e musicali, testimoniando dall’interno il fermento della scena beat italiana. Ma è nel passaggio successivo, dalla strada allo studio, dal bianco e nero al colore, dal reportage al racconto immaginifico, che prende forma il suo linguaggio maturo e visionario.
Negli anni Settanta e Ottanta, quando la fotografia di moda, design e still life raggiunge l’apice della sua evoluzione artistica, Maria Vittoria Backhaus si impone come una delle interpreti più raffinate. Collabora con riviste come Vogue e Domus, crea immagini per l’industria della bellezza, della moda e del design, e lavora con importanti stilisti, tra cui Walter Albini, con cui condivide un’intensa, seppur breve, avventura creativa. La sua firma visiva si distingue per l’uso di grandi e medi formati, per la cura maniacale della composizione, ma soprattutto per l’approccio narrativo: per lei non conta l’oggetto in sé, ma la storia che quell’oggetto riesce a evocare.
Negli anni Novanta sperimenta la fotografia editoriale per il grande pubblico, collaborando con il settimanale Io Donna, dove reinventa il linguaggio del food photography, donando poesia anche ai soggetti più quotidiani. Utilizza con grande libertà le Polaroid di grande formato (tra cui la celebre Polaroid 809) e sviluppa una tecnica personale di montaggio e rifotografia che le permette di superare i limiti dell'immagine singola, restituendo composizioni dense di stratificazioni emotive e visive. Negli ultimi anni si è dedicata alla riorganizzazione del proprio vasto archivio analogico e digitale, mentre portava avanti progetti personali sempre più intimisti e sperimentali. Le sue opere sono state esposte in numerose mostre e rassegne, tra cui la grande antologica al MONFEST di Casale Monferrato nel 2023, che ha celebrato i suoi 50 anni di carriera, e due prestigiose collettive nel 2024: «Sguardi di Intesa» al Centro Saint-Bénin di Aosta e «Il Vittoriale delle Italiane», curata da Renato Corsini.
Nel 2021 le è stato conferito il Premio alla carriera Arturo Ghergo, un riconoscimento non solo al valore artistico del suo lavoro ma anche alla sua coerenza, alla sua visione e alla sua capacità di reinventarsi. Emblematico, in tal senso, il suo legame con «Arturo», la casa-studio nel Monferrato, che negli ultimi anni è diventata fulcro della sua attività creativa e archivistica. Maria Vittoria Backhaus lascia in eredità un immenso patrimonio visivo e una lezione che va oltre la tecnica: quella di una fotografia che pensa, che racconta, che costruisce mondi.
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